MILANO – La guardia di finanza ha eseguito un decreto di sequestro di oltre 20 milioni di euro emesso d’urgenza dalla procura di Milano nei confronti della Dhl Supply Chain Italy spa, società del “colosso” della logistica, per una presunta maxi frode sull’Iva.
Dall’inchiesta è emerso che, attraverso “finte” cooperative, sarebbero stati creati “meri serbatoi di manodopera”, cioè lavoratori a cui le società intermediarie non versavano in parte i contributi.
Il sequestro d’urgenza è stato firmato dal pm di Milano Paolo Storari, del dipartimento guidato dall’aggiunto Maurizio Romanelli, nell’inchiesta condotta dalla Gdf.
In sostanza, a quanto ricostruito dalle indagini, la società del gruppo Dhl si interfacciava per avere “meri serbatoi di manodopera” con un consorzio a cui facevano capo diverse società di intermediazione di manodopera che assumevano formalmente i lavoratori della logistica.
Attraverso un presunto giro di false fatture, emesse dalle società a vantaggio di Dhl, quest’ultima avrebbe abbattuto i propri costi e allo stesso tempo le altre società non versavano l’Iva dovuta e nemmeno i contributi per i facchini impiegati nelle consegne per conto di Dhl.
Pm: “Sistema di sfruttamento dei lavoratori” Secondo la Procura di Milano, il “sistema” di cui si sarebbe avvalsa una società del gruppo della logistica Dhl “oltre che realizzare gravi condotte che agevolano lo sfruttamento dei lavoratori e che determinano pratiche di concorrenza sleale, comporta la emissione, prima e l’utilizzo, poi, di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti”. Dall’inchiesta è emerso che, tra il 2016 e il 2019, sarebbero stati oltre 1.500 i lavoratori assunti dalle “finte” cooperative che facevano parte del “sistema”.
“Realtà non isola nel territorio lombardo” Tra l’altro, scrivono i pm, “le acquisizioni informatiche effettuate durante l’attività di perquisizione, le intercettazioni telefoniche nonché le acquisizioni attraverso banche dati confermano una realtà non certo isolata nel territorio lombardo”. Una realtà fatta di “contratti di somministrazione illecita di manodopera fatti passare come contratti di appalto”, tariffe “imposte dal committente, che non sono in grado di remunerare la manodopera” e l’omesso versamento “di Iva e contributi da parte dei serbatoi di dipendenti, come condizione necessaria per remunerare il lavoro, condizione sostanzialmente ‘imposta’ dal committente”, ossia Dhl.
23 cooperative coinvolte Ricostruendo la “filiera della manodopera” è stato accertato che i rapporti di lavoro “con la società committente”, ossia Dhl, venivano “schermati” da un consorzio, una “società filtro”, che si avvaleva a “sua volta di 23 società cooperative”, le cosiddette società “serbatoio”, che si avvicendavano nel tempo “trasferendo la manodopera dall’una all’altra, omettendo sistematicamente il versamento dell’Iva e, nella maggior parte dei casi, degli oneri di natura previdenziale”.