Secondo la Ecoambiente una delibera di Giunta del 2009 prevede che la presentazione della fideiussione per il post mortem debba avvenire a discarica chiusa. Questa interpretazione, però, è in aperto contrasto con la normativa nazionale. Ennesimo pastrocchio degli uffici regionali e i soldi che paga la Regione dove finiscono?
ROMA – La Ecoambiente, gestore della discarica di Albano, non ci sta e dopo il sequestro preventivo disposto dal gip passa al contrattacco. E lo fa accusando, senza mezzi termini, la Giunta regionale.
Secondo quanto riportato dall’Agenzia DIRE, il gestore del sito di Roncigliano “ha presentato al Tribunale di Velletri istanza per il dissequestro del settimo invaso dopo i sigilli apposti dalla Guardia di Finanza lo scorso venerdì, nell’ambito dell’inchiesta della Procura che contesta il mancato versamento della fideiussione per la gestione (trentennale) post mortem dell’invaso.
L’azienda, secondo quanto risulta all’agenzia Dire, si difende sostenendo che la garanzia non era mai stata richiesta dalla Regione, in virtù di una delibera di giunta del 2009 che, nel documento tecnico, stabiliva che la presentazione della fideiussione per il post mortem dovesse avvenire a discarica chiusa.
I tempi per sapere se l’istanza verrà accolta dal Tribunale, consentendo così a Roma di riprendere ad abbancare fino a un massimo di 1.100 tonnellate di scarti al giorno, non sembrano brevi. Entro 10 giorni la Ecoambiente dovrà depositare una memoria, quindi andrà fissata l’udienza per discutere la richiesta.
Nel frattempo, l’azienda ha aperto un confronto con la Regione per capire se la fideiussione debba essere versata e i parametri in base ai quali calcolare l’importo”.
Questa dichiarazione è un vero e proprio atto di accusa nei confronti degli Uffici della regione Lazio che, ormai, sembrano sempre più di frequente in stato confusionale.
La dichiarazione della mancata richiesta della fideiussione in virtù di una delibera di Giunta che escludeva la presentazione della stessa per il rilascio dell’autorizzazione è di una gravità assoluta se si considera che la normativa nazionale non può essere derogata o contrastata da una norma o provvedimento regionale. E se c’è stato un errore nel 2009, come è stato possibile non riparare nei successivi 13 anni? E se non è giusta l’interpretazione data dai dirigenti di Ecoambiente, come è possibile che i dirigenti regionali non si siano mai accorti della mancanza del documento assicurativo?
Il Testo Unico Ambientale (D.Lgs.152/2006) prevede l’obbligo per i gestori degli impianti di smaltimento dei rifiuti di costituire adeguate garanzie finanziarie, in favore dell’ente che ha concesso l’autorizzazione all’esercizio dell’attività, per gli adempimenti contenuti nell’autorizzazione stessa.
Le suddette garanzie finanziarie, che la legge consente che possano essere prestate tramite polizza fideiussoria, riguardano l’intero ciclo di vita della discarica; oltre all’attivazione ed alla gestione operativa sono anche ricomprese le procedure di chiusura.
Infatti, una prima garanzia da prestare deve assicurare l’adempimento delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione per una somma commisurata alla capacità autorizzata della discarica ed alla classificazione della stessa; una seconda garanzia, che la legge prescrive obbligatoria soltanto per gli impianti di gestione di rifiuti c.d. speciali e pericolosi, da prestare contestualmente alla prima deve invece assicurare la gestione successiva alla chiusura della discarica per il periodo di 30 anni ed è commisurata al costo complessivo della fase di gestione post-operativa.
In ogni caso, sia con la delibera di giunta che deroghi alla legge dello Stato, come nel caso contrario, i dirigenti regionali non hanno mai contestato alla Ecoambiente la mancanza della polizza fideiussoria e, per questo motivo, la Procura di Velletri ha proceduto al sequestro dell’impianto.
L’ennesima crepa negli Uffici di via Cristoforo Colombo in cui si gestisce la delicata materia dei rifiuti. Che dopo l’arresto di Flaminia Tosini sembrano essere ancora in grande confusione.
Senza le garanzie previste dal Testo Unico Ambientale (D.Lgs.152/2006), “in caso di cessazione – secondo la Procura di Velletri – sopravvenuta dell’impresa che gestisce la discarica, intervenuta a qualsiasi titolo e ben possibile nell’arco di 30 anni, i costi ambientali di manutenzione post mortem dovrebbero inevitabilmente ricadere su soggetti pubblici a livello territoriale, nonostante l’avvenuto incameramento preventivo delle necessarie risorse economiche ad opera del privato”.
Zingaretti, Valeriani e la grillina Lombardi dovrebbero cominciare a chiedersi cosa stia succedendo al secondo piano della giunta regionale. Dopo l’abbaglio preso con le volture da Pontina Ambiente a Ecoambiente (con tanto di interdittiva antimafia aggirata) effettuate dalla Tosini e “ignorate” da Consoli fino alle denunce della nostra redazione e del Presidente della XIII Commissione Trasparenza, Chiara Colosimo, oggi arriva l’accusa del gestore della discarica di Albano che dichiara che la regione in 13 anni non gli ha mai chiesto la polizza fideiussoria. E, se è vera l’interpretazione della Ecoambiente, resta l’immobilismo degli uffici regionali nei confronti di una delibera in aperto contrasto con la legge dello Stato.
Ricordiamo, inoltre, che l’intervento della Procura di Velletri ha (speriamo) scongiurato che vengano addossate le spese trentennali della gestione post chiusura della discarica alla cittadinanza. Come, invece, purtroppo, avverrà molto presto con le centinaia di milioni di euro pubblici che verranno spesi per bonificare la zona di Malagrotta.
Sembra quasi che nel Lazio si preferisca far pagare la gestione post mortem ai cittadini, nonostante nel costo della gestione rifiuti venga comunque pagata in anticipo una somma vicina ai 14 euro a tonnellata per la gestione dopo la chiusura. Soldi che, si spera, siano rimasti vincolati per lo scopo a cui sono stati destinati.