Confisca da dieci milioni a famiglia di imprenditori e al figlio 45enne, si arricchivano smaltendo illegalmente i rifiuti tossici

Gestivano illecitamente ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi che venivano trasferiti in una discarica abusiva sita in Aprilia

ROMA – Proventi illeciti, conseguiti attraverso l’irregolare smaltimento dei rifiuti. Per questa ragione sono stati confiscati a una famiglia di imprenditori beni per un valore complessivo di dieci milioni di euro.

Nel mirino della polizia, che ha dato seguito a un decreto di sequestro emesso nell’ottobre 2022, sono finiti un 79enne, la moglie e il figlio di 45 anni.

Si tratta di Maria Pia Faraoni, Giuseppe De Rosa e Nicola De Rosa.

L’operazione di questa mattina è stata eseguita dalla divisione anticrimine della polizia di Stato e dal servizio centrale anticrimine in seguito al provvedimento di confisca, non ancora definitivo, emesso ai sensi della normativa antimafia dal Tribunale Sezione Misure di Prevenzione di Roma, su proposta congiunta del Procuratore della Repubblica di Roma e del Questore di Roma.

La confisca include: quote e intero patrimonio aziendale di tre società del settori del trattamento dei rifiuti e del commercio di materiali ferrosi; 22 fabbricati siti a Roma, Pomezia, Marino e Ardea (RM), Aprilia e Fondi (LT), Magliano dei Marsi (AQ), Sgurgola(FR); 10 terreni distribuiti tra Roma, Ardea, Fondi (LT); un veicolo e mezzo milione di euro. Il nucleo familiare, composto da imprenditori attivi nel settore della gestione dei rifiuti, nel 2017 era stato coinvolto nell’operazione denominata Dark side che scoprì l’esistenza di un sodalizio criminale dedito all’illecito smaltimento dell’immondizia. Furono così accertati numerosi sversamenti abusivi, anche di materiali tossici.

Comportamenti attraverso cui si sono generati nel tempo elevatissimi profitti illeciti. Gli introiti venivano reinvestiti nella società che faceva capo alla famiglia, «ma anche – com’è tipico dell’agire criminale – nell’acquisizione di ulteriori utilità, nascoste attraverso altri schermi societari». Le indagini hanno coperto un arco temporale di circa 30 anni e hanno rivelato la sproporzione tra i beni posseduti, direttamente o indirettamente, e i redditi dichiarati o l’attivita economica svolta dalla famiglia. Da qui «la sussistenza di sufficienti indizi per ritenere che essi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego».

Tra i conferitori fu individuata anche un’impresa di Ardea (RM), riconducibile alla famiglia responsabile dei comportamenti illeciti in materia ambientale. Questa gestiva illecitamente ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi che venivano trasferiti in una discarica abusiva sita in Aprilia (LT). Ne sono derivate condanne in primo grado del Tribunale di Roma per traffico illecito di rifiuti, attivita di gestione di rifiuti non autorizzata, realizzazione o gestione di discarica non autorizzata e inquinamento ambientale.

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