Confagricoltura: “I nostri agricoltori hanno bisogno di dignità sociale, culturale ed economica”

 A parlare è Remo Parenti, presidente di Confagricoltura Viterbo e Rieti

Viterbo – “L’ agricoltura non va mai in ferie –  è il presidente di Confagricoltura Viterbo-Rieti ha fare la seguente dichiarazione  –  e di conseguenza anche chi la fa. Ciononostante I giorni a cavallo di ferragosto possono rappresentare una pausa utile anche per una valutazione di quanto successo nei primi sette mesi del 2020.
La pandemia ci è venuta addosso in una stagione già difficile di per sé, con siccità e gelate tardive che hanno inevitabilmente danneggiato le colture in atto.
Agriturismi, florovivaismo e aziende vitivinicole sono state invece le prime ad avere pesanti ripercussioni per il lockdown, con crollo o addirittura azzeramento dei fatturati.
I nostri uffici, anche attraverso lo smart-working, hanno dovuto fare fronte quindi agli adempimenti ordinari, sia a tutto quello che di straordinario, purtroppo in senso negativo, si portava la pandemia.
La presunzione di essere riusciti ad adempiere alle nostre funzioni, anche attraverso l’elaborazione di proposte innovative, come il rilascio telematico del libretto UMA, mi porta a ringraziare e dare una nota di merito a tutti quelli che hanno lavorato, con abnegazione, in questi mesi in Confagricoltura.
Tuttavia a fronte degli obiettivi raggiunti, altre situazioni, ormai cronicizzate, ci preoccupano e non ci portano ad essere soddisfatti.
Non si può essere soddisfatti di quanto accade nelle catene, nei mercati, nelle filiere alimentari, dove chi è in posizione dominante (GDO, trasformatori agroindustriali) sottrae valore aggiunto al più debole settore primario.
Né potremo esserlo finché gli agricoltori continueranno a lavorare sottocosto nei fondamentali settori zootecnici, dell’ortofrutta e dei cereali.
E ancora non lo saremo fino a quando le pubbliche amministrazioni ci richiederanno mille adempimenti senza essere in grado di rispondere alle nostre richieste di chiarimento.
Non possiamo esserlo se persino a livello istituzionale si fa di ogni erba un fascio e ci si definisce “sfruttatori della manodopera clandestina”.
Non lo saremo soddisfatti fino a che una proliferante ed incontrollata fauna selvatica potrà distruggere le nostre coltivazioni senza che da parte nostra si possa avere diritto ad un risarcimento proporzionato al danno.
Non potremo essere soddisfatti fino a quando chi non conosce nulla di agricoltura ci potrà attaccare accusandoci, indistintamente tutti, di essere responsabili di ogni male subito dall’ambiente.
In sostanza, non potremo dirci o sentirci soddisfatti, finché gli agricoltori e l’agricoltura non avranno riacquisto dignità sociale, culturale ed economica, in un contesto più giusto ed equo.
Fino a quel momento potremo solo continuare ed anzi accentuare il nostro impegno, consapevoli di lavorare non solo per gli agricoltori, ma per il Paese stesso, bisognoso quanto mai, – la corsa all’accaparramento del cibo ad inizio pandemia lo testimonia-, di avere un settore primario efficiente, innovativo, attrattivo per i giovani e naturalmente rispettoso dell’ambiente” conclude Parenti.