Albano Laziale – Rifiuti, l’interdittiva Antimafia della Prefettura di Roma è stata rinnovata nel 2020 e poi “nascosta”

Dopo la Commissione Trasparenza e all’imbarazzato parere dell’Avvocatura regionale, arriva la pronuncia del Tar del Lazio di qualche giorno fa che conferma il pericolo di infiltrazioni mafiose e l’iscrizione nel Casellario Informatico dell’ANAC della società cedente il ramo d’azienda. Quest’ultima annotazione completamente ignorata dai dirigenti regionali Flaminia Tosini e Vito Consoli. Gli atti da trasmettere senza indugio alla Procura di Velletri e alla DDA di Roma, altro che fideiussione

ROMA – E’ falsa la “favoletta”, che alcuni oscuri personaggi, pur di giustificare l’operato della regione Lazio e dei suoi distratti dirigenti, hanno voluto far credere che l’interdittiva antimafia della società proprietaria della discarica di Albano Laziale, la Pontina Ambiente, fosse datata e sorpassata.

Niente di più falso e l’imbarazzo di Consoli in Commissione oggi ci fa capire perché.

Il provvedimento interdittivo per infiltrazioni mafiose redatto dal Prefetto Pecoraro è tutt’altro che datato ed è ancora attualissimo nonché allarmante.

Lo ha ribadito con forza il Tar del Lazio, Sezione Prima Ter, nella sentenza pubblicata alcuni giorni fa, precisamente il 10 marzo 2022.

Eccola:
pontina ambiente

 

Lo stesso Tribunale amministrativo, poi, ha confermato esistere una nota dell’ANAC del 18 giugno 2020 relativa all’iscrizione nel Casellario informatico degli operatori economici, esecutori dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture della annotazione avente a oggetto l’emissione dell’informativa antimafia nei confronti della Pontina Ambiente.

Casellario che doveva essere consultato (ed essere a conoscenza) dagli Uffici della Giunta regionale ogni volta che la società vicina a Manlio Cerroni ha bussato, per qualsivoglia motivo, nella palazzina di via Cristoforo Colombo.

Uffici regionali che non possono negare che il 10 agosto 2020 (come riportato nella Determinazione G11377 del 5 ottobre 2020) con nota prot. n. 139, acquisita al prot. regionale n. 418368, del 11/08/2017, la Pontina Ambiente S.r.l., tenuto conto delle disposizioni relative all’applicazione dell’istituto del rinnovo periodico dell’AIA, comunicava comunque l’intenzione di voler prorogare l’efficacia della stessa AIA, previa l’estensione della durata delle relative polizze fideiussorie. Il 5 ottobre 2020, poi, la Tosini ha firmato la voltura da Pontina Ambiente a Ecoambiente per la gestione della discarica di Albano Laziale.

Per quale motivo la Tosini non ha consultato il Casellario informatico degli operatori economici, esecutori dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture citato nella nota ANAC?

Stessa inadempienza è stata compiuta, una volta uscita di scena la Tosini, da Vito Consoli. Che, solo dopo l’audizione in Commissione Trasparenza e la denuncia del Presidente della stessa e consigliere di Fratelli d’Italia, Chiara Colosimo, ha chiesto un parere all’Avvocatura regionale.

Il responsabile, Avv. Murra, come già riportato dalla nostra redazione, è stata fermo nel ribadire che le volture da Pontina Ambiente, società raggiunta dall’interdittiva antimafia, non sono altro che un espediente per aggirare il provvedimento prefettizio.

 

Doc 11 Seconda voltura del 5.10.2020

 

Alla luce di quanto emerso nella Commissione Trasparenza, del parere dell’avvocatura e con la sentenza del Tar pubblicata il 10 marzo 2022, ci chiediamo se la regione Lazio ha già trasmesso tutti gli atti alle Procure di Velletri e Roma.

“Il 30 dicembre 2021 l’Avvocatura dello Stato ha deposito una nota della Prefettura con cui si rappresenta che i procedimenti penali a carico dell’Amministratore Unico della Pontina ambiente sono ancora pendenti”

Così è scritto nella sentenza n. 02771/2022 che il Tar del Lazio ha emesso dopo la pubblica udienza del 25 gennaio 2022.

L’oggetto era il ricorso della Pontina Ambiente, società che gravita in orbita Manlio Cerroni, contro il provvedimento del Prefetto della Provincia di Roma del 21.5.2020, n. 182118/AREA I Bis O.S.P., il verbale del Gruppo Ispettivo Antimafia della Prefettura di Roma del 20.5.2020, la nota dell’ANAC del 18.6.2020 relativa all’iscrizione nel Casellario informatico degli operatori economici ed esecutori dei contratti pubblici, la nota della Prefettura di Roma prot. n. 0248291 del 16.07.2020, la circolare del Ministero dell’Interno n. 1001/119/20 del 29.4.2016, la circolare del Ministero dell’Interno n. 1001/119/20 del 27.3.2018, la circolare del Ministero dell’Interno n. 1001/119/20 dell’8.2.2019 e di ogni altro atto e/o provvedimento prodromico, presupposto, connesso e/o conseguente all’informativa prefettizia ivi impugnato, anche allo stato non conosciuto.

Il ricorso della Pontina Ambiente contro i provvedimenti restrittivi Antimafia è stato ritenuto “infondato” dal Tar del Lazio con una sentenza che, nella lettura delle motivazioni, rappresenta una vera e propria “bacchettata” all’operato della regione Lazio.

“Detta informativa – si legge nel dispositivo del Tar – si fonda su di un complesso di elementi raccolti a far data dalla interdittiva emessa nel 2006, consistenti principalmente nei legami e nelle cointeressenze con varie società, molte delle quali raggiunte da interdittiva e, da ultimo, nel rinvio a giudizio dell’amministratore unico per i reati di cui all’art. 260 d.lgs. 152/2006, oggi rubricato nell’art. 452 quaterdecies c.p., in due procedimenti penali (RGNR nn. 42675/2015 e 16006/2014, entrambi pendenti presso il Tribunale di Roma)”.

“Il Tribunale – si legge ancora nella sentenza – non ravvisa ragioni per discostarsi dalla posizione di recente espressa dal giudice di appello (v. CdS sez. III, 31 gennaio 2020, n. 820, ma vedi anche 6 maggio 2020 n. 2854) che ha richiamato la sentenza della Corte di Giustizia UE, 26 settembre 2019, in C-63/18, § 37, la quale ritiene giustificata la restrizione in quanto finalizzata all’efficiente contrasto del fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici, battaglia il cui interesse pubblico appare evidente volendosi sia evitare il dirottamento di fondi pubblici verso organizzazioni criminali che il vulnus alla concorrenza che metodi estranei al corretto e leale svolgimento degli appalti pubblici possono generare”.

Nel ricorso, i rappresentanti della Pontina Ambiente hanno tentato di far valere le ragioni contro l’interdittiva antimafia adducendo “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 84, comma 4, d.lgs. 159/2011, l’eccesso di potere per travisamento dei fatti e il difetto dei presupposti e di istruttoria, affermando il carattere fuorviante che avrebbero i molteplici riferimenti alla precedente interdittiva del 2014 senza tenere in considerazione la sentenza di assoluzione n. 14783/2018 del 5.11.2018, che avrebbe assolto tutti gli imputati per insussistenza dei fatti”.

Anche questo punto, però, è stato letteralmente smontato dai giudici amministrativi con affermazioni clamorose.

Dal dichiarare che alcuni reati sono prescritti e non c’è stata assoluzione, a sottolineare (anche a smentire quanti dicono che la vicenda giudiziaria si sia chiusa con la sentenza del 2018) che il giudizio penale è ancora pendente.

“Il riferimento alla interdittiva del 2014 – si legge ancora nella sentenza – è solo uno degli elementi del più articolato e complesso quadro indiziario su cui si basa il giudizio di rischio di infiltrazione e giustifica il provvedimento di aggiornamento su richiesta della ricorrente. Per quanto concerne la sentenza di primo grado n. 14783/18 del 5.11.2018, depositata il 3.5.2019, non offre una precisa rappresentazione dell’esito del giudizio affermare, come fa la ricorrente, che tutti gli imputati siano stati assolti. L’assoluzione presuppone un accertamento negativo sui fatti o su chi li ha commessi, che nella fattispecie ricorre solo per taluni capi di imputazione (l’associazione per delinquere), mentre per altri capi è intervenuta la prescrizione. La sentenza, peraltro, è stata impugnata in data 24 giugno 2019 dalla Procura presso il Tribunale di Roma D.D.A in Cassazione (v. p. 5 Relazione della Prefettura di Roma del 13 agosto 2020)”.