Gli arrestati di Colleferro, una vita da fiction fra droga e lusso: “Solo a incontrarli facevano paura”

ARTENA – Quelle case arroccate sul costone calcareo paiono quasi un miraggio arrivando in questo comune dell’area metropolitana di Roma, come quando si giunge a Calcata o a Monteriggioni.

Sembra un quadro. Poi entri nella parte bassa del paese, parli con la gente, e di poetico in mano ti resta ben poco. Qui – sette minuti in macchina da Colleferro, il luogo in cui sabato notte è stato ucciso a calci e pugni di Willy Monteiro Duarte – vivono i quattro ragazzi accusati dell’omicidio.

“Abbiamo paura, sì, abbiamo paura” dice una signora che rientra dalla spesa, due grosse buste di plastica in mano, dietro di lei la sede del Comune.

“A volte mi sembra di vedere per la strada i protagonisti di certe serie televisive, tutti rasati, pieni di tatuaggi, con l’aria aggressiva “. In piazza della Vittoria, anch’essa arroccata sul costone, c’è un bar.

Gli avventori con il volto coperto dalla mascherina anche qui, come dal giornalaio, dal tabaccaio, in ogni angolo in cui è possibile fare capanella, non parlano d’altro: dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi, di Mario Pincarelli, di Francesco Belleggia. “Li conoscevo, sì, come tutti. Dei prepotenti, che quando camminavano se ti trovavi sulla loro strada, ti venivano addosso apposta, per darti un colpo, per fare vedere chi comanda” dice un ragazzo, 20 anni al massimo.

“Si credono dei veri dritti, io conosco bene Mario Pincarelli, abbiamo fatto cresima e comunione insieme ” ricorda Massimo, 22 anni. “Fin da ragazzino è stato un gran prepotente, faceva cose assurde, tipo farmi vedere, sotto il banco della chiesa, durante la comunione, come si rolla una canna. Ed eravamo veramente piccoli”.

Andrea, barista anche lui di 22 anni, parla invece dei tatuaggi di Pincarelli: “Io ne ho alcuni, e ognuno di questi lo ho sudato, nel senso che non te li regala nessuno, costano. Mario è pieno di tatuaggi: com’è possibile? Dove lo prendeva tutto il denaro che aveva? Eravamo in classe insieme ma lui era rimasto indietro, è stato bocciato un’infinità di volte, credo non sia neanche riuscito a finire le medie. Il massimo è stato il giorno” racconta ancora Andrea, “in cui l’ho visto con il tatuaggio di una lacrima nera all’angolo dell’occhio: nel linguaggio simbolico delle gang significa che hai ucciso”.

Tutti e quattro hanno precedenti per reati come la rissa, i due fratelli anche per spaccio. C’è chi racconta che i fratelli facessero i picchiatori per recuperare crediti per conto dei pusher, “criminali anche loro, altroché” racconta Marco. Quella sera a chiamarli era stato Pontiggia, che aveva il braccio ingessato. “E spacciavano, anche Pincarelli: fuori dalla sua villa, durante la notte, era tutto un via vai di macchine”.