Rifiuti radioattivi nella Tuscia: proseguono gli incontri per dire no

I comitati uniti a difesa del territorio sabato in  assemblea

TUSCANIA – Proseguono gli incontri dei comitati uniti a difesa del territorio: sabato si è svolta l’assemblea “Il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e la Tuscia: opposizione unanime”, patrocinata dal comune di Tuscania, che ha visto protagonisti i comitati che si oppongono alla realizzazione e rappresentanti istituzionali.
Accolti dal saluto del sindaco Bartolacci, che ha definito come sciagurata l’ipotesi che venga scelto un luogo della Tuscia per il deposito di scorie radioattive, la parola è passata al professor Di Giorgio e all’avvocato Rosi, che hanno illustrato le principali motivazioni che giustificano la ferma opposizione e i vulnus giuridici che non dovrebbero nemmeno permetterla.
Dal lato scientifico è il dottor Angelo Di Giorgio a spiegare la durata dell’attività nucleare delle scorie, che arriva fino a migliaia di anni: “Cosa fare dell’enorme quantità di materiale radioattivo? Quelli a bassa attività vengono conferiti in depositi di superficie, le altre in depositi geologici di profondità. Nel mondo non esiste un deposito in funzione, solo la Finlandia ne sta costruendo uno, ma per metterlo in esecuzione servono almeno 100 anni. Il problema è il papocchio creato: ad oggi sappiamo che in Europa abbiamo 6,6 milioni di metri cubi di scorie, noi ne abbiamo 95 mila metri cubi. 78 mila a bassa attività e 17 mila ad alta. si pensa ad un deposito di superficie che vale per la bassa e ci mettiamo media e alta, parlando di ‘temporaneo di lunga durata’, che non sarà inferiore ai 100 anni e influenzerà almeno 3 generazioni.
Conosco la realtà sanitaria di questa zona, da medico – ha proseguito -. Nella provincia di Viterbo esiste la più alta percentuale di neoplasie rispetto alla media italiana, su 22 tumori per ben 11 siamo ben oltre per incidenza, con aumenti dall’8 al 133% e le radiazioni sono accreditate come la motivazione più plausibile nell’incidenza sul cancro. Dati evidenziati dall’ordine dei medici di Viterbo. Per tutto questo il deposito è incompatibile con la Tuscia.
Siamo alla prima fase attuativa, la creazione della Cnapi, carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, che abbiamo conosciuto – ha concluso – poi verrà il seminario in cui potremo dire la nostra. Ne scaturirà una short list con meno luoghi e inizierà la discussione. Su 14 comuni solo 11 hanno presentato osservazioni e parteciperanno al seminario, così come la Provincia e la Regione, che però ha fatto osservazioni molto blande, è necessario seguire l’esempio di Basilicata, Piemonte e Sardegna. Alle istituzioni si sono aggiunte 9 associazioni e comitati che hanno investito risorse per opporsi. La domanda finale è: cosa dobbiamo fare? Da un lato c’è la via della giustizia, dall’altro quella politica. E’ indispensabile mostrare unione tra noi per trascinare quest’ultima, non solo locale ma anche quella nazionale, perché se non si trova una soluzione sarà lo Stato a decidere”.
Il lato giuridico è stato sottolineato dall’avvocato Francesco Rosi, partendo dal 2011: “E’ l’anno in cui si torna a parlare di nucleare, seguito dall’incidente di Fukushima, che ha dimostrato come può andare fuori uso il più sicuro degli impianti nucleari, e il successivo referendum, che mette di nuovo la parola fine alla proposta. Legalmente però, basandosi sul decreto che optava per la moratoria, resta fuori la questione delle scorie, inizialmente destinate nei luoghi che ospitavano le centrali, e ora finiscono tutte in una tipologia di rifiuto, equiparando bassissima, bassa, media e alta attività, queste ultime con stoccaggio ‘temporaneo’, aspettando il deposito geologico.
E ancora – prosegue l’avvocato presentando i dispositivi di legge – l’esercente del deposito viene fissato come persona fisica, poi ci diranno come sia possibile, o giuridica, dotato di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale. Quindi di chi sarà la responsabilità in caso di incidente o fallimento dell’azienda? Per la radioprotezione si esclude l’adozione di qualsiasi intervento di protezione della popolazione, in pratica escludono incidenti, dicono solo che si potrà contenere basandosi sulla prevenzione di rilasci radioattivi nel periodo di permanenza, altro contrasto.
Sono tanti i dubbi espressi – ha concluso Rosi – anche in ambito parlamentare, adesso affronteremo il seminario nazionale e poi valuteremo le azioni da intraprendere”.
La parola è poi passata ai comitati coinvolti e ai sindaci presenti, anche neoeletti.
Per Luca Berni, vice sindaco di Montalto di Castro, la maggiore difficoltà è stata trovarsi di fronte a decisioni già prese, senza ascoltare associazioni, cittadini e istituzioni che ne sono la massima espressione: così il ruolo della politica non esiste più, siamo stanchi di vivere queste eresie. Prima nucleare, poi termo combustibile, poi altre conversioni, ma esiste un criterio che tenga conto della proporzionalità?” si è chiesto chiudendo l’intervento.
Stefano Aluffi Pentini (Verde Tuscia) ha messo in evidenza l’importanza di due settori economici: “Questa è una provincia che vive di agricoltura e turismo, e tutto ruota intorno alla produzione agricola, l’incompatibilità è già in questo. Sappiamo che ci sono Comuni piemontesi che si sono candidati, ma se non sono nella carta non possono essere scelti. Termino ricordando che pochissimi, nel territorio, conoscono questa problematica: oggi vediamo che c’è molta gente, si inizia a saperlo, non ha senso parlare di questo se non ci impegniamo a coinvolgere altre persone nella Tuscia, è necessario diffondere questa problematica”.
Sempre pensando alla natura è intervenuto Famiano Crucianelli (Biodistretto Via Amerina): “Nella provincia ci sono 3 biodistretti che ne coprono il 50%, per la sua valorizzazione qualitativa e l’agricoltura ne rappresenta il cuore. Il deposito porterebbe ad azzerare tutto questo, è inconciliabile, per quello che è stato detto e fatto nel tempo. Le istituzioni hanno detto no, ma il no deve essere argomentato, come abbiamo fatto noi associazioni e realtà coinvolgendo docenti e tecnici, è fondamentale perché sarà la politica a decidere”.
Il neo primo cittadino di Canino, Giuseppe Cesetti, ha annunciato un cambiamento di posizione rispetto al passato: “Come paese agricolo comprendiamo l’importanza di opporci, a prescindere da quello che è stato fatto, o non fatto, prima posso affermare che mi impegno ad aggregarmi al lavoro presentato dagli altri Comuni”. Lo stesso Vetralla, che vede il ritorno di Sandrino Aquilani: “Questo è un problema di tutti e 60 i sindaci della provincia, in passato andammo con il prefetto al ministero per molto meno, per rappresentare le nostre problematiche. Sono qui non solo per essere solidale, ma per dire che anche Vetralla si aggrega alle relazioni presentate, ci siamo e ci saremo e mi assumo l’onere di riunire tutti i sindaci per un’azione comune”.
E ancora Marzia Marzoli (Italia nostra – Tarquinia), che ha riportato il discorso sul piano politico: “Che in questo Paese ci sia poca democrazia lo sapevamo e pure poca partecipazione. Il 15 dicembre si chiuderà il seminario e partiranno i giorni per arrivare alla manifestazione d’interesse, prevista per agosto 2022, forse pensavano, sbagliando, che tutti lo avrebbero voluto. Ricordo che serviranno 150 ettari, 110 per il materiale e 40 per un parco tecnologico, per fare cosa? Sperimentazioni, ma non sappiamo di cosa. E tutto questo sarà pagato sempre da noi, sarà messo in bolletta. Serve l’impegno dei sindaci, perché da qualche parte il deposito sicuramente sarà fatto”.
Infine Amedoro Latini, vice sindaco di Gallese, altro Comune con aree direttamente interessate: “Anche noi ci siamo attivati subito, presentando le controdeduzioni con tecnici e volontari. Devono sapere che troveranno migliaia di persone che non lo vuole, in modo compatto”.
La conclusione con il professor Di Giorgio, che vale come appello: “Se sessanta sindaci alzassero la voce, facessero interviste e attirassero l’attenzione, la Sogin avrebbe qualche problema. Spero non sia vero che sia stata scelta la Tuscia perché erano certi che qui avremmo accettato in silenzio, ma che ci sia un coinvolgimento sempre e progressivamente maggiore per fare cose concrete”.
L’assemblea è stata organizzata da enti e associazioni uniti contro il deposito nella Tuscia, nel dettaglio dai comitati per la salvaguardia del territorio di Corchiano e della Tuscia, Montalto Futura – per la salvaguardia del territorio di Montalto e della Tuscia, Maremma Viva, Verde Tuscia, Aree interne Alta Tuscia – antica città di Castro, le associazioni Italiana Cultura e sport Aics (sez. Viterbo), Italia Nostra (sez. Tarquinia) e Pro loco Gallese, il Sovrano Militare Ordine di Malta, la Federalberghi Viterbo e Confagricoltura Viterbo.
Per info sulle attività dei comitati: https://www.facebook.com/noscorienuclearituscia