Una durissima lettera che i candidati sindaco dovrebbero leggere e tenere come vademecum per il loro prossimo mandato
VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo: Con l’intento di evitare che spiacevoli episodi come quello di cui sono stata vittima questa mattina (ieri, ndr) possano ripetersi in futuro, utilizzo il prezioso mezzo dell’informazione per aiutare chi si trova nella mia stessa condizione.
Sono una donna di 40 anni non autosufficiente, grazie ad un sussidio comunale posso avere alcune ore di assistenza mensili che ho affidato alla Cooperativa Sociale “Il Cerchio” di Viterbo.
L’assistenza offerta dalla Cooperativa dalla metà di Febbraio ad oggi è stata sempre caratterizzata da difficoltà e problematiche legate soprattutto a un continuo avvicendamento di personale per criticità interne all’organizzazione o proprie delle OSS (operatore socio sanitario).
Che si sia trattato di difficoltà fisiche, emotive, pratiche o gestionali della cooperativa e della sua squadra di lavoro, ho dovuto comunque condividere momenti di assistenza intima con cinque persone nell’arco di poche settimane, una turnazione non piacevole da sperimentare.
Il programma è stabilito. Il contratto è firmato. I fondi arrivano ma oggi io sono rimasta inutilmente in attesa dell’operatrice per più di un’ora e nessuno si è fatto vivo. Nessuno mi ha avvisato. Ho chiesto assistenza per un’ora ogni mattina così da essere aiutata nel soddisfacimento delle naturali necessità fisiologiche. Oggi però, all’ora prestabilita, non è arrivato nessuno.
Non avendo avuto nessun tipo di avviso ho provato a contattare la Coordinatrice sia per messaggio, che non è stato neppure visualizzato nonostante i frequenti accessi su Whatsapp, sia per telefono, ma nessuna delle mie chiamate ha avuto risposta. Neppure il telefono fisso della Cooperativa sembrava funzionare.
Se ho richiesto un servizio di assistenza, se il Comune eroga fondi è perché c’è una reale necessità.
La mancanza della Cooperativa “Il Cerchio” questa mattina ha portato a conseguenze che avrei preferito non vivere e che non descrivo per non aumentare ulteriormente il senso di imbarazzo, vergogna e disagio che ho dovuto provare di fronte ai miei colleghi.
Sono stata costretta a chiamare aiuto e ad abbandonare il posto di lavoro per essere assistita.
Solo dopo qualche ora ho ricevuto un messaggio di scuse nel quale si specificava comunque l’impossibilità della sostituzione dell’operatrice e quindi della continuità del servizio, del quale ancora non so se potrò usufruire nei giorni a venire.
Che non si parli di solidarietà, umanità, comprensione, pietà, compassione e nulla di tutto ciò. Si parli piuttosto della fine che fanno i fondi stanziati per la disabilità quando vengono gestiti con metodi che, nel caso specifico di oggi, non hanno nulla a che fare né con le finalità per cui vengono erogati né con i criteri di accreditamento. Si parli di professionalità, quella vera.
Ci tengo ad invitare amici e parenti delle persone con disabilità che non possono esprimere il proprio disagio a tenere sempre gli occhi aperti, che non si pensi che affidandosi alle realtà del settore si può stare tranquilli e ci si può fidare, perché non è così.
Lettera firmata