Il Consiglio di Stato ripristina il vincolo paesaggistico sull’Alfina

Pubblichiamo la nota dei comitati e delle associazioni ambientaliste

L’altopiano è definitivamente tutelato per il suo meraviglioso paesaggio agricolo: il Decreto Ministeriale del 12 maggio 2011 (http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2011/05/16/11A06403/sg) è stato pienamente ripristinato dal Consiglio di stato, sezione sesta, con la sentenza N. 00914/2016 recentemente pubblicata.(https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=4TJADAYIXNE6TW6VOMQF5EYUNQ&q=)

La Camera di consiglio presieduta da Giuseppe Severini ha ribaltato la precedente sentenza del TAR Lazio Sede di Roma, Sezione II-Quater, n. 10436/2015 che il 29 luglio scorso aveva sospeso la validità del vincolo richiedendo maggiori approfondimenti in merito al coinvolgimento della regione Lazio (https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=EXQQNIPANEYPENWICF2B6DKXWI&q=alfina)

Questi i fatti, ma andiamo ad analizzare nello specifico la portata di questo provvedimento. Sostanzialmente il Tar il 29 luglio scorso aveva sospeso il vincolo sostenendo che il Ministero non avesse avviato “un procedimento che consenta agli enti coinvolti di partecipare pienamente all’esercizio dell’azione autoritativa” escludendo la regione Lazio dal merito dell’opportunità o meno del vincolo. In particolare: “ che il Ministero avrebbe provocato una riedizione della procedura del vincolo paesaggistico senza esplicitare adeguatamente le ragioni sottese a tale nuova iniziativa, nonostante che la precedente procedura (sfociata in una proposta di vincolo nel mese di maggio 2010) fosse stata lasciata cadere per decorso dei termini, e (ii) il vizio di violazione del principio di leale collaborazione con gli enti locali coinvolti, in quanto il riesercizio del potere amministrativo sarebbe avvenuto in via sostitutiva rispetto alla Regione Lazio senza acquisizione del parere obbligatorio ex art. 138, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004 e gli atti impugnati (proposta e decreto) sarebbero intervenuti nonostante che nel 2007 fosse già stato adottato un Piano territoriale paesaggistico regionale che qualificava espressamente l’area in questione come ‘zona agricola’ esente da vincoli;”

Affermava, di conseguenza, la necessità di rinnovare la procedura svolta, “mantenendo indenne la posizione di tutti i soggetti pubblici coinvolti e/o interessati ed alla quale deve accompagnarsi una adeguata motivazione tecnico-giuridica delle scelte che verranno operate dal Ministero e dagli altri enti (…) coinvolti nella procedura” (v. così, testualmente, l’appellata sentenza);

Il Consiglio di Stato, evidentemente alla luce di una più approfondita disamina degli atti, ha però espresso parere diametralmente opposto, rilevando che:
“in considerazione della titolarità, in capo allo Stato, dei poteri in materia paesaggistica (sulla base in primis dell’art. 9 della Costituzione), la normativa del Codice ha dunque stabilito espressamente l’autonomia del potere ministeriale di disporre il vincolo paesaggistico (rispetto al corrispondente potere attribuito alla regione sulla base della legislazione trasfusa nel d.lgs. n. 42 del 2004), mediante determinazioni che hanno ipso iure l’effetto della conseguente e corrispondente integrazione del Piano regionale, qualora – come nel caso di specie – già emanato;… non è, pertanto, condivisibile la qualificazione del potere ministeriale come meramente sostitutivo (v. punto 6. app. 15 e 16 dell’appellata sentenza), trattandosi per contro di potere autonomo (v. sopra);

Né si ravvisa la violazione del principio di leale collaborazione tra enti, essendo stato acquisito il parere (obbligatorio, ma non vincolante) della Regione Lazio, la quale con atto del 9 novembre 2010, «esaminata la documentazione di supporto allegata alla richiesta di parere», ha espresso «condivisione sull’individuazione dell’ambito da tutelare e dei contenuti della proposta medesima», prendendo «favorevolmente atto che, per quanto attiene alla specifica disciplina dettata ai sensi dell’art. 140, co. 2, del Codice, sono state introdotte norme coerenti con l’articolato del Piano Territoriale Paesaggistico del Lazio», e in particolare concordando, «per l’ambito individuato, sull’applicazione della disciplina di tutela e di uso del Paesaggio Naturale Agrario con le modifiche normative proposte»;

E ancora: “a fronte dell’autonomia del nuovo procedimento, non esisteva un obbligo motivazionale specifico in relazione alla procedura pregressa, non definita per decorso dei termini, mentre la proposta e il decreto di vincolo qui impugnati sono sorretti da puntuale e approfondita istruttoria e motivazione, idonee a sorreggerne la portata dispositiva (v. infra sub 6.);”

Smentendo così palesemente qualsiasi omissione ed anche qualsiasi ombra di contrasto fra Ministero e Regione in merito all’opportunità del Vincolo sull’Alfina.

Inoltre il Consiglio di Stato nelle approfondite motivazioni di sentenza, a differenza di quanto sorprendentemente rilevato dal Tar Lazio, insiste ricordando che:
“per le esposte ragioni e contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale amministrativo regionale, deve concludersi nel senso dell’inconsistenza dei vizi di cui sopra”
Infatti: “quanto ai dedotti vizi procedimentali, dalla documentazione versata in giudizio si evince la conformità dell’azione amministrativa (compresa l’attività consultiva del comitato scientifico.” la cui correttezza dell’operato era stata più volte messa in discussione dall’avvocato dei ricorrenti.

Ma non basta, il Consiglio di Stato vuole evidentemente eclissare ogni dubbio su come l’operato del Ministero e delle associazioni che in questi anni si sono battute per salvaguardare l’altopiano dell’Alfina da speculazioni, sia stato limpido e non viziato da mere questioni di interesse come più volte, e in molte sedi, calunniosamente insinuato dalle imprese, e dai loro disinvolti e loquaci avvocati, le quali proponevano progetti impattanti e non sostenibili (vedi, in ordine cronologico : il mega progetto di cava a cielo aperto dei cugini Gioacchini assistiti (?) dal mordace avv. Di Silvio, il fantasioso progetto di centrale a biogas ( 18.000 mc di cemento armato per strutture alta fino a 12 mt!) dello spericolato Cimarello, e per finire il mastodontico progetto geotermico Torre Alfina – Catelgiorgio, che vorrebbe aprire la strada ad una nuova Amiata viterbese, capitanato dal managerissimo Diego Righini con ITW LKW- GEOTERMIA ITALIA SPA, autoproclamatosi unico conoscitore e depositario di quale sia lo sviluppo e il futuro del nostro meraviglioso e delicato territorio, in barba a qualsiasi voce e parere espresso dai cittadini, dai sindaci e da tutti coloro che qui abitano vivono e lavorano davvero).

Infatti, lapidariamente:
“è sufficiente rilevare, per un verso, che l’adombrato sviamento in funzione del perseguimento di asseriti interessi privati è rimasto privo di riscontri oggettivi precisi, gravi e concordanti, e, per altro verso, che la delimitazione dei confini di una zona da sottoporre a vincolo paesaggistico quale ‘bellezza d’insieme’ ex art. 136, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 42 (che non richiede necessariamente l’omogeneità dei singoli elementi, nel senso che non ogni singolo elemento compreso nell’area assoggettata al vincolo deve presentare i caratteri della bellezza naturale) costituisce tipica espressione di una valutazione di discrezionalità tecnica, non sindacabile se non sotto i profili della manifesta illogicità, incongruità, irragionevolezza o arbitrarietà, nella specie non ravvisabili alla luce del tenore puntuale e circostanziato delle relazioni e della documentazione planimetrica e fotografica richiamate ed allegate quali parti integranti (d)ai provvedimenti qui impugnati (v., in particolare, l’art. 2 del decreto di vincolo del 12 maggio 2011, in G.U. n. 112 del 16 maggio 2011);”

In chiusura di questa sintesi è doveroso segnalare anche quale sia stato l’esito dell’ennesimo ricorso proposto dai soliti noti (Gioacchini e ITW LKW, questa volta ad armate congiunte!) contro la nuova proposta di vincolo che era stata avviata dal Ministero alla fine dell’estate 2015 nelle more della definizione del ricorso pendente al Consiglio di Stato, di cui ampiamente sopra discusso. Recita infatti la sentenza del TAR Lazio del 17 marzo 2016 n. 03357/2016): “Considerato che il Consiglio di Stato con sentenza n.914/2016 del 07.3.2016 ha annullato la decisione sopra indicata di questa Sezione e che, nell’odierna udienza camerale, il procuratore della società ricorrente ha dichiarato la sopravvenuta carenza, in capo alla propria assistita, ad insistere nella coltivazione del gravame azionato; Considerato che, in forza di tale sopravvenuta circostanza, il ricorso in epigrafe si rivela improcedibile”.

La proposta delle associazioni a questo punto può essere una sola : riteniamo conclusa la prima fase di tutela e salvaguardia dal “far west autorizzativo” conosciuto in questa prima quindicina degli anni 2000 , e cominciamo una nuova era in cui cittadini, amministratori locali, regionali e Stato lavorino congiunti a un nuovo modello di sviluppo, incentrato sull’importanza di valorizzare il particolare paesaggio agrario tipico dell’altopiano che con la sua alternanza fra campi e boschi, con i suoi corridoi biologici formati da siepi campestri e dai numerosi fossi ricchi di vegetazione riparariale, costituisce un unicum indissolubile con le Riserve Regionali (Monte Rufeno e Selva di Meana ) che con le loro presenze caratterizzano da decenni i comuni del comprensorio.

Il futuro di questa realtà, a nostro avviso l’unica sostenibile e , quindi , la sola in grado di permettere un futuro sereno, produttivo e felice per le generazioni a venire, passa imprescindibilmente attraverso un’attenta pianificazione del territorio, che insieme alle grandi falde di acqua potabile, sono le principali, se non le uniche risorse disponibili per tutta la popolazione dell’ Alfina.

Coordinamento delle associazioni ambientaliste dell’Orvietano, Tuscia e Lago di Bolsena