Il prof Unitus Luigi di Gregorio dietro l’elezione di Francesco Rocca

Conversazione con il prof. Luigi Di Gregorio, docente in Scienza Politica all’Università della Tuscia di Viterbo e spin doctor del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca

Le elezioni regionali hanno decretato la vittoria, sia nel Lazio che in Lombardia, della coalizione di centro destra. Un momento d’oro, soprattutto per Fratelli d’Italia che si impone come primo partito in entrambe le Regioni. Un successo che ha anche un connotato storico: Fratelli d’Italia supera il PD anche nel centro di Roma, la ZTL, un tempo feudo della sinistra. Una svolta a destra che deve, però, fare i conti con un tasso di astensione molto elevato.

Di tutto questo ne abbiamo parlato con il prof. Luigi Di Gregorio, docente di Scienza Politica presso l’Università della Tuscia di Viterbo e spin doctor del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca.

Lei ha collaborato alla campagna elettorale, di successo, di Francesco Rocca. Quali sono stati i temi sui quali ha puntato per vincere?

Il primo punto programmatico è stata la sanità extra covid. Infatti era abbastanza scontato che D’Amato puntasse sulla gestione del Covid. Ricordiamo che buona parte del bilancio delle Regioni è assorbito dalla sanità. Bisognava controbilanciare su quel tema. Tanto più dopo 10 anni di amministrazione di centro sinistra. Poi abbiamo puntato sullo stato delle infrastrutture. Ci sono storie incredibili: la chiusura dell’anello ferroviario di Roma era previsto nel 1930, non è ancora stato chiuso, la Roma – Pontina ha avuto la prima delibera regionale 50 anni fa, e addirittura la ferrovia Roma – Rieti, che non esiste, era prevista dal 1879. Ora non doveva fare tutto la giunta uscente, però qualcosa poteva fare. Un’altra cosa, importante, è che siccome il candidato non era molto noto, abbiamo cercato di evitare che passasse la definizione del candidato data dagli avversari. Cosa che invece è successa con Michetti un anno e mezzo fa. La stampa “non amica” era partita con una narrazione legata a vicende di 40 anni fa, a precedenti penali. Noi abbiamo cercato di far uscire il più possibile i 40 anni successivi: a partire dalla presidenza della croce rossa internazionale. Poi, ultima cosa, siccome abbiamo capito che l’elezione non era molto sentita dai cittadini e Francesco Rocca è stato abile nei confronti, abbiamo fatto una cosa che va in controtendenza rispetto a quanto suggerito dai manuali di campaning: anche se eravamo avanti nei sondaggi abbiamo fatto tanti confronti elettorali con gli avversari.

Nel Lazio i votanti si sono formati al 37 e due in Lombardia al 41 e 67. Che ci dicono questi numeri?

Confermano un trend che va avanti da decenni e non solo in Italia. La tendenza è quella, non è una novità. Sul dato in sé, ovviamente, fa impressione il confronto con le precedenti elezioni. Però sia nel 2018, che nel 2013 in Lombardia e nel Lazio ci furono le elezioni politiche. Quindi il dato era alterato, a dirla tutta. Se noi guardiamo per esempio al 2010, è stata l’ultima volta in cui le regionali nel Lazio sono state fatte da sole, la partecipazione era già 60%. E all’epoca il tasso di partecipazione era mediamente più alto. Questo ci dice due cose. Primo che la tendenza alla disaffezione è cronica e continua. Poi forse la Regione non è proprio un’istituzione molto sentita. Le politiche hanno ancora i tassi di partecipazione più alti perché mobilitano di più, e sono anche quelle più visibili, più mediatiche. Le comunali, tutto sommato diciamo hanno un appeal legato al fatto che, bene o male il sindaco lo si conosce, non nelle grandi città, però insomma, c’è un rapporto con l’amministrazione. La Regione è un ente intermedio che fatica un po’ di più a essere percepito dai cittadini.

Dunque nessuna sorpresa.

No, io non sono sorpreso dal dato perché appunto è un dato che non va comparato al 2018 o al 2013. Va comparato al 2010. Certo, c’è un bel calo pure rispetto ad allora, però si inserisce in quel trend, ecco.

Dai risultati Fratelli d’Italia risulta essere il primo partito sia nel Lazio che in Lombardia. Questo dato cambia la relazione con i partner di maggioranza al Governo?

Diciamo che nel Lazio scontato, in Lombardia dopo le politiche, secondo me anche. Perché comunque anche alle politiche in Lombardia Fratelli d’Italia è stato nettamente il primo partito. Quindi questo se lo aspettavano anche lì. Di fatto, quindi, in Lombardia Fontana ha un’azionista di maggioranza diverso rispetto a prima, non è più la Lega il partito trainante, ma Fratelli d’Italia, e questo magari può creare degli equilibri nuovi, però io non credo che a livello di Governo nazionale e di maggioranza nazionale cambi nulla. Fino a quando Fratelli d’Italia è nettamente più forte dei partner, non conviene proprio ai partner agitarsi. Se a un certo punto dovesse cominciare un calo di consensi di Fratelli d’Italia stabile, quindi non oscillante, allora le cose potrebbero cambiare. Però allo stato attuale, non cambia niente.

Fratelli d’Italia, primo partito anche nel centro di Roma, che è un po’ un’inversione di tendenza.

Quella è una novità. A Milano ha tenuto il centrosinistra, a Roma no, questa è una novità anche rispetto alle politiche. Perché alle politiche nel Comune di Roma ha preso il 36%, e invece stavolta ha preso oltre il 40, il centrosinistra ha preso il 33 ma con Calenda all’11. Il centrosinistra era andato meglio a settembre a Roma, e forse non di poco. E invece adesso questo trend si è invertito, ma lì credo che conti molto il fatto che c’è stata proprio una de-mobilitazione dell’elettorato di sinistra.

Come mai?

È legato al fatto che il partito principale è senza un leader di fatto da fine settembre, poi è in fase congressuale e ricostituente. Quindi faticano.

Però tutto sommato il PD ha tenuto.

Sì, li secondo me contano due cose. Calenda e Conte hanno provato, evidentemente correndo da soli dove in teoria erano più forti, quindi Calenda in Lombardia e Movimento 5 Stelle nel Lazio, a dare una spallata al PD, a fare l’OPA sul PD. Però gli è venuta male perché alle regionali, dove contano molto le truppe, perché c’è il voto di preferenza, con un tasso di partecipazione molto basso, conta l’elettorato di “apparato”. Alla fine se il PD ha retto molto meglio di loro perché ha più apparato. Azione, è un partito nuovissimo, il Momento 5 Stelle l’apparato non l’ha mai avuto. Hanno fatto male i conti. Ecco, probabilmente hanno scelto le elezioni sbagliata per provare questo assalto. Nella sconfitta, che è netta del centrosinistra, il Pd non ne esce malissimo, se non altro ha rintuzzato i colpi dei due competitor di campo.

Come valuta il risultato della Lega?

Meglio dei sondaggi. Nel Lazio era data da alcuni al 4, da altri al 5 a un certo punto ne girava uno che la dava al 3,8. Credo per la stessa ragione di prima, se avesse votato più elettorato di opinione e meno elettorato “tifoso”, la Lega sarebbe andata peggio perché l’opinione ora spinge verso Fratelli d’Italia. Come ha tenuto Forza Italia, specie nel Lazio, rispetto ai sondaggi hanno ottenuto quasi il doppio.

Fratelli d’Italia ha da poco archiviato una polemica sul dissing di Fedez ai danni di Bignami. Che peso hanno le esternazioni degli artisti e degli intellettuali sul voto?

In questo caso non ha inciso per niente perché è stato un voto molto legato ad elettori che avevano già deciso. Il voto di opinione è quello che può cambiare, in queste elezioni ce n’è stato pochissimo. Il tipo di polemica non è una novità, quest’anno ha fatto più rumore perché FdI è al Governo. Ma il punto è sempre lo stesso, la cultura, anche pop, ha un atteggiamento pregiudiziale nei confronti della destra e della cultura conservatrice. E ogni volta lo si fa pesare. E questo non è vero solo il Italia ma in tutto l’occidente c’è questa querelle. Quando si candidò Trump, a parte Clint Eastwood, erano tutti dall’altra parte.

Dato che questo è il momento d’oro di Fratelli d’Italia, e lo dicono le urne, quanto conviene a FdI contrastare il dissenso, anche se viene articolato in maniera scomposta com’è accaduto sul palco dell’Ariston?

Su certi temi Fratelli d’Italia non cambierà atteggiamento. Siccome la gran parte della distinzione che si può fare tra destra e sinistra è legata ai temi LGBT, multiculturalismo, ambientalismo, temi da sinistra liberal, su quel fronte non credo che l’atteggiamento cambierà. L’atteggiamento sarà sempre di reazione rispetto a certe, “provocazioni”, chiamiamole così. Perché sono tratti identitari. In altri casi, e penso alla querelle “Del Mastro – Donzelli”, e penso soprattutto all’intervento di Donzelli in aula, io ci ho visto un’abitudine a intervenire da membro dell’opposizione. Fratelli d’Italia, da quando è nata, ha fatto 10 anni di opposizione e solo 5 mesi di Governo. Quindi nello stile e nei toni lì c’è da lavorare e si può migliorare. Però sui tratti più distintivi e identitari io credo che, grosso modo, non cambierà perché serve a marcare la distanza dagli altri.

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