Termine dispregiativo al posto di «gay» è ritenuto diffamazione: la sentenza della Corte di Cassazione

«I froci sono così, bisogna rassegnarsi, stanno riuscendo a sessualizzare pure il club dello Sci.G Milano, non si riesce ad andare oltre». Questa era la frase che un utente di Twitter, due mesi fa aveva scritto in un tweet. Una frase che contiene un termine dispregiativo, usato al posto del termine corretto, cioè gay oppure omosessuale, per il quale LoSci.G Club Gay Milano Lgbtqia+ aveva sporto querela.

La procura, facendo riferimento a precedenti sentenze della Corte di Cassazione ha stabilito che quel termine, è diffamatorio nei confronti del destinatario, motivo per cui l’utente social che lo aveva scritto ha commesso un reato, scrive il Corriere della sera.

C’è invece un altro recente precedente, in cui un transessuale, aveva usato lo stesso appellativo, diretto ad un politico con cui asseriva di aver intrattenuto una relazione, che a sua difesa aveva detto che ormai quella parola  «avesse perso, per l’evoluzione della coscienza sociale, il suo carattere dispregiativo».

Monica Cirinnà

La Cassazione, invece, si è opposta a quella considerazione di carattere difensivo, perché secondo i magistrati della Suprema Corte, la parola «oltre che chiara lesione dell’identità personale» è anche «veicolo di avvilimento dell’altrui personalità», e che «tale sia percepito dalla stragrande maggioranza della popolazione italiana».