È un «impatto ambientale» lungo 37 metri e largo 8. Si tratta del traghetto Tiber II, spiaggiato nel 2008 su un’area pubblica: come fanno Comune e Regione a non vederlo?
«È il manifesto del degrado di Roma. Un mostro di ferro, ruggine, plastica, incrostazioni, materiali in disfacimento, contenente due grossi motori, serbatoi, batterie e tutto ciò che serviva per navigare, evidentemente deleterio per la salute del territorio e del fiume.
È un impatto ambientale lungo 36 metri e largo 8 che sta lì, nel silenzio delle istituzioni, riverso sulla banchina di lungotevere della Vittoria, in parte celato dalla vegetazione incolta. Sta lì, su un’area pubblica, dal dicembre del 2008, quando ruppe gli ormeggi in occasione della grande piena. Da quasi 13 anni, dunque.
È ben visibile dalla strada, dalla ciclabile, dagli edifici che si affacciano sul fiume, dai circoli sportivi. E pure dal satellite: l’immagine mostrata da Google Earth lascia basiti. Come fanno Regione e Comune a non vederlo?
La motonave è utilizzata da qualcuno come abitazione, e “difesa” da almeno due cani. Ebbene, la domanda che si pone chiunque ami questa città è soprattutto questa: com’è possibile tutto ciò?».
Lo ha dichiarato Sergio Iacomoni, detto Nerone, presidente del Movimento Storico Romano.
«Sentiamo spesso parlare da chi ricopre incarichi istituzionali, a livello regionale e comunale, di green economy, rispetto dell’ambiente, decoro, risanamento del Tevere e delle banchine, sicurezza, e poi, quando vedi questo gigante di ferro in centro città, pensi che il detto romano “le chiacchiere stanno a zero” è quanto mai azzeccato per la situazione.
“The facts are incontrovertibile”, direbbero, guardandoci negli occhi, i turisti anglosassoni», ha aggiunto Sergio Iacomoni.
«La competenza delle aree golenali del Tevere è della Regione Lazio. Il Campidoglio, da parte sua, dovrebbe essere non poco preoccupato per la nave in decomposizione, per le sue immagini che fanno il giro del mondo. Eppure, in 13 anni, nessuno s’è preso la briga di spostare il Tiber II e di sanare il mostruoso impatto ambientale. È chiaro che Roma non può andare avanti così», ha concluso Sergio Iacomoni.