I due lavoratori controllavano se il container frigo fosse in funzione quando è scattato il blitz. I retroscena che hanno portato al maxi sequestro di 54 kg di cocaina
CIVITAVECCHIA – Anche la Procura di Civitavecchia comincia a nutrire dubbi sul ruolo dei due civitavecchiesi, Simone D’Angelo e Manuele Scognamiglio, arrestati due notti fa dalla Guardia di Finanza nel centro di stoccaggio container frigo in arrivo da Gioia Tauro.
Questa mattina si è svolto l’interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari, dottoressa Paola Petti.
Simone D’Angelo, assistito dall’avvocato Matteo Mormino e Manuele Scognamiglio, difeso dall’avvocato Francesca Maruccio, hanno risposto alle domande del sostituto procuratore Allegra Migliori delegata alle indagini e, visto la forte carenza di materiale probatorio attualmente in mano agli inquirenti civitavecchiesi, è stato stabilita la detenzione domiciliare per entrambi.
Come mai due presunti narco trafficanti di cocaina avrebbero ottenuto una restrizione così leggera?
I motivi sono legati soprattutto al modo con cui sono state svolte le ultime indagini. Il carico era già seguito al momento della sua partenza dal porto colombiano di Cartagena. Prima tappa Siviglia e, successivamente, Gioia Tauro.
Nel porto calabrese la prima operazione delle Fiamme Gialle e dell’Agenzia delle Dogane che hanno scoperto il reale contenuto della merce: cocaina purissima, 54 chilogrammi.
Aspettano, inutilmente, che qualcuno passi a ritirare parte di questo carico. Tutto lascia pensare che la destinazione finale, Civitavecchia, sia il punto di attesa dei narcotrafficanti.
Sequestrano parte del contenuto mettendolo al sicuro nel loro deposito e lasciano una piccola quantità occultata nella speranza che qualcuno ci metta le mani.
Siamo a cavallo della notte tra giovedì e venerdì quando, il container scaricato nel piazzale del porto merci di Civitavecchia è oggetto di controllo da parte di D’Angelo e Scognamiglio.
Lavorano per una società che opera all’interno del porto che deve verificare i container frigo che trasportano materiali deperibili.
Entrano dentro il container colombiano e verificano la funzionalità dei frigoriferi, e scatta il blitz e gli arresti.
Davanti al giudice hanno ribadito la loro totale estraneità ai fatti e respinto ogni accusa mossa dagli inquirenti nei loro confronti.
Il lavoro più grande è stato svolto dall’autorità giudiziaria calabrese quindi, i legali di D’Angelo e Scognamiglio dovranno necessariamente entrare in possesso di eventuali documenti al momento sconosciuti.
“Gli indizi raccolti dagli uomini delle Fiamme Gialle di Civitavecchia sono pochi. Non ci sono intercettazioni telefoniche o ambientali che incastrino il mio assistito”. Così Matteo Mormino difensore di Simone D’Angelo. “Credo si tratti di un disastroso equivoco e scambio di persona. Loro fanno quel lavoro. Erano di turno. Ci fossero stati altri loro colleghi in servizio avrebbero fatto sicuramente la stessa fine. Prima però dobbiamo leggere bene le carte e capire cosa sia successo – conclude Mormino – solo dopo potremo capire cosa sia realmente accaduto. Non è credibile che due ragazzi del genere potessero far parte di un cartello che movimenta chili di droga con questa facilità. Sono convinto che, insieme alla collega Maruccio, riusciremo a dimostrare la loro totale estraneità ai fatti”.