La Tuscia e la canapa un connubio che dura da 2600 anni

CAPITOLO II: L’uso della canapa nel Medievale e quello Rinascimentale

La settimana scorsa nel Capitolo I°, ho illustrato l’importanza della canapa nel Mondo Etrusco, il suo utilizzo in campo alimentare,civile, militare e medicale e degli Etruschi ho la stessa visione che aveva Lawrence, questo evoluto viaggiatore Inglese  che  vedeva negli etruschi non il popolo rozzo e arcaico, sconfitto e assimilato dal superiore mondo romano, descritto dalla maggior parte degli storici, al contrario, per lui queste genti, la cui origine resta un mistero, avevano avuto una cultura complessa, ricca di simboli e di riferimenti, i cui valori multiformi non si erano totalmente spenti con l’arrivo della Roma imperiale.

Per questo apprezzava tra i dipinti delle tombe di Tarquinia, piuttosto l’«ingenuità» arcaica e considerava meno importanti quelli che secondo lui erano già toccati dall’influsso romano. Un popolo, quello Etrusco, che semina per primo questo seme di canapa proveniente dal Nord Europa e ne capisce e sfrutta tutte le sue potenzialità a suo vantaggio.

Dopo gli Etruschi arrivano nella Tuscia i Romani, Sorprendentemente,i romani sembrano non conoscere le numerose indicazioni ed usi della canapa  Erano comunque usati esternamente il succo della pianta, la poltiglia di semi e il decotto della radice a fini medicali .Agli inizi del I secolo, la cannabis per uso medico venne introdotta a Roma. Plinio il Vecchio, scriveva che il succo della pianta della canapa aveva l’ effetto di scacciare “i vermi e tutte le altre creature dalle orecchie”, e che “le radici cotte in acqua alleviano i crampi dei legamenti, la gotta e i dolori acuti. Va spalmata grezza sulle ustioni e deve anche essere cambiata prima che si secchi”.

Una indicazione simile si trova negli scritti di un contemporaneo di Plinio, Dioscuride, scienziato e medico greco che visse per di più in Italia. Nel suo De materia medica descrisse seicento piante, tra le quali la cannabis, e le relative indicazioni terapeutiche. In Europa, questo testo è stato fondamentale per millecinquecento anni.

I Romani la usavano per realizzare  vele e cordame delle galee romane che erano interamente fatte di canapa. A tale proposito, e’ qui il caso di ricordare come la cannabis costituisse il 90% della tela delle vele, a partire dal dal quinto secolo a.C. e fino all’invenzione dei battelli a vapore della meta’ del XIX secolo. Anche tutto il cordame necessario alla navigazione e le reti per la pesca erano ottenute dalla medesima fibra. Lo stesso accadeva per le mappe navali fino ai primi del novecento – la carta di canapa durava 50 – 100 volte piu’ a lungo di quella a base di papiro.

E ancora, l’80% dei tessuti usati dall’umanita’ per vestiti, tende, tappeti, tovaglie, bandiere e quant’altro erano costuititi da fibre di canapa – fino ai primi dell’ottocento negli Stati Uniti e fino all’inizio del XX secolo nel resto del mondo.

Le edizioni del 1893 e 1910 dell’Enciclopedia Britannica riportano che almeno meta’ di tutto quel che veniva classificato come lino venisse in realta’ dalla pianta della cannabis. Per centinaia (e forse anche migliaia) di anni e fino al 1830, i migliori ‘lini’ irlandesi ed i fini vestiti italiani venivano in gran parte tessuti con canapa. A questo scopo, la cannabis era ampiamante coltivata in Russia, Italia, Yugoslavia e Inghilterra – dove raggiunse la massima diffusione intorno all’anno mille. E mano a mano si diffuse anche la tecnica di estrazione dell’olio dai semi (ottenuto in percentuali dal 20 al 30%) per illuminazione e per fare sapone, mentre i residui venivano proficuamente impiegati come fertilizzante.

LA CANAPA NELLA TUSCIA NEL MEDIOEVO

Viterbo e le sue acque termali sono  documentate  fin dal primo Medioevo, quale punto di passaggio lungo la Via Francigena. In particolare nell’itinerario di Sigerico, Arcivescovo di Canterbury, essa rappresentava la VI tappa (Mansio) in uscita da Roma e la località era definita Sce Valentine, in ricordo dei Santi Valentino e Ilario, martirizzati nelle vicinanze, secondo la tradizione.

Viterbo  è anche citata da Dante:

« Tacendo divenimmo la ‘ve spiccia fuor della selva un picciol fiumicello,lo cui rossore ancor mi raccapriccia.Quale del Bullicame esce ruscello che parton poi tra lor le peccatrici,
tal per la rena giù sen giva quello.Lo fondo suo ed ambo le pendici fatt’era ‘n pietra, e margini dallato »
(Dante, Inferno – canto XIV, vv.76-84)

Secondo alcuni commentatori della Commedia il termine peccatrici potrebbe essere stato trascritto male da pettatrici. Queste ultime erano braccianti che provvedevano a mettere a bagno nell’acqua del Bullicame i fasci di canapa per la macerazione. Infatti, in quel periodo del Medioevo, Viterbo era famosa per la qualità del lino e della canapa che era bianchissima e molto ambita. Un secolo dopo c’è un editto del Comune che vieta a tutte le meretrici di bagnarsi al Bullicame sotto pena di “un ducato d’oro e de quactro tracte de corda”.

Alla luce di questa conoscenza, possiamo oggi affermare che a Viterbo nasce (in qualche modo legata alla canapa) la parola “peccatrice” che Dante usa forse sbagliandosi con il termine originale di “Pettatrice” che insieme alla parola “Conclave” (chiusi a chiave), costituiscono da allora due termini che troviamo nel vocabolario della lingua Italiana.

 

Nel Medioevo la canapa ha gli stessi utilizzi del Mondo Etrusco ma non è una coltivazione Industriale, produce ottimi guadagni ma in un’ottica locale a chi la coltiva ed a chi la lavora artigianalmente, quindi la canapicoltura nel Medioevo diventa locale senza alcun uso industriale

 

LA CANAPA NELLA TUSCIA NEL RINASCIMENTO

 

Passeggiando per il Centro storico di Viterbo in Via Chigi troviamo l’omonimo Palazzo Chigi, Eretto nella seconda metà del Quattrocento per volere della famiglia Caetani, mercanti pisani trasferitisi nella città, l’edificio fu acquistato dai Chigi nel primo decennio del Cinquecento.I Chigi erano una famiglia di banchieri che fondarono a Viterbo nel  XV secolo, il banco e fondaco dei Chigi (oggi sede del Gran Caffè Schenardi)  che operò fino al 1528 In questo periodo subentrarono nella proprietà del palazzo e nella gestione del banco le famiglie Boninsegna e  Bonelli,

 

Se poi camminiamo fino a Via Cardinal la Fontaine n.30, troviamo l’emblema della famiglia Lomellino di Aragona e se saliamo al piano nobile del Palazzo troviamo degli affreschi dell’epoca in cui vediamo dipinte navi mercantili in ambito lacustre, cosa sta a significare tutto ciò?

 

La domanda sorge spontanea: Perché una potente famiglia di banchieri pisani come i Chigi, fondano qui una Banca e una famiglia di armatori genovesi come i Lomellino arrivano a Viterbo? Cosa c’è qui di tanto importante per dar modo a questi potenti famiglie di costruire qui o acquistare palazzi sontuosi??

 

“La colpa di tutto ciò” è dovuta a tre famiglie della Tuscia di quei tempi: D’Alviano, Orsini e Farnese, un’alleanza sancita da matrimoni di comodo in cui i Farnese da una parte e gli Orsini dall’altra, in particolare grazie a Gian Corrado Orsini signore di Mugnano e Bomarzo che per vincoli parentali diventerà il secondo in comando nell’Esercito della Serenissima Veneziana, secondo del cognato Bartolomeo d’Alviano che viene nominato dalla serenissima Comandante in Capo dell’esercito e della marina della  Repubblica di Venezia .

Insieme con  Giancorrado e Niccolò II Orsini, conte di Pitigliano e suo cugino, al servizio della Rrepubblica di Venezia. Combattendo per la Serenissima nel 1508 sottomise l’armata imperiale di Massimiliano I d’Asburgo, guidata dal duca Enrico di Brunswick presso Valle di Cadore, alla Mauria e a Pontebba, conquistando il Cadore,Gorizia e Trieste. Anche Pordenone fu costretta nel 1508 alla resa incondizionata e Venezia l’assegnò in signoria all’Alviano stesso

 

Si attribuisce all’Alviano il merito della vittoria del re Francesco I di Francia, alleato di Venezia, a Marignano, che comportò la caduta del ducato di Milano, per il veemente assalto dato alle milizie dei mercenari svizzeri il secondo giorno della battaglia con soli 300 cavalieri (14 settembre 1515)

Bartolomeo d’Alviano occupò ancora Bergamo ai danni dell’esercito imperiale, ma morì il 7 ottobre durante l’assedio di Brescia. Fu sepolto con esequie Solenni Venezia nella chiesa di Santo Stefano, gli succedette alla guida dell’esercito Veneziano Gian Corrado Orsini padre di quel Vicino Orsini che realizzò il “Sacro Bosco” che noi chiamiamo “Parco dei Mostri di Bomarzo” 

In quei tempi la Repubblica di Venezia ha in mare oltre 5,000 navi tra quelle militari e commerciali, Al massimo della sua espansione, tra il XIII e il XVI secolo, comprendeva il Peloponneso (Morea), Creta (Candia) e Cipro, gran parte delle isole greche, oltre a diverse città e porti del Mediterraneo orientale.

 

IL CONTRATTO DEI CONTRATTI

 

Nel periodo Rinascimentale, causa le conquiste sopracitate la Serenissima Repubblica di Venezia ha bisogno di manufatti di canapa: dai remi alle carene delle navi, alle vele, al cordame, al vestiario, alla carta di canapa più resistente del papiro, all’olio di canapa per le lampare, Venezia abbisogna di migliaia di tonnellate di questo prodotto e sigla un contratto con le famiglie D’Alviano-Orsini-Farnese per la sua fornitura.

 

Dopo questo contratto, la coltivazione della canapa a fini industriali viene fortemente incrementata, la Tuscia è tutta una pianura verde con canneti alti tre metri, migliaia di contadini e mezzadri lavoravano la canapa negli antichi Borghi o la preparavano per ulteriori lavorazioni, caricandola su navi sul Tevere nell’Alta Tuscia, sul Lago di Bolsena che tramite il Fiume Marta sfocia nel Mar Tirreno e sui Porti sul Litorale, nella Tuscia più di 200,000 ettari sono coltivati a canapa d’estate a cui segue la rotazione con altre coltivazioni d’inverno. Si coltivano 4 milioni di tonnellate di canapa con cui si realizza di tutto, la Tuscia in quel tempo è tra le 10 zone più ricche d’Italia e grazie a questa speciale coltura agricola e grazie ai suoi proventi, vengono realizzati i Palazzi e le dimore ed i Castelli che tutti noi oggi conosciamo: Parco dei Mostri (Bomarzo), Villa Lante (Bagnaia), Palazzo e giardini Farnese (Caprarola), riqualificazione del Castello Orsini (oggi Ruspoli) e giardini all’Italiana (Vignanello), Palazzo Chigi (Viterbo), Palazzo Lomellino Aragona (Viterbo), rifacimento della Via Farnesiana (attuale via Cavour), Porta Farnesiana (attuale Porta Faul), Ristrutturazione del Palazzo Farnese ex Palazzo Tignosi (Colle del Duomo Viterbo), Opere sull’Isola Bisentina sul Lago di Bolsena (di proprietà della famiglia Farnese), Palazzo Farnese di Capodimonte (Capodimonte).

 

Palazzo Brugiotti in Via Farnesiana (0ggi Via Cavour a Viterbo)  Via Roma, che oggi ben si contraddistinguono all’interno del tessuto urbanistico medioevale che caratterizza gran parte della città antica. Sempre al Rinascimento risale la parte più consistente di Palazzo dei Priori, sede del Comune di Viterbo, soprattutto con la Sala del Consiglio affrescata da Teodoro Siciliano e la Sala Regia dipinta da Baldassarre Croce: entrambi i cicli pittorici sono ispirati alle fantasiose teorie sull’origine mitologica della città inventante dal frate Annio da Viterbo. Al 1487 risale la ricostruzione della slanciata Torre dell’Orologio, che domina Piazza del Plebiscito, alta 45 metri. Palazzo del Drago (Viterbo)Altro polo rinascimentale importante è Piazza della Rocca, soprattutto per la presenza della Rocca Albornoz, che nelle forme attuali risale ai secoli XV e XVII, con la loggia fatta aprire da Giulio II e il cortile bramantesco. A pochi metri, sono oggetto di un importante opera di recupero le Scuderie Papali, progettate dal Bramante. Di fronte alla Rocca si staglia l’imponente Fontana del Vignola.

 

Nel Museo Civico di Viterbo, in Piazza Crispi nell’ex convento di Santa Maria della Verità, sono conservati i capolavori di Sebastiano del Piombo, artista veneto del primo ‘500 attivo a Roma e molto vicino a Michelangelo, la Pietà e la Flagellazione. Ma la più importante espressione del Rinascimento propriamente locale è situata lì accanto, nella Cappella Mazzatosta di Santa Maria della Verità: gli affreschi di Lorenzo da Viterbo, artista morto giovane ma in tempo a lasciare dipinti fondamentali per ricostruire la Viterbo dell’epoca. Soprattutto nell’affresco dello Sposalizio della Vergine sono ritratti notabili viterbesi in costume rinascimentale. Dopo i danni subiti dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, gli affreschi della Cappella Mazzatosta sono stati restaurati con tecniche all’avanguardia sotto la guida di Cesare Brandi

 

Alla fine del nostro breve viaggio, abbiamo visto come una semplice coltura agricola importata dagli Etruschi nel IV° sec. AC, abbia permesso il vero sviluppo industriale e commerciale che ebbe il suo momento di massimo fulgore nel Rinascimento.

 

OGGI L’UNIONE EUROPEA SCOMMETTE ANCORA SULLA CANAPICOLTURA

 

Pochi giorni fa l’Unione Europea sceglie come carburante di transizione per l’automotive fino al 2050  i biocarburanti e l’idrogeno green provenienti da filiere agricole e coltivazione come canapa industriale, girasole, colza, etc….questi biocarburanti non emetteranno 5 GIGA Tonnellate di C02/anno, pari al 20% della quantità di anidride carbonica del totale  prodotto di C02 nel Mondo. Solo in Italia ogni anno sono 100,000 i morti per smog causato dai trasporti.

Vedremo se la politica Regionale e Provinciale saprà cogliere questa grande opportunità sostenibile che ci porterebbe qui nella Tuscia, circa 15,000 posti di lavoro ed un PIL pari sei volte più alto di quello prodotto dalle nocciole

 

Pirro Baglioni