Roma – “La pietà” di Jago dal 1 ottobre nella Chiesa degli artisti

La Chiesa di Sant’Aspreno ai Cruciferi di Napoli il suo laboratorio sempre aperto ai visitatori

ROMA – Il capolavoro di Jacopo Cardillo, alias Jago, nato a Napoli e concepito a New York nel 2020, come dimostrano i bozzetti risalenti al periodo del primo lockdown dopo lo scoppio della recente pandemia, sbarcherà a Roma e dal prossimo 1 ottobre 2021 l’opera sarà esposta al pubblico all’interno della Chiesa degli artisti a Piazza del Popolo fino al 28 febbraio 2022.

La scultura porta con sé un messaggio dirompente che porta agli occhi dei visitatori una nuova lettura del tema dell’amore genitoriale. Il linguaggio di Jago che traduce la parola in colpi di scalpello su marmo racconta di un amore maschile, forte, passionale, denso di drammaticità. Il patimento segna una traccia da poter seguire per una lettura che rimane comunque aperta alle più disparate interpretazioni.

Lo stesso volto dell’uomo di marmo, immerso nella sua tragica vicenda personale, induce a rintracciare delle nette somiglianze con quello di Jago e lascia quindi navigare l’immaginazione verso la miriade di possibili riferimenti personali che l’artista ha lasciato trapelare, anche inconsciamente, nella manipolazione della pietra.

Già dalla fase di lavorazione una folta schiera di appassionati ha osservato incuriosita il lavoro dell’artista partenopeo nel suo laboratorio, quest’ultimo sempre a disposizione dei visitatori.

La concezione dell’arte di Jago comprende ampiamente il fattore della condivisione dell’esperienza, lasciando intendere il valore dell’inclusività che permea da tempo il suo modus operandi.

L’arte nasce per essere goduta dalla collettività e perde il suo potere mistico rimanendo celata. L’esposizione nella Chiesa degli artisti di Roma, il cui accesso sarà libero come in ogni altro luogo di culto cattolico, rimarca la forza di una vera e propria missione portata avanti dall’artista che punta a diffondere la bellezza con ogni mezzo a sua disposizione.

L’ARTISTA
Iacopo Cardillo, conosciuto come Jago, è uno scultore 33enne originario di Frosinone. La sua carriera è già molto avviata grazie a collaborazioni importanti e lavori che lo hanno visto collaborare con realtà di grande prestigio, come il Vaticano, per il quale ha realizzato la statua dedicata a Papa Benedetto XVI. Ha partecipato alla 54esima Biennale di Venezia curata da Vittorio Sgarbi. Ha esposto nella cripta della Basilica dei XII Apostoli a Roma. L’anno scorso ha fatto parlare di sé anche negli USA, quando a New York ha realizzato la scultura il Figlio velato, una scultura fatta con il marmo Danby del Vermont. Si tratta di una scultura ispirata al Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino e rappresenta un bambino coperto da un velo. Alla fine dell’anno scorso l’opera è stata ubicata nella Cappella dei Bianchi nella chiesa di San Severo a Napoli, proprio nel rione Sanità.

Napoli, il laboratorio dello scultore

Napoli è da sempre un polo estremamente prolifico per ciò che concerne l’attività di artisti di ogni genere. La sua effervescenza ha ispirato generazioni di creativi e ancora oggi la vitalità che si respira eguaglia quella di un tempo senza mai smettere di affascinare: lo dimostra la scelta dell’artista Jago che durante il 2020 decide di lasciare New York per tornare a casa, in Italia e aprire il suo studio nel quartiere Sanità di Napoli.

Il rione Sanità si è trasformato grazie alla sua presenza e il suo ritorno ha anche autorizzato la riapertura della Chiesa di Sant’Aspreno ai Cruciferi nella quale l’artista ha organizzato il suo personale spazio di lavoro. Questo intervento è stato reso possibile grazie al Fec (Fondo edifici di culto, del dipartimento dell’interno) a padre Antonio Loffredo, rappresentante della curia napoletana.

Il laboratorio di Jago partorisce nel capoluogo campano uno dei suoi più importanti capolavori, una rivisitazione contemporanea della Pietà: la scultura riprende l’iconografia originale che vede la Vergine sostenere tra le braccia il corpo senza vita del Cristo ma la ribalta diametralmente presentando una donna senza vita tra le braccia di un uomo dal volto segnato dalla sofferenza.