La famiglia della ragazza è originaria di Viterbo
ROMA – Nel cortile dell’Istituto Rossellini, a Roma, lunedì mattina non si è udito il solito brusio scolastico. Al suo posto, silenzi carichi di emozione, abbracci trattenuti e sguardi bassi hanno raccontato un dolore collettivo: quello per la scomparsa di Carlotta Celleno, la diciannovenne tragicamente morta sabato precipitando da un edificio abbandonato in via del Pescaccio.
I compagni di classe, i professori e tutta la comunità scolastica si sono ritrovati per un momento di commemorazione spontaneo, sincero, senza cerimonie ufficiali ma pieno di affetto. Uno striscione bianco e viola campeggiava sul muro: “Totta, il tuo Sound non morirà mai”.
Quel nome d’arte, “Sound”, era la firma con cui Carlotta colorava i muri e il mondo: la sua voce silenziosa ma presente, la sua ribellione artistica, la sua voglia di esprimersi oltre le parole.
“Eri silenziosa, sì, ma mai invisibile”, ha raccontato una compagna al microfono, con la voce spezzata dall’emozione. “La tua assenza ora fa rumore. Amavi la musica, la filosofia, l’arte. Amavi la vita. Eri unica”.
Tra i presenti anche la famiglia di Carlotta: mamma, papà, il fratellino Paolo.
Attorno a loro, l’abbraccio stretto e protettivo di decine di ragazzi e docenti. “È un dolore che non si può spiegare”, ha detto la preside Maria Teresa Marano . Ma nel ricordo di Carlotta, ogni gesto ha parlato.
Un compagno ha voluto ricordarla così: “Era una ragazza libera, davvero libera. Si era scrollata di dosso le catene che la società ci impone, e voleva aiutare anche gli altri a farlo. Non la si poteva tenere in gabbia”.
La cerimonia si è chiusa con le parole commosse del padre, Carlo Celleno, volto conosciuto a Viterbo per la sua tabaccheria su Corso Italia: “Trovo la forza guardando voi. Carlotta era uno spirito libero, sapeva ascoltare. Rimarrà per sempre nei nostri cuori. Grazie di cuore a tutti”.
Poi un lungo, silenzioso abbraccio collettivo ha avvolto la famiglia. Un gesto semplice, eppure più potente di qualsiasi parola.