Regione Lazio e Sovrintendenza in guerra nella Tuscia per colpa del fotovoltaico

Due miliardi di investimenti sull’energia “pulita” il motivo del contendere. Migliaia di ettari di terreni diventeranno specchi per il sole

ROMA – Alcune società energetiche dell’Alleanza per il fotovoltaico sono pronte a investire fino a due miliardi di euro per un impianto fra Tarquinia e Bolsena. Il problema la burocrazia. Da una parte la Sovrintendenza ai Beni Culturali che vuole difendere i territori della Tuscia dileggiati da miglia di ettari di pannelli fotovoltaici e la Regione Lazio che, Tosini docet, è pronta a favorire gli investimenti a “tappeto” delle multinazionali dell’energia che dicono essere “pulita”.

Oltre la metà delle 25 società energetiche facenti capo all’associazione “Alleanza per il fotovoltaico” è pronta a investire fino a due miliardi di euro per la realizzazione di impianti attorno al bacino idrografico del torrente Arrone.

Quando entrerà in funzione si stima sia in grado di produrre due gigawatt di corrente ecologica.
Il problema è che nella Tuscia si producono già circa 60 gigawatt. La Soprintendenza per i Beni culturali e paesaggistici si è opposta all’iniziativa, chiedendo alla Regione di estendere il vincolo ambientale già presente nello spazio compreso tra i Comuni di Arlena di Castro, Canino, Cellere, Piansano, Tessennano e Tuscania.

Dichiarata di notevole interesse pubblico nel lontano 1985, l’area comprende già la Selva del Lamone, Valle del Fiora, la fascia costiera di Montalto di Castro e Tarquinia, nonché la conca del lago di Bolsena. L’allargamento chiesto a tutela del patrimonio ambientale impedirebbe la costruzione dei nuovi pannelli solari.

La Regione Lazio, manco a dirlo, lunedì scorso si è espressa negativamente in merito alla richiesta della Soprintendenza. Nella risposta si legge che, secondo i loro esperti, «non si ravvisa la necessità di apporre nuovi ulteriori vincoli, esprimendo pertanto un parere non favorevole alla proposta». Nello specifico «si rileva un’eccessiva estensione del vincolo, oltre 20.000 ettari» e la zona «risulta essere già sufficientemente tutelata paesaggisticamente».

Quello rilasciato dalla Pisana, però, è solo un pronunciamento che non risolve il contenzioso. A mettere la parola fine alla vicenda invece dovrà essere il ministero dei Beni culturali che con Franceschini, in più di una circostanza, ha dato pareri negati a progetti così impattanti.

Nel frattempo, però, i vincoli di salvaguardia hanno fatto scattare in automatico il blocco delle autorizzazioni per altri 180 giorni.