La sentenza della Corte dei Conti che ha condannato i due a restituire 275mila euro è devastante nei contenuti. Hanno saccheggiato i fondi della Fondazione Italia-Amazzonia per scopi politici ed utilizzato uffici e telefoni della Regione Lazio per fini politici personali
ROMA – L’assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D’Amato, sperava di uscire con la prescrizione dalla vicenda di fondi regionali finiti a un’associazione a lui collegata principalmente a livello mediatico. La Corte dei conti ha scombinato i suoi piani, emettendo una sentenza che condanna il politico «in via solidale» al pagamento di 275.000 euro, percepiti dalla fondazione, ma in realtà, secondo i giudici contabili, utilizzati per promuovere l’attività politica di D’Amato quando era consigliere regionale (tra il 2005 e il 2010) attraverso l’associazione RossoVerde-Sinistra Europea.
I giudici hanno evidenziato che «l’amministrazione danneggiata non ha posto in essere nell’ampio lasso temporale intercorso dall’emersione delle predette criticità iniziative volte a tentare il recupero delle somme illegittimamente corrisposte».
La Regione Lazio, inoltre, viene accusata di non aver agito nei confronti di Alessio D’Amato, del suo attuale capo segreteria Egidio Schiavetti, per aver recuperato i soldi da loro spesi in modo illegittimo.
« A tutt’oggi non risulterebbe alcun addebito nei confronti dell’assessore D’Amato (…) né sotto il profilo penale, né sotto il profilo amministrativo e contabile ». Insieme a D’Amato sono stati condannati anche la fondazione Italia-Amazzonia onlus il presidente della stessa Barbara Concutelli ed Egidio Schiavetti socio fondatore della onlus e attuale capo segreteria di D’Amato.
L’assessore di Nicola Zingaretti nella sanità ha avuto anche la faccia tosta di commentare la sentenza puntando sul tempo trascorso e annunciando azioni legali contro i giudici contabili: «Mi considero totalmente estraneo ai fatti risalenti ad oltre 15 anni fa, senza che peraltro sia stata fornita prova alcuna di un atto o fatto da me compiuto». D’Amato ha anche annunciato che presenterà « una denuncia per falso ideologico alla Procura della Repubblica di Roma» e che intende continuare il suo «lavoro al servizio dei cittadini».
Infatti, per ben quattro volte i suoi avvocati hanno cercato di far mettere la parola fine su questa vicenda invitando i giudici contabili ad imitare quelli della Procura della Repubblica di Roma che avevano lasciato prescrivere il reato addirittura in fase preliminare.
Fosse stato qualsiasi altro politico di centrodestra gli avrebbero già battuto la casa all’asta, pignorato gli stipendi ed esposti al pubblico ludibrio.
Su questa storia si è letto di tutto tra ieri e questa mattina ma vi sottolineiamo il passaggio al punto 6.3 della sentenza scritta dai giudici contabili per comprendere meglio il perché l’assessore D’Amato e il suo capo segreteria non possono rimanere al loro posto:
6.3. In merito alla posizione di Egidio Schiavetti, lo stesso nella qualità di socio fondatore della
associazione “Fondazione Italia – Amazzonia Onlus”, nonché componente del Consiglio direttivo nominato Segretario con poteri di rappresentanza dal 04.07.2005 al 27.02.2006 – ha attestato l’avvenuta realizzazione del progetto finanziato dalla Regione con L.R. 10/2005 e presentando fraudolentemente – ai fini dell’indebita liquidazione – una rendicontazione sostanzialmente fittizia corredata da fatture non veritiere per spese prive di inerenza e in taluni casi materialmente contraffatte.Lo stesso è stato, altresì, socio fondatore e referente dell’Associazione ROSSOVERDE-Sinistra Europea, attraverso la quale si ingeriva nella gestione dei contributi – anche in via di fatto – sia attraverso la volontaria e consapevole commistione gestoria tra le due associazioni (agendo in rappresentanza di entrambi gli enti) sia richiedendo ai fornitori di intestare le fatture secondo le modalità sopra indicate, concorrendo a porre in essere i presupposti per l’illegittima percezione dei contributi regionali e a disporne in modo diverso da quello preventivato così distogliendo le risorse pubbliche dalle finalità cui erano preordinate.
Inoltre, il predetto al contempo funzionario Regionale e capo segreteria del Gruppo Consiliare presieduto da D’Amato, in palese conflitto di interessi e venendo meno all’obbligo di fedeltà – spendendo tali qualità e utilizzando la sede del Gruppo consiliare (articolazione /organo interno dell’assemblea regionale) come punto di riferimento delle attività svolte per le associazioni in discorso, nonché per la consegna dei beni e per i contatti con i fornitori – ha con la propria condotta attiva ed omissiva illecitamente fatto gravare sul bilancio regionale spese e costi privi di alcun interesse pubblico e generale pur sapendo che avrebbero dovuto essere invece sostenuti in definitiva dal Gruppo Consiliare in discorso e dallo stesso D’Amato con fondi propri e non già dell’amministrazione di appartenenza, ponendo in essere una gravissima deviazione modale dai canoni di condotta fissati dall’ordinamento giuridico oltre che in violazione dei principi di trasparenza, buon andamento, imparzialità.