MILANO – Vincenzo Onorato lascia la presidenza di Moby. Ad annunciarlo è stato il patron della compagnia in una lettera ai dipendenti: “Le compagnie di Onorato Armatori sono solide, forti e soprattutto oggi, mentre vi scrivo, liquidissime.
Abbiamo, in avanzata fase di costruzione, quelli che saranno i traghetti più grandi che abbiano mai solcato i mari”. Onorato non ha comunicato quale sarà il nome del suo successore: “La persona che mi sostituirà sarà degna di questo onere e di questo onore insieme ai miei figli, Achille ed Alessandro, ed un management giovane e motivato che nonostante la crisi del COVID e gli attacchi vigliacchi che si protraggono da oltre due anni, i cui autori finalmente stanno venendo alla luce, sta dimostrando con i fatti di portare la Nave verso un porto sicuro: il Futuro”.
“Quarant’anni fa – spiega Onorato – ho fondato Moby partendo da una piccola nave e 12 marittimi, creando, insieme e soprattutto grazie a voi, e grazie a 140 anni di storia e cultura armatoriale, delle quale sono custode, la prima Compagnia di traghetti mondiale con 6000 marittimi tutti italiani”. “Abbiamo, in avanzata fase di costruzione, quelli che saranno i traghetti più grandi che abbiano mai solcato i mari, il primo dei quali sarà varato a fine mese, dove lavoreranno altri 500 marittimi, sono un mio progetto e sono orgoglioso di affidarvele. Per le azioni che sto per intraprendere a difesa del nostro lavoro e della Compagnia ritengo che la scelta migliore sia quella di fare un passo indietro e lasciare la Presidenza della Compagnia”, ha sottolineato.
Vincenzo Onorato e il figlio Achille sono indagati a Milano nell’ambito di una inchiesta condotta dalla procura sul dissesto di Moby e sotto i riflettori dei magistrati sono finiti in particolare spese ed erogazioni da parte della società che nulla avrebbero a che fare con le ragione sociale dell’aziende. Tra questi spese private per la famiglia Onorato e vasti contributi alla politica, tra cui 1 milione e 200 mila destinati alla Casaleggio Associati, 240mila euro in due anni alla srl che gestisce il sito di Beppe Grillo e 200mila alla fondazione Open di Matteo Renzi.