VITERBO – Nella mattinata odierna, i Carabinieri del Comando Provinciale di Viterbo, con il supporto della componente specialista dell’Arma, rappresentata nel caso di specie dal locale Nucleo Ispettorato del Lavoro, su delega di questa Procura, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza dispositiva di misure cautelari reali, emessa dal G.I.P. di Viterbo, per l’ipotesi delittuosa di sfruttamento del lavoro nei confronti di un imprenditore agricolo del posto, titolare di un’impresa individuale.
Secondo le risultanze investigative, condivise dal G.I.P., nel periodo compreso tra il 2017 e gli inizi del corrente anno, l’imprenditore – chiamato a rispondere del delitto di cui all’art. 603 bis co. 1 n. 2, co. 3 n. 1-2, co 4 n. 1 del codice penale – ha assunto alle proprie dipendenze numerosi cittadini stranieri (prevalentemente provenienti dai paesi africani), sottoponendoli a condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno.
In particolare, gli operai, impiegati nella lavorazione dei campi, sono stati sottoposti a condizioni lavorative caratterizzate da lunghissimi turni di lavoro (dall’alba al tramonto, anche fino a tredici ore al giorno), dall’esposizione alle intemperie e talvolta, dalla mancata fruizione del giorno di riposo settimanale, ferie e malattie retribuite e dalla corresponsione di remunerazioni palesamenti difformi rispetto ai dettami dei contratti nazionali e provinciali, mentre i salari venivano, in parte, corrisposti mediante bonifico ed in parte, “in nero”.
Per quanto riguarda lo stato di bisogno dei lavoratori, che rappresenta un altro elemento costitutivo del delitto provvisoriamente contestato, si ribadisce che gli stessi provengono da paesi poverissimi e con una disastrosa situazione sociale e politica e per lo più sono giunti in Italia dopo lunghi e rischiosi viaggi che comprendono, in alcuni casi, l’attraversamento del Mediterraneo dalla Libia, pericoli cui si sono ovviamente esposti perché mossi dall’impellente necessità di trovare un lavoro, mediante il quale percepire risorse necessarie a garantire il proprio sostentamento, nonché quelli delle famiglie rimaste nei paesi d’origine.
L’attività investigativa è stata sviluppata per mesi attraverso acquisizioni documentali, l’escussione di tantissimi dipendenti, servizi di osservazione, accessi ispettivi ed altre iniziative di polizia giudiziaria che hanno permesso di documentare anche che i lavoratori non venivano dotati di calzature e vestiti idonei da utilizzare in caso di pioggia e non venivano rispettate le condizioni di sicurezza per gli spostamenti degli stessi a bordo di mezzi agricoli, con conseguente grazie rischio per la loro incolumità.
È stato inoltre accertato che, in talune circostanze, il lavoratore che protestava, per avere migliori condizioni lavorative, reddituali o relative alla fruizione del previsto riposo, veniva minacciato di licenziamento. L’indagato, però, non si limitava ad allontanare gli operai che avevano effettuato delle rimostranze, ma si adoperava affinché altri imprenditori, che operano nello stesso settore, non assumessero i lavoratori da lui allontanati o che li licenziassero qualora li avessero inconsapevolmente assunti.
Il G.I.P., quindi, sulla base del quadro indiziario rappresentato, ha emesso l’ordinanza in premessa indicata, con la quale è stato disposto il sequestro preventivo, funzionale alla confisca, della somma di circa 540.000 euro, costituente il profitto dell’attività delittuosa in contestazione ed il controllo giudiziario dell’impresa agricola di cui l’indagato ne è titolare. Tale provvedimento, adottato in luogo di un sequestro preventivo, attraverso l’affiancamento di un amministratore giudiziario all’imprenditore, da una parte, ha la finalità di evitare ripercussioni negative sui livelli occupazionali dell’impresa o di compromettere il valore economico del complesso aziendale, dall’altra parte, di evitare che si verifichino situazione di grave sfruttamento lavorativo.
L’inchiesta in questione ha interessato un settore ed una fenomenologia da sempre inseriti tra gli obiettivi prioritari di questa Procura della Repubblica, come evidenziato anche in precedenti analoghe indagini i cui risultati sono stati resi noti lo scorso anno.
I fatti oggetto del procedimento penale de quo risultano avere una particolare rilevanza pubblica. Infine, si ritiene opportuno richiamare il principio giuridico secondo il quale: «Il soggetto indagato è persona nei cui confronti vengono fatte indagini durante lo svolgimento dell’azione penale; nel sistema penale italiano la presunzione di innocenza, art 27 Costituzione, è tale fino al terzo grado di giudizio e la persona indagata non è considerata colpevole fino alla condanna definitiva».