Grattacielo d’oro della Provincia: “Fu una truffa e non solo”, a leggere la determina di Città Metropolitana Zingaretti andrebbe esiliato

Udienza preliminare posticipata al 28 febbraio. Il presidente uscente della Regione Lazio ha dissipato le casse degli enti dove la politica lo ha messo. L’ennesima vergogna taciuta in campagna elettorale. Domani la grande occasione di cacciare i mercanti dal Tempio

di Eliano Amando

ROMA – Dopo la magistratura contabile, quella penale. La procura di Roma ha chiuso l’inchiesta sul palazzo della Provincia di via Ribotta, all’Eur.

Un grattacielo da 32 piani realizzato dalla Europarco di Luca Parnasi, il costruttore arrestato per corruzione, che è stato venduto nel 2012 alla Città Metropolitana. Una vicenda che per i magistrati di piazzale Clodio ha una sola definizione: truffa.

La storia inizia nel 2007 quando la Provincia si mette a cercare una sede unica per tutti i suoi uffici. Nel 2009, il presidente è Nicola Zingaretti, si decide di comprare, mediante locazione con opzione d’acquisto, una delle due torri di Parnasi all’Eur, per farlo viene creato un fondo ad hoc e vengono messi in vendita alcuni immobili prestigiosi in giro per la città, tra cui le caserme dei carabinieri di piazza del Popolo e piazza San Lorenzo in Lucina. Nonostante una perizia dei Vigili del fuoco dichiari l’immobile inagibile, la Provincia lo vuole comunque e a un prezzo non certo d’occasione: 263 milioni di euro.

L’affare, secondo i magistrati, si basa su “artifizi e raggiri” ai danni dell’istituzione. Che partono con una falsa perizia in cui si attesta che i lavori sono finiti, ma così non è. Non c’è solo questo: le pm contestano anche una serie di “inganni” alla Provincia che viene tenuta all’oscuro, secondo l’accusa, di tutta una serie di stipule e contratti con conseguenti modifiche delle condizioni contrattuali. Che, ovviamente, si fanno sempre più svantaggiose per l’amministrazione.

Non sono bastati per realizzare la nuova sede della Provincia poi Città metropolitana di Roma (per la quale erano già stati espropriati i terreni a Pietralata presso cui oggi Gualtieri vuole il nuovo stadio) i 263 milioni di Euro fatti gravare sul contribuente dalla Giunta di Nicola ZINGARETTI quand’era Presidente della Provincia di Roma al fine di far comprare su carta dalla società del costruttore PARNASI il grattacielo allora (cioè nel 2010, anno del contratto preliminare sottoscritto impegnando la mostruosa cifra senza andare dal notaio) inesistente, successivamente realizzato da Parnasi, con una miracolosa DIA (manco fosse una tettoia!) sempre del 2010 su terreni degli ex Cavalieri di Catania (poi risultati a massimo rischio di esondazione secondo l’Autorità di Bacino), tenuti allagati per mesi nel 2010 dopo la scoperta dei resti murari integri della megavilla romana appena avviato il cantiere e scavata con 4 ruspe (altro che metodo stratigrafico!) e per i quali la Soprintendenza archeologica aveva incredibilmente dato il nullaosta preventivo.

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Non è bastato che a stipulare il contratto definitivo alla fine di dicembre 2012 pochissimi giorni dopo che Zingaretti si era dimesso anticipatamente per candidarsi alla Pisana sia stata una società che contemporaneamente figurava come rappresentante di parte venditrice e come mandataria del Fondo immobiliare chiuso fatto costituire ad hoc dalla parte acquirente (per decisione della Giunta provinciale su parere di Risorse per Roma e con avviso non conforme dell’Autorità antenata dell’ANAC), non prima che la Giunta Zingaretti avesse previamente deliberato di spogliare la Provincia a favore dell’acquirente (più precisamente del vincitore della gara provinciale per la gestione del fondo vinta casualmente dal mandatario del del venditore) del potere tipico di qualunque promittente acquirente di eccepire eventuali vizi dell’immobile fino al rogito, immobile che fino a metà dicembre 2012 non era ancora divenuto di proprietà del Fondo Provinciale e che, non avendo ricevuto l’agibilità, ben poteva e doveva essere oggetto di rinuncia senza che si rischiasse responsabilità contrattuale. La palese situazione di conflitto di interessi è stata ravvisata dalla Procura della Corte dei Conti. Ma un colpo di spugna del giudice contabile in primo grado ha finora sollevato tutti, politici e burocrati, da ogni addebito.

Non è bastato che al momento del rogito del dicembre 2012 il grattacielo ancora mancasse dell’agibilità certificata dai Vigili del Fuoco, giunto condizionato e solo in un secondo momento.

Non sono bastate le condizioni apposte nella perizia geologica circa la sicurezza collegate al rischio compressione del suolo a fronte del necessario mantenimento del livello della falda idrica sottostante.

Non è bastato che l’immobile sia stato dato in gestione a titolo oneroso al Fondo amministrato dalla società privata di cui sopra e che la Provincia/Città metropolitana lo abbia subito occupato come comodataria del Fondo divenendo viceversa inquilina per i palazzi provinciali fatti conferire nel Fondo, quando non svenduti, per racimolare i soldi occorrenti per saldare il prezzo del grattacielo.

Con le mascherine un vero capolavoro per Zingaretti

Non è bastato che per un grattacielo giudicato come in regola al momento dell’acquisto definitivo il dirigente provinciale/metropolitano promosso con aumento stipendiale (e poi previdenziale) sia da Zingaretti nel 2010 che da Raggi nel 2021 nonostante una pregressa condanna in Cassazione a 18 mesi di reclusione mai scontati per violenza sessuale aggravata compiuta in servizio abusando della qualità di pubblico ufficiale al Comune sotto Veltroni (condanna che in sede di comparazione obbligatoria dei curricoli dirigenziali avrebbe dovuto pesare) abbia fatto spendere altre decine di migliaia di euro per sostituire i cavi arrugginiti degli ascensori fatti ugualmente usare per anni al personale provinciale/metropolitano.

Zingaretti sotto inchiesta per le mascherine mai consegnate alla Regione: danno da 11 milioni

Non è bastato che a leggere le delibere di acquisto la parte dirigenziale abbia scaricato sulla parte politica e viceversa l’atto decisionale cosiddetto volitivo che per legge è indispensabile per l’acquisto dell’immobile da parte della Città metropolitana.

Non è bastato che appena Salvatore Buzzi raccontò di aver appreso dall’ex Comandante esterno della Polizia provinciale, parente di politici PDS-PD e già precondannato per droga e assegni a vuoto (poi nominato al Tavolo Nazionale Immigrazione e infine autorevolissimamente consigliato per il Cara di Mineo, infine reo confesso di essere su libro paga anche di associazione a delinquere non più mafiosa a 5000, poi 10000 poi 20000 euro al mese che si sommavano in nero al lauto stipendio pubblico), come per il grattacielo fossero state pagate fior di mazzette riscosse per un notissimo politico parente di ben 2 investigatori tv da un imprenditore comproprietario o socio del proprietario di appartamenti in Via Colombo dati in uso a 2 Comitati politici di 2 candidati Presidenti Buzzi stesso sia stato ritenuto non attendibile e sia stato lasciato per anni ibernato al confino presso la Selva di Teutoburgo e che accusatore e difensore del medesimo Buzzi oggi si trovino per puro caso a giocare nella squadra di Oltre Tevere.

NICOLA ZINGARETTI

E dunque non è bastato che, grattando grattando, dalla storia del grattacielo di Via Ribotta all’Eur-Torrino escano fuori vicende sempre più curiose, al punto che ci prendiamo la licenza di parlare di ‘gratta-grattacielo’.

No, tutto questo non è bastato.

Oggi salta fuori che in data 8 febbraio 2023, cioè l’altro ieri, la telenovela del grattacielo di Zinga si sia arricchita di una nuova puntata.

Informati dalla Determinazione della Città metropolitana governata da Gualtieri a firma del Capo dell’Avvocatura Dott. Valerio De Nardo e dal Ragioniere Capo Dott. Antonio Talone che il contenzioso contabile sul grattacielo prosegue, e che «per quanto riguarda invece i profili penali, risulta essere stata attivata dalla Procura della Repubblica un’indagine a carico di 13 persone per truffa nei confronti della Provincia/CMRC, individuata quale parte lesa, e da ultimo risulta pendente una richiesta di rinvio a giudizio, con udienza preliminare svoltasi il 17 gennaio 2023 e rinviata al 28 febbraio 2023; che il contenzioso civile ha visto invece un momento di accertamento in primo grado avvenuto con sentenza n. 2681 del 15/02/2021, la quale ha riconosciuto l’esistenza di un consistente danno a carico di CMRC e del Fondo “Provincia di Roma”, ma anche un concorso di colpa di Provincia/CMRC, che è stato contestato dall’Ente mediante proposizione di appello, la cui prossima udienza di discussione è fissata al 30.11.2023», cioè informati in buona sostanza (come direbbe lo zio di Jonny Stecchino) che la Città metropolitana figura al momento come vittima e colpevole della vicenda grattacielo, i capoccioni di Palazzo Valentini hanno ritenuto di far sborsare altri soldi al contribuente asserendo che l’Avvocatura metropolitana non è all’altezza del compito, che consiste nel valutare se costituirsi parte civile nel procedimento penale contro i dirigenti e gli altri indagati per lo scandalo del grattacielo.

La cifra, poco più di 12000 euro per un parere pro veritate, in verità non è esosa. Ma pare ridicolo che la Città metropolitana, governata da Gualtieri in base alla legge Renzi-Delrio che la Corte Costituzionale ha già tacciato di dubbia costituzionalità, non abbia avvocati in grado di stilare un parere.

Parnasi dopo l’affare se la ride

Circa il timore che un parere redatto direttamente dall’Avvocatura metropolitana incappi in un conflitto di interessi per dover scrivere cose che potrebbero nuocere a colleghi dirigenti o favorire gli stessi l’argomento fa sorridere, se si vede che il dirigente cofirmatario per il profilo contabile Antonio Talone risulta dirigente finanziario di Palazzo Valentini dal 2008, Viceragioniere generale della Provincia/Città metropolitana dall’inizio del 2012, dirigente responsabile della spesa dal 2013, ecc. ecc. Dunque ha ricoperto ruoli che non gli consentirebbero di affermare ‘non so nulla del grattacielo di Zinga’.

Perché non si è astenuto dal firmare, lui che ha avallato un atto motivato tra l’altro sulla base di un possibile conflitto di interessi?