Mare, concessioni a bando: balneari in rivolta. «Mappare subito la costa»

ROMA – Stop al regime di proroga, come stabilito dalla sentenza del Consiglio di Stato del novembre scorso tanto che le proroghe si chiuderanno a fine 2023 e le nuove concessioni balneari saranno messe a gara a partire dal 2024.

Così è stato ribadito ieri a Consiglio dei ministri in corso, che sul tavolo nel pomeriggio ha portato la questione dei balneari, ora però sul piede di guerra, tanto da aver annunciato manifestazioni nazionali.

Un clima in cui anche i partiti politici hanno chiesto più tempo, tanto che il Cdm è stato sospeso dopo mezz’ora, per dar modo di far circolare le bozze del disegno di legge, per eventuali rimodulazioni.

La partita vede i partiti, ancora una volta, distanti, tanto che ai ministri serve un «pit stop» tecnico durante la riunione del Governo per esaminare la riforma, che poi però viene approvato all’unanimità. In realtà, almeno per quel che riguarda la Lega, è un sì che rimanda tutto ai tempi parlamentari, così come già successo con gli emendamenti di modifica del Csm. «Il testo approvato dal Cdm è migliorato rispetto alla proposta iniziale, grazie all’accoglimento di alcune nostre proposte. Ora siamo già al lavoro, anche con le associazioni del settore, per cambiare e migliorare il testo in Parlamento», dice chiaro Gian Marco Centinaio, sottosegretario Mipaaf e capo dipartimento Turismo e Agricoltura del Carroccio, mentre Matteo Salvini annuncia che già oggi incontrerà i rappresentanti di imprenditori e lavoratori del settore.

«Inammissibili» per il Pd «doppiezza e inaffidabilità» dimostrate dalla della Lega: «Prima i ministri leghisti approvano il testo in Cdm e cinque minuti dopo Matteo Salvini lo rimette in discussione preannunciando presunte migliorie parlamentari. Per noi vale la posizione assunta in Consiglio dei ministri all’unanimità. Non sono ammissibili giochini politici», tuona il responsabile economia Antonio Misiani. E se il M5S giudica «soddisfacente» l’impianto complessivo del testo e le gare «formalmente» sbloccate, durissima la reazione di FdI. «In Consiglio dei Ministri si è consumato il primo atto di un esproprio ai danni di trentamila imprese balneari che avrà durissime conseguenze economiche e sociali», attacca Giorgia Meloni e i toni usati dai rappresentanti della categoria non sono da meno: «Sorprendente con quanta superficialità ma determinazione il Governo Draghi, al posto dì affrontare temi importanti per il Paese per risolvere i problemi che realmente vivono le famiglie e le imprese italiane, anche alla luce della crisi internazionale Ucraina e della Pandemia, abbia dedicato energie, tempo e risorse per mandare in rovina 30.000 aziende italiane e le loro famiglie, aprendo la possibilità a grossi gruppi dì investitori soprattutto stranieri, dì impossessarsi dì un bene strategico irrinunciabile quali le coste italiane, confini del nostro Parse. Siamo increduli davanti a tutto ciò perché pensavamo che il Governo avesse il compito dì proteggere e tutelare le proprie risorse e le proprie imprese, soprattutto in un momento dì gravissima difficoltà economica», è la posizione di Assobalneari, che si dicono «disposti a qualsiasi cosa, azioni legali e class action se necessario» e si augurano una sponda delle forze politiche in Parlamento.

Intanto sarà un emendamento al disegno di legge per il mercato e la concorrenza a sancire la scadenza delle concessioni in atto, mentre un disegno di legge delega impegna il Governo, entro sei mesi, ad adottare uno o più decreti legislativi per semplificare la nuova disciplina, al fine, si legge nel testo, di «assicurare un più razionale e sostenibile utilizzo del demanio marittimo, favorirne la pubblica fruizione e promuovere, in coerenza con la normativa europea, un maggiore dinamismo concorrenziale nel settore».

Fissati, però, i paletti decisivi. L’intendimento di palazzo Chigi è quello – grazie alle gare e al nuovo regime di concorrenza – di migliorare i servizi offerti e contrastare il «caro ombrellone». Tra i «principi e i criteri direttivi» individuati dal Governo ci sono «l’adeguato equilibrio tra le aree demaniali in concessione e le aree libere o libere attrezzate», nonché «la costante presenza» di varchi specifici che consentano il «libero e gratuito» accesso al mare, con tanto di sanzioni per chi non rispetta le regole. Le gare saranno indette «nel rispetto dei principi di imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, massima partecipazione, trasparenza e adeguata pubblicità, da avviare con adeguato anticipo rispetto alla loro scadenza».

Non solo. Prevista anche «un’adeguata considerazione degli investimenti» fatti e «della professionalità acquisita», ferma restando, però, la necessità di «non precludere l’accesso al settore di nuovi operatori». L’idea è quella di favorire «la massima partecipazione» delle piccole e microimprese,  tenendo conto per la scelta del concessionario delle «qualità e delle condizioni del servizio offerto agli utenti». Saranno le migliorie previste e «l’adeguato rapporto tra tariffe proposte e qualità del servizio», insomma a fare la differenza. Previste poi, specifiche tutele per chi negli ultimi anni ha utilizzato la concessione «quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare», e una «clausola sociale» che mira a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato nell’attività del concessionario uscente. «Divieto espresso» di fare proroghe o rinnovi anche automatici, mentre la durata della concessione sarà calibrata su un periodo non superiore a quanto strettamente necessario per garantire l’ammortamento e l’equa remunerazione degli investimenti autorizzati. Possibile anche la previsione di un indennizzo da riconoscere al concessionario uscente e a carico del subentrante, in caso di mancato ammortamento degli investimenti realizzati mentre andrà definito un numero massimo di licenze di cui può essere titolare, in via diretta o indiretta, uno stesso concessionario.