di Stefano Bucci per il “Corriere della Sera.it”
Il fotografo Oliviero Toscani è morto oggi, 13 gennaio: aveva 82 anni e nel 2024 aveva rivelato di essere stato colpito dall’amiloidosi.
Il racconto di quella fotografia di Rachele Mussolini dolente, vestita di nero, scattata il giorno della tumulazione del Duce a Predappio, quando aveva appena 14 anni, l’aveva fatto lo stesso Oliviero Toscani in una delle 25 lettere ai grandi maestri della fotografia che compongono il libro Caro Avedon (Solferino, 2020).
Tra questi grandi maestri c’è anche il padre Fedele, uno dei fotoreporter storici del «Corriere della Sera», che di quella di Rachele Mussolini era stato in qualche responsabile, una lettera che racconta però anche di una fotografia nata da un legame profondo, quello tra padre e figlio: «“Ho pubblicato la mia prima fotografia all’età di 14 anni, nel luglio del 1957 (in realtà era il 31 agosto 1957, ndr). Mio padre mi portò a Rimini per il concorso di Miss Italia. Improvvisamente, fu chiamato dalla redazione del “Corriere della Sera”. Quel giorno, alcuni irriducibili sostenitori del fascismo avevano deciso di trasferire i resti di Mussolini a Predappio, in provincia di Forlì, in Emilia-Romagna, per seppellirli lì. Era un evento sensazionale non lontano da dove ci trovavamo. Nel 1945 i fascisti avevano nascosto il corpo del Duce e, da allora, nessuno sapeva con certezza dove si trovasse. Mio padre aveva fotografato Mussolini morto, appeso alla celebre stazione di servizio, prima che la folla infuriata profanasse il suo corpo. Ci precipitammo a Predappio. Appena arrivati al cimitero, mio padre mi consegnò una Leica e disse: “Se vedi qualcosa di interessante, immortalalo subito”».
«Mi arrampicai tra le croci del cimitero; c’era una folla numerosa, camicie nere, forze dell’ordine, caos e confusione. Fu allora che, un po’ in disparte, notai una Fita 1400 nera parcheggiata lontano dagli sguardi curiosi. Due carabinieri salutarono una donna vestita completamente di nero, con il volto nascosto da un velo. Mi avvicinai strisciando. Provai a fotografarla mentre avanzava. I fascisti mi notarono e mi spinsero via, ma riuscii a scattare prima di cadere. Tornati a Milano, mio padre sviluppò il rullino. Sorprendentemente, mi mostrò l’ultimo negativo e esclamò: “Oliviero! Oggi sei tu l’autore della fotografia del giorno!”. Fu così che la foto di Rachele Mussolini in lutto fece il giro del mondo. E fu così che decisi di diventare fotografo».