L’ Ambasciata d’Israele le ha conferito la più alta onorificenza civile alla memoria come guida morale per il presente ed il futuro
VITERBO – Una bussola morale a orientarci nella scelta fra il bene e il male. Questa la preziosa eredità dei “Giusti fra le Nazioni”, persone che negli anni bui della seconda guerra mondiale scelsero di salvare la vita di uomini, donne, bambini ebrei, messa in pericolo dalla legislazione antisemita vigente e dalla politica di sterminio del regime nazi-fascista.
I cittadini italiani riconosciuti Giusti fra le Nazioni sono circa 700. Da oggi su quella lista compare anche il nome di Rita Orlandi, poi coniugata Corbucci, giovane viterbese che nel dicembre 1943 salvò il piccolo Silvano Di Porto dal rastrellamento degli ebrei che vivevano nella cittadina laziale.
La cerimonia per l’attribuzione della più alta onorificenza civile dello Stato d’Israele e si è svolta stamattina nell’Aula Magna dell’Università di Viterbo.
A rievocare con commozione i fatti storici, i racconti del figlio della signora Rita, Mauro Corbucci, e del figlio di Silvano Di Porto, Angelo, da bambino spesso affidato alla giovane Rita dai genitori poiché molto impegnati nell’attività di famiglia, una merceria sita in Via Saffi. Il 2 dicembre 1943 ebbe inizio il rastrellamento degli ebrei di Viterbo e l’operazione portò anche alla cattura dei genitori del piccolo Silvano. In quelle ore il bambino si trovava con Rita la quale, appresa la notizia, condusse il bambino al riparo nelle campagne. A sera, i due tornarono a casa di Rita, dove Silvano sarebbe rimasto nascosto fino alla fine della guerra.
E’ per questi fatti che lo Yad Vashem, il Centro Mondiale per la Memoria dei Martiri e degli Eroi della Shoah istituto subito dopo la nascita d’Israele, ha riconosciuto Rita Orlandi Corbucci Giusta fra le Nazioni.
Come ha ricordato il Consigliere dell’Ambasciata d’Israele, Smadar Shapira, nel suo discorso: “L’Olocausto, per me, per la mia famiglia, e per la gran parte del popolo d’Israele e i nostri amici ebrei qui in Italia, è un capitolo doloroso della nostra storia personale e familiare. Ma la Shoah non è soltanto una tragedia personale. E non è soltanto una tragedia del popolo ebraico. E’ una tragedia dell’intera umanità. Lo Stato d’Israele sente il supremo dovere morale di preservare anche la memoria delle persone che in quegli anni, nel mezzo dell’ora più buia, non sono rimaste indifferenti alla sofferenza umana e al dolore”.
Nel suo intervento il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi della Tuscia, Stefano Ubertini, ha ribadito: “La memoria è fondamentale, ci insegna che non dobbiamo rimanere indifferenti e che abbiamo il compito di trasmettere la consapevolezza di ciò che è successo alle future generazioni, per capirne le radici e lavorare affinché quel dramma non si ripeta mai più. L’Università ha il dovere di farsi parte attiva di questo processo. E per questo voglio ringraziare lo Stato di Israele per aver scelto la nostra università come sede per il conferimento della medaglia dei Giusti fra le Nazioni alla memoria di Rita Orlandi Corbucci. È un grande onore per la nostra comunità poter ospitare e partecipare a questa cerimonia.”
Hanno inoltre preso parte alla cerimonia: il Vice Prefetto, Fabio Malerba, il Commissario prefettizio, Antonella Scolamiero, il Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello, il Segretario generale dell’Unione delle Comunità Ebraiche italiane, Uriel Perugia e il Dott. Claudio Procaccia, responsabile del Dipartimento per le attività culturali della Comunità Ebraica di Roma. La coordinatrice nazionale per la lotta all’antisemitismo, la Prof.ssa Milena Santerini, ha inviato un video messaggio.
I FATTI
Angelo Di Porto e Letizia Anticoli, genitori del piccolo, Silvano di Porto, lavorano in un negozio di via Saffi, nel centro storico di Viterbo, Rita Orlandi vive con la famiglia sopra all’ attività e conosce bene i coniugi Di Porto. Molte volte il bambino fu affidato alle cure di Rita che era solita fare una passeggiata in città con lui. Il bambino non andava a scuola per via delle leggi razziali e a Viterbo non c’erano scuole ebraiche. Il 2 dicembre 1943 dopo la pubblicazione della direttiva n. 5 che disponeva l’arresto degli ebrei d’Italia, Rita, di ritorno da una passeggiata con Silvano, fu informata da un conoscente che i genitori del bambino e i loro familiari erano appena stati arrestati. Con sicurezza, la donna prese il bambino e insieme fuggirono fuori città. Verso sera tornarono nella casa di lei e il piccolo ebreo rimase nella casa della famiglia Orlandi per i 7 mesi successivi, fino alla liberazione. I genitori del bambino furono portati a Fossoli e poi deportati nei campi di concentramento dove trovarono la morte.
La nonna, Reale Anticoli (Di Veroli), sopravvissuta alla guerra, riprese poi il ragazzo.