Se tutto procede in norma di legge (con lui tutto può variare) si andrà al voto il 22 gennaio del 2023
ROMA – “Non dipenderà da me, non sarò candidato, ma quello che posso augurarmi è che prevalga, com’è prevalso in questi mesi, un senso e uno spirito di collaborazione perché abbiamo fatto e stiamo facendo un grande lavoro.
Mi auguro che si apra un confronto a partire da questo patrimonio comune di cose fatte. Ma non ci sarò io, è un augurio che faccio a chi dovrà prendere il testimone per la prossima sfida”. Così Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio ed ex segretario del Pd, a margine del Social Football Summit in corso allo Stadio Olimpico, guarda alle prossimo cambio alla guida della Regione.
Evidentemente ancora non è pago sulle macerie che lascerà nelle mani di chiunque avrà la sfortuna di ereditare la sua poltrona.
In dieci anni lo hanno visto poco. Si è fatto i comodi propri in tutti i sensi. E’ uscito indenne da scandali di ogni genere (o era malato, o assente, o non capiva).
Ha lasciato la Regione Lazio in mano ai predoni e i vari terremoti giudiziari hanno pensato al resto. Come dimenticare il capolavoro sui rifiuti?
Come dimenticare le mascherine? I concorsi nella Asl o la nomina dei dirigenti?
Insomma un politico totalmente incapace che oggi si assicura l’ennesima immunità traslocando alla Camera dei Deputati.
Ma M5S alza l’asticella: non sarà facile dialogare con noi.
“Campo largo” e “modello Lazio”. Le prossime elezioni regionali del Lazio per il centrosinistra ruoteranno intorno a questi perni, nel tentativo di quadrare il cerchio e mantenere il comando in via Cristoforo Colombo. Nicola Zingaretti, dopo quasi dieci anni, fra qualche giorno lascerà la poltrona di governatore per tornare alla Camera, scatterà così la corsa per il prossimo turno elettorale nel Lazio, presumibilmente a gennaio o, al massimo, febbraio.
Archiviato il voto del 25 settembre, i partiti già scaldano i motori e questa regione sarà il primo banco di prova dopo la vittoria schiacciante del centrodestra trainato da Fratelli d’Italia che le urne hanno restituito ieri, una possibile occasione di rivalsa per il Pd e il centrosinistra. Il voto nazionale fa specchio riflesso nel Lazio. La destra avanti, il Pd che arranca, il Movimento 5 Stelle che resiste. E ora a sinistra si cercano soluzioni e ricette per tamponare le ferite e affrontare il voto regionale, una ricetta che per molti esponenti del Pd è già lì, il “modello Lazio”, l’esperimento voluto da Zingaretti. Lo scorso anno con un rimpasto di giunta il governatore allargò il governo ai 5 Stelle affidando a Roberta Lombardi e Valentina Corrado due assessorati, la Transizione ecologica e il Turismo. Un accordo fondato su un programma che sta accompagnando da allora la giunta regionale, mentre in Consiglio alla Pisana siedono fianco a fianco il Pd e i progressisti insieme al Movimento 5 Stelle e ad Azione-Italia Viva.
E nel commentare il risultato delle politiche Bruno Astorre, segretario del Pd nel Lazio, ha indicato proprio questa via per la Regione. “L’ho sempre pensato, detto e ripetuto come fosse un mantra: serve un Pd plurale che sia la guida della parte più riformista del Paese e capace di parlare e includere più anime.
Ripartiamo da cosa ci unisce e non da cosa ci divide” ha detto indicando la via: correre uniti nel solco del “modello Lazio” e, numeri delle urne laziali alla mano, ha spiegato: “Pd e Progressisti 26,13%, M5S 17,74%, Azione-Italia Viva 8,54%.
Dunque, il Modello Lazio 49,41%, il centrodestra 44,90%. Uniti si può vincere” ha esortato.
Nicola Zingaretti è tornato a ribadire la sua ricetta, la strategia che aveva costruito da segretario del Pd. “Il problema non era il campo largo. Ma non averlo avuto. Divisi si perde tutti. La destra entra a Palazzo Chigi e deve riflettere chi per 3 anni non ha fatto altro che picconare in maniera ossessiva e miope questa idea e in genere la cultura unitaria del Pd”, ha detto il governatore che, pensando alle regionali, ha aggiunto:
“Organizziamoci per i prossimi appuntamenti a cominciare dalle prossime amministrative e regionali tornando ad uno spirito aperto. Cerchiamo tutti l’unità, il confronto per costruire e vincere e non la frammentazione”.
Dunque “campo largo” e “modello Lazio” i perni che, per molti a sinistra, potrebbero invertire il flusso di voti a favore della destra. Ma il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte di questo campo largo cosa dice? Nel commentare i risultati delle politiche sul caso Lazio è stato chiaro: “Ogni situazione va ponderata caso per caso” e per valutare “la situazione Lazio c’è un po’ di tempo ma sicuramente, a questo punto, poniamo una asticella molto alta dappertutto – ha avvertito – abbiamo accumulato molta esperienza sul comportamento del gruppo dirigente del Pd e diciamo che non sarà facile, voglio avvertirli, dialogare con noi”.
Dunque, i prossimi 3 mesi si preannunciano bollenti per il centrosinistra laziale e sarà fondamentale tessere alleanze e dialogare. Stando ai rumors, l’idea di affidarsi alle primarie per scegliere un candidato del Pd sembra tramontata. I nomi che circolavano prima della crisi del governo Draghi, ovvero Daniele Leodori e Alessio D’Amato, sembrano esser ancora sul tavolo, ma il voto del 25 settembre ha scompigliato le carte – mormorano dalla Regione. Ad oggi la situazione chiara appare guardando a destra, dove il partito di Giorgia Meloni ha “preso tutto” e la vittoria schiacciante fa ritenere che sarà proprio FdI ad indicare chi correrà per la poltrona di governatore.