Si prospetta un nuovo imminente stop del servizio: il 28 luglio sono state raggiunte già 1857 cremazioni. La società contesta le prescrizioni
CIVITAVECCHIA – Potrebbe “chiudere” a breve, per il secondo anno consecutivo, il Tempio Crematorio di Civitavecchia. L’impianto, infatti, è arrivato quasi al limite del numero di cremazioni imposto.
La conferma è messa nero su bianco nel ricorso in appello presentato dalla società che gestisce l’impianto al Consiglio di Stato per l’annullamento e/o la riforma, previa tutela cautelare e previa adozione di decreto presidenziale della sentenza del Tar del Lazio giudicata «palesemente ingiusta e meritevole di riforma».
Nel ricorso la società Tempio Crematorio indica come imminente il possibile fermo dell’attività «essendo stato raggiunto – si legge – anche per quest’anno, alla data del 28 luglio 2020, il numero di 1851 cremazioni: il che comporterebbe oggi l’immediata interruzione del servizio pubblico in concessione». E ribadisce che «la prescrizione sindacale che limita l’attività crematoria al numero indicato nel Piano economico finanziario – spiegano – sia totalmente sganciata da una effettiva e concreta valutazione di pericolo ambientale».
Tanto che il ricorso si fonda in modo particolare proprio su un “eccesso di potere” da parte del Sindaco nel momento in cui vennero imposte le prescrizioni, la non assimilabilità dell’impianto con un inceneritore.
Considerata la domanda crescente – anche con l’invio di salme dal nord Italia per il Covid – la prescrizione sul numero di cremazioni risulta «iniqua ed inutilmente irragionevole, determinando l’inaccettabile conseguenza dell’interruzione di pubblico servizio». Conseguenza negativa non solo per la società, concludono, «ma anche per i cittadini che di quel servizio intendono usufruire».