Tra le sedici chiamate ce n’è una particolarmente significativa. L’inviato di «Report» aggancia la cella telefonica di Viterbo, dove si è fiondato da Roma per incontrare la professoressa Cuozzo
VITERBO – Sono stati gli uomini dei servizi segreti a cercare «Report», e non viceversa (scrive oggi Luca Fazzo su Il Giornale) . Sul giallo dell’autogrill di Fiano Romano, l’incontro tra Matteo Renzi e l’allora dirigente del Dis Marco Mancini (nel tondo) nel dicembre 2020, si apre una nuova finestra, che costringe a porsi nuovi interrogativi.
Perché se a portare Sigfrido Ranucci sulle tracce dell’ex premier e dello 007 non è stata la prof di Viterbo che per caso (secondo la sua versione) ha immortalato lo strano incontro all’autogrill ma una gola profonda vicina agli apparati di intelligence la storia cambia assai: sia che il bersaglio fosse Mancini, sia che fosse Renzi. E forse si comincia a capire come mai, interrogata in Questura a Roma il 2 maggio 2022, il capo del Dis Elisabetta Belloni abbia coperto la vicenda dell’autogrill col segreto di Stato, confermato – tranne che su dettagli irrilevanti – dal governo Draghi.
A lanciare il tema dei contatti tra «servizi» e Report è Marco Mancini, che lunedì scorso, ospite di Nicola Porro a Quarta Repubblica, afferma testualmente che la prima chiamata non è partita da «Report».
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Gli accertamenti della Digos di Roma sembrano confermare la tesi. È il 27 aprile 2021, sull’utenza intestata alla Rai e in uso al direttore di «Report» Sigfrido Ranucci alle 11,28 arriva una telefonata. L’utenza è intestata a Carlo Parolisi, ex agente dei servizi segreti. È il primo contatto tra i due. Stando agli accertamenti della Digos di Roma, fino a quel momento Parolisi e Ranucci non si sono mai sentiti.
Chi è Parolisi? É la fonte che «Report» utilizzerà poi, con volto e voce camuffati, per riconoscere Mancini nell’uomo che conversa con Renzi nell’area di servizio. Di certo, Parolisi conosce bene Mancini, avendo lavorato per lui al Sismi. Le loro strade si sono incrociate su una vicenda drammatica, il rapimento in Iraq della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena nel 2005: è Parolisi a pagare in Kuwait il riscatto per la giornalista, è Mancini a riportarla in Italia dopo che Nicola Calipari, capodivisione del Sismi, è stato ucciso dagli americani sulla strada per l’aeroporto di Baghdad.
Parolisi oggi è ufficialmente in pensione. Il 27 aprile chiama Ranucci, mezz’ora dopo viene richiamato da un inviato di Report. Da quel momento i contatti tra l’inviato e l’ex 007 si fanno intensi: sedici telefonate in tre giorni, a volte a chiamare è Parolisi, a volte è il giornalista. Ma a prendere l’iniziativa per primo, dicono i tabulati, è lo 007. Da quel momento, quelli di «Report» fanno solo il loro lavoro di giornalisti.
Le vere domande sono: perché Parolisi chiama la redazione?
Perché, se il suo ruolo è solo riconoscere Mancini nel filmato dell’autogrill, sono necessarie sedici chiamate, che proseguono anche dopo la messa in onda del filmato, avvenuta il 3 maggio 2021?
Tra le sedici chiamate ce n’è una particolarmente significativa. L’inviato di «Report» aggancia la cella telefonica di Viterbo, dove si è fiondato da Roma. Viterbo è importante, perché lì abita, col suo compagno, Valentina Cuozzo, la professoressa che ha realizzato foto e video. Che bisogno ha il giornalista, mentre si trova nei pressi della docente, di chiamare nuovamente Parolisi?
Per fugare i dubbi su possibili mandanti dell’«Operazione Autogrill» dentro i «servizi» basterebbe verificare se il nome della donna o del marito sia presente negli archivi del Dis, o di Aisi e Aise.
Questa verifica non è stata fatta, dice Mancini: né per lei, né per il compagno. L’uomo, secondo i tabulati, si chiama Mariano Vincenzi: il 23 dicembre 2020 parla a lungo con la Cuozzo, due minuti prima che la donna – passando per caso all’autogrill? – decida di fotografare di nascosto l’incontro tra Renzi e lo «sconosciuto elegante». Ovvero Marco Mancini.