L’esclusione dalla candidatura al Senato non è stata digerita dal pizzettaro del Ghetto che lancia stracci contro tutti, in particolare contro Marta Grande. Ecco in esclusiva la sua lettera sfogo ai militanti del Movimento che, intanto, se la ridono
CIVITAVECCHIA – C’è rimasto male davvero Andrea Palmieri, attivista del Movimento 5 Stelle, dall’ennesima esclusione da questa competizione elettorale alle Politiche. C’è rimasto male perché anche il suo amico Antonio (Cozzolino, ndr) si era speso per farlo candidare, addirittura accettando un seggio sicuro a Cassino. Niente. Non l’hanno proprio voluto quelli del Movimento 5 Stelle nazionale. La sua rabbia è tutta contro Gigetto Di Maio e Davide Casaleggio. Loro gli avevano garantito che nonostante la trombatura iniziale gli avrebbero trovato un posticino al Senato. Niente. La sua lettera, piena di livore, conferma che nel Movimento 5 Stelle è in corso una vera e propria guerra tra bande. La sua evidentemente è quella perdente. Conferma di aver fatto di tutto per mettere in cattiva luce Marta Grande e che lo rifarebbe. Il suo nome, dice, è stato infangato. E’ deluso. Schifato. Arrabbiato. Forse anche perché sentendo odore di candidatura si era pure tagliato lo storico codino No-Coke. Niente da fare. Lui sa che la sua persona, e lo scrive, esce sporcata da questa esperienza. Del resto aveva fatto con successo il delegato di diversi sindaci prima ma mai, come oggi, aveva sfiorato l’impresa di diventare senatore. Si definisce anche un’araba fenice, c’è da credergli. Sarà di certo il delegato del prossimo sindaco eletto, qualsiasi sia il suo colore politico, su questo non ci sono dubbi. Niente. Dovrà continuare a spianare le pizze al Ghetto. Cosa che gli riesce anche piuttosto bene. Ma non aggiungiamo altro. Vi lasciamo al suo sfogo che, come dice un suo compagno del Movimento: “è tutta da ridere”.
Volevo comunicarvi che Di Maio ha deciso di non candidarmi al collegio uninominale di Cassino dopo aver dato la sua parola ad Antonio e a me che avrebbe provveduto a sistemare una situazione al limite dell’incredibile.
Ha provveduto ad integrare fortunatamente Elisa Galeani a dimostrazione che la cordata non c’è stata.
Rimane ignota la motivazione della mia esclusione, almeno ufficialmente, se non la scusa che la maggioranza avrebbe avuto problemi per la mia nomina.
Sono deluso, schifato, arrabbiato. Sono finito in mezzo ad una guerra tra bande in cui nessuno ha pensato e provato ad imporre la riabilitazione del mio nome se non Antonio.
La mia persona ne esce sporca, con l’onta di aver fatto cose per le quali devo rimanere fuori, escluso, con la mancata possibilità di controbattere a chi aveva raccontato una storia totalmente inventata.
Non ho potuto controbattere perché l’ordine era quello di stare zitto perché Davide Casaleggio e Luigi Di Maio avevano dato la loro parola ed io della loro parola purtroppo mi sono fidato.
Mi sono fidato della loro parola e di quello che mi diceva al telefono chi mi rassicurava che una soluzione si sarebbe trovata.
Mi sono fidato di chi il giorno prima mi ha invitato e il giorno dopo mi ha segnalato.
Oggi più che mai mi trovo solo ed escluso da chi non conosce gli ultimi 7 anni della mia vita di attivista, di collaboratore, fedele alla linea, di uomo.
Ho peccato andando in giro a raccontare che Marta era la peggiore scelta mai fatta e Antonio era la mia figura di riferimento.
Ho sbagliato a dire in giro che bisognava andare a chiedere ai consiglieri regionali se avessero ascoltato il famoso audio.
Ho sbagliato a non essere il ruffiano di chi conta ma non mi pento minimamente.
Rifarei tutto e le rifarei con maggiore forza di adesso e con la convinzione che le cose si possono ancora cambiare.
Questi ultimi 11 giorni mi hanno logorato. Come dicevo a Massimo, non sono preoccupato per i congiuntivi sbagliati da Di Maio ma dal fatto che ci siamo dimenticati come si dice vaffanculo e ci si stia imborghesendo per rappresentare una parte politica che è decisamente lontana da noi.
Devo decidere cosa sarà del mio futuro. Continuerò a combattere non Marta ma quello che rappresenta, come ho sempre fatto. Oggi ha vinto questo sistema, ha vinto la battaglia ma non la guerra. Non sono ancora morto. L’araba fenice rinasce dalle proprie ceneri. A presto.