Doveva essere il grande momento di rilancio della portualità italiana, un settore strategico per l’economia nazionale e per la nostra competitività nel Mediterraneo. Invece, la gestione del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e del suo vice Edoardo Rixi si è trasformata in un vero e proprio mercato delle poltrone.
Niente selezioni meritocratiche, niente attenzione all’economia del mare: prevalgono logiche di partito, fedeltà politica e conflitti di interesse. Una fiera delle nomine, spesso imbarazzanti, che certifica l’incapacità politica di chi guida oggi il ministero.
Le pagelle dei nuovi presidenti/commissari delle AdSP
Il condannato di Genova: Matteo Paroli
Dopo essere stato segretario generale ad Ancona e Livorno in piena epoca PD, approda al porto più importante d’Italia, alle prese con tangenti e lavori miliardari da completare. Ma a sole 24 ore dalla conferma – l’unico finora ad aver completato la procedura – viene condannato in via definitiva per falso per fatti relativi alla sua esperienza a Livorno. Con buona pace della “legge Severino”, nessuno fiata.
Il conflitto galleggiante: Bruno Pisano
Imprenditore di lungo corso nello shipping. Le competenze ci sono, ma anche un conflitto di interessi grande come una nave da crociera.
Il trombato di Torino: Davide Gariglio
Piemontese doc, dunque naturalmente esperto di mare (sic). Trombatissimo alle ultime politiche, era capogruppo PD in Commissione Trasporti alla Camera. What else?
L’ingegnere del porto mignon: Raffaele Latrofa
Nel primo porto crocieristico d’Italia approda l’ex vicesindaco di Pisa (nemmeno un sindaco si meritavano i porti di Roma). Ingegnere civile, qualcosa capirà di progetti, ma di porti, navi ed economia del mare nulla. In Parlamento si è vantato di aver collaborato al Piano Regolatore del porto di Viareggio (mini-porto), che per legge nemmeno dovrebbe averlo.
Il re del golfo (con conflitto): Eliseo Cuccaro
Fino a ieri AD di una società che controlla gran parte dei trasporti marittimi nel golfo di Napoli, nonché di numerose concessioni portuali. Le competenze ci sono, ma anche un conflitto di interessi grande come un aliscafo. Vicinissimo all’onorevole leghista Zinzi.
Da Genova a Gioia Tauro con rinvio a giudizio: Paolo Piacenza
Coinvolto nello scandalo tangenti di Genova che ha travolto Signorini e Toti, Piacenza era il segretario generale dell’Autorità, ovvero il numero due. Rinviato a giudizio per quelle vicende, il governo ha pensato bene di spedirlo a Gioia Tauro, porto strategico del Mediterraneo e area delicatissima sul piano della legalità.
La patente nautica di Taranto: Cosimo Gugliotti
L’uomo della patente nautica. Non serve aggiungere altro.
Il nominato senza voti: Mastro a Bari
Cresciuto nel PD (pare persino vicino a un fedelissimo di Emiliano), negli ultimi quattro anni ha fatto parte del comitato di gestione dell’AdSP, costruendosi in laboratorio i requisiti minimi per la nomina. In Aula, su 24 presenti, la maggioranza di centrodestra si è astenuta: è passato con soli 5 voti favorevoli, tutti del PD. Le larghe intese applicate alle piccole miserie.
Il camaleonte rosso-blu-verde: Francesco Benevolo
Oscuro funzionario di RAM per oltre vent’anni, abile sopravvissuto vicino al potente di turno. Forzista ai tempi del Cavaliere, piddino con Delrio e De Micheli, leghista a fianco di Bordoni. Oggi in Emilia Romagna, resta solo da capire quale casacca indosserà domani.
Il fuoriclasse da calciomercato: Matteo Gasparato
Ex vertice dell’Interporto di Verona, era diventato un nome da “calciomercato” della politica: dato a Civitavecchia, poi a Trieste, poi a Gioia Tauro, alla fine finisce a Venezia in quota FdI, nonostante non volesse andarci.
In passato vicino a Forza Italia e all’assessore veneta De Berti, è difficile attribuirgli un colore politico preciso. Camaleontico, è riuscito persino a far infuriare il doroteo Zaia, che non fu nemmeno avvisato della sua nomina.
Il commissario lampo: Antonio Gurrieri
Nominato commissario in attesa dell’iter formale, ha licenziato il segretario generale appena insediato. Due settimane dopo si è dovuto dimettere per un’indagine su fondi occulti, riciclaggio e consulenze con gruppi cinesi, nonostante fosse da oltre trent’anni dirigente della stessa Autorità portuale. Domanda: l’ex presidente D’Agostino, pupillo di Rixi ed ex wonderboy dei porti, non aveva notato nulla?
Il fantasma dei porti sardi: Massimo Bagalà
Manager di terminal portuali, almeno un nome con competenza reale. Peccato non si ricordi una sua presa di posizione pubblica o partecipazione a convegni negli ultimi dieci anni.
Il presidente uscente Deiana ha addirittura rifiutato di liberare ufficio e sede per lasciargli spazio. Atmosfere da golpe sudamericano, ma in salsa barbaricina.
La commissaria che spacca (Sicilia): Annalisa Tardino
Ex eurodeputata leghista catapultata a guidare i porti siciliani senza alcuna esperienza marittima.
La nomina ha fatto esplodere il centrodestra: Schifani furibondo e pronto al Tar.
Più che un commissario, un siluro di Salvini contro la sua stessa coalizione.
Salvini e Rixi hanno ridotto la governance dei porti italiani a un teatrino di spartizioni politiche e conflitti di interesse. Non c’è visione industriale, non c’è conoscenza dell’economia del mare: solo il manuale Cencelli applicato alle banchine. E così, mentre i porti europei corrono, l’Italia affonda nella mediocrità delle sue nomine.