Florovivaismo, Coldiretti Lazio: Costo energia “spegne” le serre, a rischio produzione fiori made in Italy

ROMA – A rischio il futuro di alcune produzioni tipiche del florovivaismo come il ciclamino, il lilium o il ranuncolo, a causa dell’aumento record dei costi energetici, che “spegne” le serre laziali. E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti Lazio sul caro bollette, che ha un doppio effetto negativo perché da un lato riduce il potere di acquisto dei cittadini e delle famiglie, dall’altro aumenta anche i costi delle imprese particolarmente rilevanti per l’agroalimentare con l’arrivo del freddo e dell’inverno.

“Si riflette su tutta la filiera agroalimentare il costo dell’energia – spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri – un problema che riguarda sia le attività agricole che la trasformazione, la distribuzione ed i trasporti. Il florovivaismo è uno dei settori più colpiti dalla pandemia e allo stesso tempo quello che ha mostrato grandi capacità di ripresa nel Lazio, con un aumento del 33% delle esportazioni di piante Made in Italy solo nel primo trimestre del 2021. Questo rappresenta solo uno dei motivi per cui il comparto florovivaistico necessita di essere tutelato. In gioco c’è il futuro di oltre 200 mila lavoratori”.

Il florovivaismo è un settore importante dell’agricoltura regionale ed in particolare nelle province di Roma e Latina, dove gran parte della superficie agricola è destinata a colture florovivaistiche. Soprattutto Latina si distingue per la presenza di imprese con dimensioni più ampie rispetto alle altre province laziali.

“L’attenzione di Coldiretti a questo settore è sempre stata massima -prosegue Granieri – e ha portato ad importanti risultati che vanno dal bonus verde, alla defiscalizzazione, alla decontribuzione e a tutto quello che concerne le figure professionali. Il florovivaismo rappresenta una filiera strategica per la ripresa e non possiamo permetterci di mettere a rischio un comparto che a fatica sta riuscendo a risollevarsi. Le nostre aziende, oltre alle difficoltà economiche causate dalla pandemia, devono affrontare anche l’aumento dei costi per le materie prime. Una situazione insostenibile”.

Per le operazioni colturali gli agricoltori sono stati costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione. Inoltre l’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%), il fosfato biammonico Dap raddoppiato (+100%) da 350 a 700 euro a tonnellata, mentre prodotti di estrazione come il perfosfato minerale registrano +65%. Non si sottraggono ai rincari anche i fertilizzanti a base di azoto, fosforo e potassio che subiscono anch’essi una forte impennata (+60%). L’aumento dei costi riguarda anche l’alimentazione del bestiame, il riscaldamento delle serre per fiori e ortaggi ma ad aumentare sono pure i costi per l’essiccazione dei foraggi, delle macchine agricole e dei pezzi di ricambio per i quali si stanno verificando addirittura preoccupanti ritardi nelle consegne.

“Il rincaro dell’energia – spiega la Coldiretti – si abbatte poi sui costi di produzione come quello per gli imballaggi, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi. Di fronte ad una emergenza senza precedenti serve responsabilità da parte dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle”.