“C’era anche l’accesso al mare”. “La società cambiò le carte in tavola? Allora le banche sono vittime”. Il direttore generale spiega tutte operazioni contestate
AREZZO – E’ un mastino, Luca Bronchi, l’ex direttore generale di Banca Etruria, che si difende punto per punto dalle accuse di bancarotta che ne fanno, insieme all’ex presidente Giuseppe Fornasari, il principale imputato del crac Bpel. Non molla di un centimetro, si districa fra l’italiano e l’inglese, si muove perfettamente a suo agio fra i documenti, occupa insomma per intero, ancora una volta (ed è la seconda, ma non l’ultima) l’intera scena del processo. Cinque ore senza mai perdere la concentrazione, cinque ore in cui prova a uscire indenne dalla raffica di capi di imputazione che il pool della procura gli ha fatto piovere addosso.
Credito in sofferenza per credito in sofferenza, a cominciare dal più clamoroso e colorito di tutti, lo Yacht di Civitavecchia ribattezzato anche come Yacht Etruria. Ed è appunto il gigantesco panfilo che è rimasto per anni a prendere la ruggine nel cantiere ospitato dentro l’area portuale della cittadina laziale il tema che occupa la gran parte dell’udienza, in cui l’ex Dg va ancora avanti sul filo delle domande dei suoi avvocati difensori, Antonio Bonacci e Carlo Baccaredda Boy.
Il turno dei Pm verrà alla prossima udienza, martedì 19 giugno. Bene,Bronchi parla di un’operazione di finanziamento perfettamente in regola con i criteri di erogazione del credito, garantito dai pegni che Privilege Yard, la società costruttrice, aveva messo a disposizione. Del resto, ricorda, in questo gigantesco finanziamento (circa 100 milioni, di cui 25 a carico di Bpel, tutti andati in fumo), la banca aretina non era sola ma in compagnia dei maggiori istituti di crediti nazionali, da Intesa a Unicredit e a Mps.
E’ vero che Etruria era la capofila e dunque con il carico principale dell’istruttoria, ma per prestiti di queste dimensioni ogni banca l’istruttoria se la fa da sola. Come a dire che se trappola era, ci sono caduti nomi illustri. Se poi, aggiunge il manager, Privilege ha truccato le carte, come parrebbero dimostrare l’inchiesta (anche quella per bancarotta) della procura di Civitavecchia e l’udienza preliminare in corso, significa solo che le banche, compresa Etruria, sono vittime. Secondo Bronchi insomma non è un caso da bancarotta.
L’ex direttore affronta anche il tema più caldo, quello di un cantiere che non aveva accesso diretto al mare per il varo del megayacht. Ma ci avevano presentato un piano, spiega, per far arrivare lo scafo fino all’acqua, una specie di scivolamento su un sistema meccanizzato che aveva anche il via libera dell’Autorità Portuale. I Pm in aula sorridono: forse pensavano di spostare la ferrovia, faranno poi notare fonti di procura, visto che per raggiungere il mare bisognava scavalcare i binari.
Nel tempo residuo Bronchi si difende dalle altre accuse di bancarotta: la San Carlo Borromeo del guru Armando Verdiglione, la High-Facing di Giorgio Guerrini, già vicepresidente della banca, che aveva in appalto il fotovoltaico dello Yacht, i finanziamenti al finanziere trentino Alberto Rigotti, che l’ex dg dice di avere a malapena conosciuto, anche se espresse il voto decisivo per il cambio della guardia Elio Faralli-Fornasari nel maggio 2009. Alle 14, quando l’udienza finisce, non ha ancora finito. Martedì affronterà il tema della sua liquidazione (700 mila euro netti) che gli è costata un’altra contestazione di bancarotta. Poi tocca ai Pm. I tre in aula, Andrea Claudiani, Julia Maggiore e Angela Masiello, già affilano le armi.