«Schifosi, ve la siete presa con un ragazzino indifeso»…
COLLEFERRO – I carabinieri ci hanno messo un attimo a rintracciarli perché i quattro che nella notte tra sabato e domenica hanno pestato a morte il ventunenne Willy Monteiro Duarte, tra Artena, Colleferro e Valmontone, erano ben conosciuti nella zona.
Hanno tutti precedenti di polizia chi per lesioni, due per stupefacenti e non erano nuovi a risse, botte e minacce.
Li avevano soprannominati la banda di Artena, paese nel passato era stato terra di briganti. Picchiavano, facevano paura, spavaldi e forti dei loro muscoli e tatuaggi.
Specialmente i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, 24 e 26 anni, patiti di arti marziali, campioni di Mma (mixed martial arts), una delle discipline più dure e violente del combattimento in cui si usano calci e pugni.
Come quelli che hanno rifilato uno dopo l’altro, in una sequenza mortale, a giovane cuoco di Paliano.
Incuranti che fosse caduto a terra, hanno continuato a infierire. Poi se ne sono tornati come se nulla fosse a bordo della Audi Q7 nera con cui erano andati a Colleferro, al Nai Bistrot di Artena, un locale di famiglia, a bere birra come al solito. Ed è lì che il comandante della stazione dei carabinieri di Colleferro è andato subito a cercarli sicuro di trovarli. Erano stravolti, come si dice nei verbali, apparivano in evidente stato di alterazione psicofisica.
I moderni briganti tempo fa erano stati protagonisti di una rissa con i vigilantes dell’outlet di Valmontone. Avevano avuto una discussione in un negozio, le guardie giurate erano intervenute per allontanarli, ma loro avevano reagito come sanno fare: menando le mani.
Ad Artena tutti sanno, nessuno però vuole parlare con nome e cognome: «Quei ragazzi, la banda di Artena, fanno paura a tutti. Si sentono gradassi, onnipotenti, hanno soldi e attività, hanno picchiato altre persone ma pochi o nessuno denunciano perché questo è un piccolo paese e sono tutti terrorizzati», rivela un imprenditore cinquantenne.
Con i fratelli Bianchi per l’omicidio di Willy Monteiro sono finiti in carcere anche i loro amici Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, anche loro poco più che ventenni.
In paese tutti puntano il dito contro i modelli di vita «sballati» che inebriano la testa ed esaltano il culto della violenza: «Soldi, moto, macchine, non esistono altri valori», raccontano i più grandi seduti in piazza.
«La vita in ginocchio fatela fa a l’altri», scrive Gabriele sul suo profilo Facebook, un book fotografico di muscoli e bolidi. Petti nudi, orologi e anelli d’oro.
Qualche immagine anche di lui in passerella, come modello prima di diventare papà poco tempo fa di una bambina.
«Non cambio per nessuno, ma sarò migliore per chi lo merita!», scrive postando una sua foto accovacciato accanto alla statua di un enorme leone.
Segno di forza e potere. Un mese fa diceva rispondendo a un amico: «Essere maledetto mi benedice».
Subito dopo il lockdown Gabriele si era guadagnato anche una piccola intervista su un tg regionale e un trafiletto di giornale (che mostra orgoglioso sui social) per avere avuto la costanza di tenere aperta, nonostante le difficoltà per il Covid, la sua frutteria nel centro storico di Cori.
Il fratello più piccolo Marco, invece, ha fatto strada nei campionati Mma, categoria 70 kg, come professionista. E insegna in una palestra di Lariano. Francesco Belleggia, 23 anni, si era diplomato geometra. Nessun lavoro stabile nel frattempo solo qualche lavoretto saltuario, in attesa di una chiamata.
«Da quel che mi risulta non ha pendenze o segnalazioni di tipo giudiziario – dice il suo legale, l’avvocato Vito Perugini lasciando la caserma dei carabinieri di Colleferro – il ragazzo fa parte di una famiglia tranquillissima. Con lui ho potuto parlare brevemente, domani (oggi, ndr) avrò modo di interloquire con lui con più calma. Era confuso, spaventato, sicuramente ha compreso la gravità del fatto. Sono disperato mi ha detto guardandomi negli occhi».
I quattro ora sono tutti accusati di omicidio preterintenzionale in concorso. Ieri sera sui profili Fb dei fratelli Bianchi sono apparsi messaggi di rabbia e indignazione: «Schifosi, ve la siete presa con un ragazzino indifeso».