Silenzio assoluto di governo e Sogin sulle famose “consultazioni pubbliche” e la pubblicazione della carta nazionale delle aree idonee (CNAPI)
Il 27 novembre 2003 il presidente dell’INGV1 Enzo Boschi dichiarò al “Corriere della Sera” che se non si fosse costruito a Scanzano Jonico, il deposito geologico2 non si sarebbe fatto più da nessun’altra parte. Così è stato. Anzi, anche il deposito superficiale – quello su cui si discute oggi – sembra un progetto rimasto soltanto sulla carta.
Erano i giorni caldi delle proteste e della mobilitazione dei cittadini e delle istituzioni locali contro il decreto del governo Berlusconi che decideva di sistemare le scorie nucleari italiane in Basilicata.
In molti definiscono “disastrosa” la scelta del governo di allora perché – si dice – evitò di coinvolgere le popolazioni interessate. Tuttavia Berlusconi, contrariamente a tutti i governi precedenti e successivi, tentò per la prima (e unica) volta di affrontare il problema dei rifiuti radioattivi italiani e dello smantellamento delle centrali (che stanno tutte ancora lì). I fatti ci dicono che, come recita lo spot Sogin, “sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi non siamo andati avanti!”.
Sarebbe cambiato qualcosa se fossero stati preventivamente informati sindaci, assessori, politici, amministratori, giornalisti, opinionisti, sindacalisti e sensali vari? Probabilmente no. Lo abbiamo visto in questi ultimi mesi. Il tentativo di coinvolgere tutti i soggetti potenzialmente interessati si è subito arenato non appena qualche coraggioso uomo politico, ben informato, ha rivelato l’esistenza di trattative sotterranee per la scelta (e l’esclusione) delle aree e che quindi in realtà i giochi erano sostanzialmente fatti.
Non è bastato l’impulso dato dall’amministratore delegato di Sogin (dimissionario) Riccardo Casale, che ha cercato in ogni modo di scuotere la società e le istituzioni. Con Casale la Sogin ha cercato di puntare su trasparenza e informazione, dopo anni di scandali e sprechi. Sforzo apprezzabile, ma non sono mancati momenti di tensione con il Presidente Giuseppe Zollino.
Non sono bastate nemmeno le provocazioni dell’ex AD volte a sollecitare il governo e la politica a rimettere in moto i processi decisionali. Casale ha centrato il problema quando disse alle Commissioni parlamentari che i ritardi nelle operazioni di smantellamento delle centrali sono dovuti alla “mentalità da esercente di centrali nucleari” del personale di Sogin, che avrebbe interesse ad eseguire con calma le operazioni per non perdere ruolo e lavoro.
Il professor Boschi rimane critico, giustamente, per come è stata impostata la questione del deposito nazionale. “Sono stati buttati – dice – 3,2 milioni di euro per pubblicizzare una cosa che non esiste. Sono soldi che abbiamo pagato con le bollette Enel”.
L’ex presidente dell’INGV sostiene che i sottosegretari allo Sviluppo Economico Vicari e De Vincenti “dovrebbero andare a casa, accompagnati dai vertici Sogin”. Il primo dichiarò che alcuni comuni del nord Italia si stavano già attrezzando per ospitare il deposito, mentre il secondo rassicurò sul fatto che ci sarebbero state autocandidature per l’ “attrattiva del pacchetto”.
Pier Paolo Palozzi
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[1] Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia;
[2] Un deposito in strati geologici profondi è un deposito nel sottosuolo geologico che può essere chiuso se è assicurata la protezione duratura dell’uomo e dell’ambiente per mezzo di barriere passive. In particolare quella di Scanzano Jonico (Matera) è una formazione profonda di salgemma e argilla;
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