Abolizione test di medicina, “Selezione solo posticipata, tra sovraffollamento e carenza di borse di specializzazione”

A parlare è una studentessa di medicina

Riceviamo e Pubblichiamo – La Camera dei Deputati ha da poco approvato una riforma che segna una cambiamento importante nel sistema universitario italiano e nell’accesso alle professioni mediche, sostituendo il decennale test a risposta multipla con una selezione che verrà fatta in corso d’opera, sulla base di esame universitari dopo aver frequentato il primo semestre.

Tutti gli studenti intenzionati a intraprendere questo percorso potranno infatti iscriversi liberamente alle facoltà di Medicina, Odontoiatria e Veterinaria e seguire i primi sei mesi di corsi propedeutici, al termine dei quali, dopo aver sostenuto gli esami nelle materie fondamentali verrà stilata una graduatoria nazionale basata sugli esiti ottenuti: solo coloro che si classificheranno nelle posizioni utili potranno proseguire il percorso di studi.

Gli altri, tramite crediti universitari avranno invece accesso a corsi affini quali Biotecnologie, Chimica e Tecniche Farmaceutiche, Biologia, Farmacia.

L’obiettivo, a detta del governo, mira ad un sistema più equo, non basato su un test standardizzato ma sulle effettive capacità e competenze accademiche degli studenti.

Tuttavia, questo nuovo sistema presenta anche un’altra faccia della medaglia: potrebbe infatti aumentare le disuguaglianze tra atenei, docenti e modalità di valutazione, favorendo chi ha accesso a contesti più vantaggiosi, rendendo così il sistema meno uniforme e più vulnerabile a favoritismi. Se da un lato infatti si supera il test a crocette, che spesso andava a penalizzare studenti meritevoli a causa della sua rigidità, dall’altro si apre la strada a possibili squilibri nel processo di selezione.

Per non parlare dei problemi logistici e delle disparità socio economiche di coloro che dovranno far fronte a rette universitarie, affitti e spese extra, senza avere poi la reale garanzia di accedere ai corsi e sostenendo investimenti incerti. Questo potrebbe creare un divario che non solo andrà a penalizzare le famiglie più svantaggiate, ma potrà anche compromettere le opportunità di accesso all’istruzione per molte persone, limitando il loro sviluppo personale e professionale.

Il governo ha sbandierato l’abolizione del test d’ingresso, facendo leva su quella parte della popolazione che lo considera un ostacolo ingiusto. La realtà, però, è un’altra: il test non sarà abolito, ma solo posticipato, e con esso anche la selezione.

Il risultato? La meritocrazia rischia di essere compromessa e perdere il suo valore reale.

Si tratta di un’operazione di facciata, che lascia aperti i problemi strutturali della formazione medica in Italia e quelli della sanità pubblica, ignorando in maniera sistemica problemi più concreti, come la carenza di borse di specializzazione, la disponibilità di posti nelle aule e il sovraffollamento nei corsi.

Da studentessa di medicina non posso fare a meno di chiedermi quale sia il reale vantaggio di questa riforma per chi, come me, vive quotidianamente le difficoltà di tale percorso, dal momento che la realtà che vediamo nel mondo accademico e nei reparti ospedalieri racconta tutt’altro.

Il vero problema non è l’accesso, ma quello che viene dopo: aule già sovraffollate, reparti con troppi studenti e difficoltà nell’accedere a tirocini realmente formativi.

Posticipare la selezione non significa garantire più medici qualificati, ma rischia solo di aumentare il numero di studenti nei primi mesi di corso, senza che le università abbiano le effettive risorse per gestirli in maniera adeguata. Aule sovraffollate, tirocini insufficienti e carenza di docenti rischiano di compromettere la qualità della formazione. Inoltre, senza un adeguato incremento delle borse di specializzazione, il vero “imbuto formativo” resterà lo stesso: anche se più studenti riusciranno a laurearsi in Medicina, molti di loro resteranno comunque esclusi dalla specializzazione, ritrovandosi senza sbocchi concreti nella professione medica.

Senza affrontare queste problematiche, la riforma rischia di essere solo un’illusione che accontenta l’opinione pubblica, ma non risolve il vero nodo della formazione e della sanità in Italia.

Stella Livia Rotella