Simona Izzi infermiera nel reparto d’ortopedia al San Paolo mentre Domenico D’Alterio nella A.S.L. RMB di Roma.
CIVITAVECCHIA – Ormai è certo, la truffa sui tamponi falsi è di fatto accertata, gli inquirenti vogliono capire quanti ne sono stati fatti e soprattutto rintracciare tutti gli ignari cittadini che si sono sottoposti al test.
I due diabolici personaggi, entrambi di origine campane: Simona Izzi in servizio all’Ospedale San Paolo di Civitavecchia e Domenico D’alterio in servizio presso la A.S.L. RMB di Roma (dal suo profilo facebook, inoltre, sembrerebbe avere una relazione sentimentale con tutt’altra persona, a meno che ci sia stato un errore sul nome).
L’indagine si è sviluppata tra Civitavecchia e Roma ed è stata condotta dai carabinieri della stazione principale della città portuale guidata dal maggiore Marco Belilli e il maresciallo comandante Mangoni.
Il luogo su cui i militari dell’Arma starebbero concentrando le maggiori attenzioni sarebbe la Rsa dove Domenico D’Alterio lavora come OSS (operatore socio sanitario) quindi neanche infermiere.
La struttura è una una residenza sanitaria assistita che si trova ad Anguillara Sabazia molto nota e, soprattutto, molto grande.
Gli inquirenti hanno rinvenuto gli stick in casa della donna che vive poco distante dall’ospedale San paolo dove presta servizio nel reparto di ortopedia.
Simona Izzi trafugava i tamponi dall’ospedale e li consegnava al D’Alterio che li utilizzava per “arrotondare” lo stipendio.
L’infermiera quando si è vista arrivare i carabinieri ha però negato tutto: «Non ho rubato nessun tampone dall’ospedale – avrebbe detto – io con questa storia non c’entro proprio nulla». Sta di fatto però che quando quel materiale è stato fatto visionare dai carabinieri al personale della Asl, questi avrebbero confermato che invece quei flaconi, ed anche altro materiale farmaceutico trovato nella sua abitazione, era riconducibile a quello in dotazione all’ospedale civitavecchiese.
Ruolo fondamentale per il ritrovamento dei test fasulli lo ha avuto la dottoressa Simona Ursino, direttore dell’unità di malattie infettive della Asl Rm4. È lei infatti che ha ricevuto il primo falso referto che ha dato il via all’intera indagine grazie alla preziosa segnalazione ricevuta da una delle persone sottoposte a tampone insospettita dalle discrepanze presenti sul referto.
Dopo la segnalazione la dottoressa è riuscita a risalire al falso medico. Lo ha contattato per avere chiarimenti, dandogli appuntamento per il giorno successivo.
Tutto concordato con i carabinieri del NAS. Quando il cinquantenne è andato al colloquio con la dottoressa Ursino, era presente anche una finta infermiera, che in realtà era un carabiniere che ha bloccato e denunciato a piede libero D’Alterio.
Quando l’uomo ha raccontato cosa stava facendo, l’infermiera-carabiniere è intervenuta e subito dopo è scattata la perquisizione in casa sua e della “compagna”. Dal sopralluogo sono venuti fuori i tamponi e molto altro e cioè diverso materiale sottratto dall’infermeria in corsia (medicinali, pomate, tamponi, bende ecc.).
La pm Azzurra Migliorini ha disposto lo screening dettagliato dei telefoni cellulari personali sia all’operatore socio sanitario che all’infermiera oltre che, naturalmente, dei loro computer personali.
Il sindaco di Civitavecchia, Ernesto Tedesco, ai microfoni del Tg5 ha già espresso la volontà dell’amministrazione comunale di costituirsi parte civile contro i due personaggi protagonisti di questa incredibile storia.
Infine, pur non essendoci conferme ufficiali, sembrerebbe che, tra le persone sottoposte a tampone risultato poi negativo, in realtà ci sarebbero stati anche persone positive e questo potrebbe aggravare la posizione dei due.