Viterbo – Omicidio Delfino, il pm chiede il rinvio a giudizio di due dirigenti del carcere Mammagialla

Il 62enne ucciso dal compagno di cella, il 35enne Singh K arrestato nel 2019 a Cerveteri per il tentato omicidio di un 70enne che lo aveva ospitato in casa

VITERBO – La Procura di Viterbo vuole andare a fondo della vicenda relativa alla morte del detenuto Giovanni Delfino, 62 anni, ucciso dal compagno di cella, Singh K. 35 anni, con uno sgabello dentro la cella del carcere di Mammagialla.

Il pm ha infatti chiesto il rinvio a giudizio di due dirigenti del carcere di Mammagialla dove Singh era stato trasferito dal carcere di Civitavecchia per l’accoltellamento di un 70enne residente a Cerveteri, la notte di San Valentino del 2019.

Nella cella del carcere di Viterbo l’uomo ha colpito a morte il suo compagno di cella Giovanni Delfino con uno sgabello.

All’ospedale di Viterbo i medici hanno tentato di salvargli la vita ma inutilmente. In quell’occasione, i familiari della famiglia di Delfino, difesi dall’avvocato Carmelo Pirrone, avevano presentato querela contro i vertici della struttura penitenziaria del viterbese.

Secondo quanto emerso, infatti, anche dalle perizie effettuate dall’equipe multidisciplinare all’ingresso di Singh presso il carcere di Mammagialla, costui era una persona mentalmente instabile per la quale sarebbe stato necessario l’isolamento.

E proprio per le sue condizioni mentali, durante i due gradi di processo per l’omicidio di Delfino, il 35enne non era stato condannato all’ergastolo a cagione della sua volontà grandemente scemata dalla malattia mentale.

Ora la Procura di Viterbo vuole vederci chiaro e per questo motivo ha chiesto il rinvio a giudizio di due dirigenti del carcere di Viterbo. L’udienza preliminare si svolgerà il 30 marzo con il giudice che dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta del pm.

«La famiglia del congiunto ucciso reclama giustizia – ha commentato intanto l’avvocato Pirrone – Questo nuovo processo bis sulla morte di Delfino è destinato a fare definitivamente chiarezza sulle circostanze relative alla vicenda e sull’eventuale individuazione delle responsabilità della struttura carceraria nella determinazione dell’evento».

 


PRESUNZIONE DI INNOCENZA – Il soggetto indagato è persona nei cui confronti vengono effettuate indagini durante lo svolgimento dell’azione penale; nel sistema penale italiano la presunzione di innocenza è tale fino al terzo grado di giudizio e la persona indagata non è considerata colpevole fino alla condanna definitiva.