Roma – Camilla, Gaia e Pietro, la tragica storia di questo Natale

ROMA – Camilla, Gaia e Pietro, i nostri figli. Una serata spensierata quella passata tra amici, prima del rientro a casa. Il Natale nel cuore e la voglia di festeggiare le tanto attese vacanze scolastiche. Solo divertimento e risate , oltre l’orario consentito, e correre di corsa a casa, per non arrivare mai.

E’da poco passata la mezzanotte, è tardi, l’orario consentito è stato superato, bisogna rientrare, si prendono per mano Gaia e Camilla, mentre parlano della tavolata di compagni appena lasciata,  al buio e sotto una pioggia intermittente, per tentare quell’attraversamento azzardato e incosciente come la loro età.

Al di là della strada c’è Pietro, con la sua macchina, è appena scattato il verde, è buio e la pioggia è intermittente, sulle strisce pedonali non c’è nessuno che vuole attraversare, ci sono però Gaia e Camilla che devono tornare a casa, non importa come, ma devono farlo velocemente, le mamme stanno “scocciando” con impazienti sms. Anche Pietro ha festeggiato con gli amici, forse ha bevuto oltre il dovuto, anche lui corre verso il Natale e la voglia di festeggiare. Non lo farà, non lo faranno.

Sarà un incontro mortale quello tra i tre giovani,  per le sedicenni Gaia e Camilla la vita è finita sull’asfalto di Corso Francia, mentre per Pietro è finita quella sociale, il mostro che ha stroncato i sogni di due meravigliose ragazze. Anche lui è un ragazzo, scende di corsa dalla macchina va verso di loro, si dispera, ma non c’è più niente da fare. Inizia l’agonia di chi è rimasto e di chi è colpevole, inizia l’agonia di chi sarà sempre additato come assassino, lui, il coetaneo che avrebbe dovuto schivarle e schiantarsi addosso al guardrail.

Ognuno con le sue colpe, ( chissà se non avesse bevuto forse…)  come quelle di Gaia e Camilla che una notte, al buio e sotto una pioggia intermittente corrono per mordere tutto ciò che le circonda,  tra le nuvole e i sogni della serata appena trascorsa, una corsa insensata come la loro età, finita nella condanna al dolore perpetuo e all’impietoso giudizio sociale per chi è rimasto.

Benedetta Ferrari