Il giro di vite di Leonardo, niente contratti (elisoccorso in primis) con controparti indagate

L’annuncio del cambio di passo è stato dato ieri nel corso della quinta edizione del Compliance Council di Leonardo, appuntamento annuale del management di Piazza Monte Grappa. Da ieri in Leonardo per congelare rapporti d’affari con controparti dirette o indirette non sarà più sufficiente il «gate», la barriera, del decreto di rinvio a giudizio emesso da un Gip. Basterà l’apertura di un fascicolo penale da parte di un pm.

Naturalmente tutto questo varrà per ipotesi di reati gravi quali la corruzione (privata e pubblica), la concussione, i reati associativi e quelli legati al riciclaggio. Altra stretta riguarda i contratti legati al sistema dei gruppi di pressione: le cosiddette lobby. «L’articolo 346 bis del codice penale – ha spiegato Andrea Parrella, Group General Counsel di Leonardo – non esclude l’imputazione eventuale della società in caso di traffico di influenze illecite, e questo anche per attività svolte all’estero. Pertanto le società del gruppo Leonardo non potranno sottoscrivere contratti di Lobbying».

L’incontro di ieri, alla presenza di duecento manager di prima e seconda linea (un altro migliaio da remoto), cui hanno partecipato, oltre al Ceo di Leonardo Alessandro Profumo, il suo presidente Luciano Carta, i presidenti delle due fondazioni Med-Or e Leonardo CdM, rispettivamente Marco Minniti e Luciano Violante, oltre al presidente dell’Anac, Giuseppe Brusia, è stato anche l’occasione sia per per fare il punto nave sui traguardi raggiunti dal gruppo sul tema della compliance sia sui vent’anni (compiuti a giugno) della legge 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti.

Se Leonardo decidesse davvero di intraprendere questa strada per molte aziende sarebbe la fine degli impegni nell’elisoccorso ad iniziare dalla grande multinazionale Babcock impegnata, insieme a tante altre aziende, in processi penali per corruzione sparsi un po’ in tutta Italia.

Più in generale Carta ha rammentato che «prevenire il reato è un beneficio innanzitutto per l’impresa.

Non soltanto perché se essa dimostrerà di aver adottato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo al mitigare il rischio-reato, potrà godere di una piena esclusione della responsabilità.

Oppure di una attenuazione delle sanzioni nel caso tale adempimento sia intervenuto successivamente alla contestazione del delitto–. E Carta ha aggiunto – La prevenzione del reato è anche – e in questo consesso permettetemi di dire soprattutto – un beneficio, perché l’impresa virtuosa si presenta sul mercato con caratteristiche di competitività».

«La corruzione – ha proseguito Carta –è un reato che, assieme a quelli ambientali, societari, finanziari e in materia di salute e sicurezza sul lavoro, più frequentemente comporta la chiamata in causa della responsabilità dell’ente – altera e contamina il sistema. E al contempo determina una grave caduta di credibilità e affidabilità agli occhi degli investitori, in particolare stranieri. Tutto questo si traduce in una perdita di opportunità e, di conseguenza, di competitività».

Dal canto suo Parrella, entrando nello specifico, ha delineato i punti specifici nei quali la norma potrebbe essere migliorata.

«Premetto che si tratta di un’ottima legge – ha chiarito Parrella al Sole 24 Ore – che ha visto lo Stato abdicare a una serie di attività che oggi vengono invece erogate dalle aziende. Sarebbe opportuno però che la norma evolvesse verso sistemi di premialità anticipata. Oggi la 231 dice: io autorità giudiziaria ipotizzo che un manager abbia commesso un reato e, contestualmente, porto a giudizio l’azienda per la non adeguatezza dei modelli organizzativi predisposti per impedire quel reato.

Se alla fine, io giudice, verifico che il modello organizzativo dell’azienda era virtuoso la assolvo. Ebbene – dice Parrella – non sarebbe male se funzionasse anche ex ante: nel momento cioè in cui scoppia una patologia, se la società si presenta spontaneamente di fronte all’autorità giudiziaria, collabora attivamente, e dimostra sin dall’inizio la validità dei propri modelli organizzativi, ebbene questo dovrebbe potere portare all’esclusione di una sua responsabilità ex ante».