La difesa ha chiesto alla Corte di Strasburgo la sospensione dell’esecuzione della consegna fino alla conclusione del giudizio di legittimità costituzionale sollevato dall’Alta Corte di Cassazione e Giustizia della Romania
ROMA – La difesa di Ionel Arsene rappresentata dall’avvocato Alfredo Gaito e dall’avvocato Mario Antinucci, ha chiesto alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di adottare misure urgenti per sospendere l’esecuzione della sentenza di consegna della Corte d’appello di Bari fino alla completa definizione del giudizio di legittimità costituzionale della c.d. “legge dei latitanti fuggitivi” votata dal Parlamento rumeno.
La notizia del tentativo della coalizione di governo nel Parlamento della Romania di approvare in tutta fretta (due giorni dopo la decisione della Corte d’appello di Bari di sospendere il deposito della perizia per l’accertamento delle condizioni di salute del noto politico rumeno !) la “legge dei latitanti fuggitivi” con efficacia retroattiva, ha di fatto introdotto uno strumento ipso iure applicabile al “CASO ARSENE”, che potrebbe essere attinto da un secondo mandato d’arresto europeo “AD PERSONAM” per un fatto diverso da quello per il quale è stato condannato, con l’effetto di aggravamento ulteriore delle condizioni di salute pregiudicate.
Ma vediamo in concreto i termini del complesso caso giudiziario.
In data 5.12.2023 l’Alta Corte di Cassazione e Giustizia della Romania ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della legge di riforma del Codice penale e di procedura penale in vigore (PL-x n. 675/2023), per violazione degli artt. 1, 5° comma, cost. sotto il profilo della lesione del Principio di legalità e dell’ art. 21 3° comma, cost. per violazione del diritto al Giusto processo, in relazione alle disposizioni degli artt. 23, 2° co., cost. sul diritto alla Libertà individuale e art. 12 cost. sulla Legalità e necessaria tassatività della norma incriminatrice, nonché in relazione all’art. 15, 1° e 2° co., cost. sul Principio di non retroattività della norma incriminatrice.
L’entrata in vigore della già menzionata legge c.d. “dei latitanti fuggitivi”, (approvata in tutta fretta dal Parlamento in data 30.11.2023, due giorni dopo la sospensione dell’attività di perizia della Corte d’appello di Bari nel mandato di arresto europeo di IONEL ARSENE !), è rimasta sospesa in forza dell’incidente di costituzionalità sollevato prima della sua promulgazione, quando in seduta plenaria 88 (ottantotto) Giudici dei 102 (centodue) in carica hanno dato un forte mandato alla Presidente Corina Alina Corbu di investire la Corte costituzionale del controllo di legalità sulle gravissime violazioni dei principi costituzionali fondamentali che – a distanza di un secolo dall’entrata in vigore della Costituzione del 1923 e dopo il duplice rinnovamento costituzionale successivo alla rivoluzione del 1989 – sono oggi alla base di quel processo di integrazione con l’Unione Europea di cui la Romania ha scelto di fare parte.
hotararea nr. 6 din 5 decembrie 2023 13 pagL’art. 1, 1° co., della novella prevede l’inserimento del 3° comma nel dispositivo dettato dall’art. 285 del Codice penale rumeno che disciplina il delitto di evasione con il seguente contenuto:
“…È considerato delitto di evasione anche la condotta della persona condannata all’ergastolo o alla reclusione che non si presenta alla polizia per l’esecuzione della pena entro 7 giorni dalla data in cui è passata in giudicato la sentenza definitiva che impone la pena…”.
Secondo l’Alta Corte di Cassazione e Giustizia della Romania la novella pretende di assimilare al delitto di evasione disciplinato dall’art. 285 del codice penale rumeno (che presuppone uno stato legale di detenzione) una condotta non tipizzata, anzi riconducibile ad una non – azione (appunto “l’atto di non presentarsi”), fattispecie evanescente che vìola le fondamentali garanzie del principio di tassatività della fattispecie penale e di legalità della struttura del fatto tipico di reato (artt. 1, 5° co., 21, 3° cost. della Romania).
Nella fattispecie, l’art. 1, 1° co., della novella è in netto contrasto con l’art. 5 lettera a) della Convenzione E.D.U. che prevede:
“… Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, tranne nei seguenti casi e secondo i mezzi legali: (A) se d legalmente detenuto sulla base di una condanna da parte di un tribunale competente …”;
Perché stabilisce, sotto sanzione penale, l’obbligo della persona condannata di presentarsi all’organo di polizia per l’esecuzione del mandato, anche se non si trova ancora nella situazione di essere legalmente detenuta sulla base della sentenza pronunciata.
Nello stesso senso, la giurisprudenza della Corte E.D.U. ha da tempo affermato il principio di “accessibilità e prevedibilità del diritto penale” ovvero “nullum crimen, nulla poena sine lege”: principio di legalità dei delitti e delle pene” in applicazione dell’art. 7 Convenzione E.D.U. (ex plurimis Corte E.D.U., Sez. II, sent. 31 dicembre 2019, Parmak e Bakir c. Turchia, ricc. 22429/07 e 25195/07) il quale prevede che:
“1. Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso.
2. Il presente articolo non ostacolerà il giudizio e la condanna di una persona colpevole di una azione o di una omissione che, al momento in cui è stata commessa, costituiva un crimine secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili”.
La garanzia sancita dall’articolo 7 C.E.D.U., elemento fondamentale dello stato di diritto, occupa un posto di primo piano nel sistema di tutela della Convenzione, come attesta il fatto che l’articolo 15 non prevede alcuna deroga ad essa, neanche in tempo di guerra o in caso di altro pericolo pubblico; Dal suo oggetto e dal suo scopo consegue che essa deve essere interpretata e applicata in modo da assicurare una tutela effettiva contro le azioni penali, le condanne e le sanzioni arbitrarie (S.W. c. Regno Unito, § 34; C.R. c. Regno Unito, § 32; Del Río Prada c. Spagna [GC], § 77; Vasiliauskas c. Lituania [GC], § 153).
L’articolo 7 non si limita a vietare l’applicazione retroattiva del diritto penale a scapito dell’imputato: esso sancisce altresì, più in generale, il principio della legalità dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), e quello che impone di non applicare la legge penale in maniera estensiva a scapito dell’imputato, soprattutto per analogia (ibidem, § 154; Kokkinakis c. Grecia, § 52).
La nozione di «diritto» («law» nella versione inglese) utilizzata nell’articolo 7 corrisponde a quella di «legge» presente in altri articoli della Convenzione, nozione che ricomprende il diritto di origine sia legislativa che giurisprudenziale e implica delle condizioni qualitative, tra cui quelle di accessibilità e di prevedibilità (Del Río Prada c. Spagna [GC], § 91; S.W. c. Regno Unito, § 35). Questa include ovviamente la giurisprudenza dei tribunali (ibidem, §§ 36 e 41-43), ma anche alcuni testi di rango infra-legislativo o regolamentari (un regolamento penitenziario in Kafkaris c. Cipro [GC], §§ 145-146). La Corte deve avere riguardo al diritto interno «nel suo insieme» e al modo in cui era applicato all’epoca pertinente (ibidem, § 145; Del Río Prada c. Spagna [GC], § 90).
Ne consegue che l’articolo 7 C.E.D.U. si applica soltanto quando la persona è stata «condannata» per aver commesso un reato. Esso non riguarda, ad esempio, la semplice azione penale in corso (Lukanov c. Bulgaria, decisione della Commissione), o la decisione di accordare l’estradizione di un individuo (X c. Paesi Bassi, decisione della Commissione). Ai fini della Convenzione, non si può avere «condanna» senza che sia legalmente accertato un illecito (Varvara c. Italia, § 69).
La logica della «pena» e della «punizione», e la nozione di «guilty» (nella versione inglese) e la corrispondente nozione di «persona colpevole» (nella versione francese), depongono a favore di un’interpretazione dell’articolo 7 che esige, per punire, una dichiarazione di responsabilità da parte dei giudici nazionali, che possa permettere di addebitare il reato e di comminare la pena al suo autore (Varvara c. Italia, § 71; si vedano anche, per quanto riguarda l’esigenza di un elemento soggettivo o di un legame di natura intellettuale nella condotta dell’autore materiale del reato, Sud Fondi srl e altri c. Italia, § 116 e G.I.E.M. S.R.L. e altri c. Italia (merito) [GC], §§ 241-242 e 246).
L’aspetto più grave ed evidente di manifesta incostituzionalità della c.d. “legge dei latitanti fuggitivi” è la violazione del principio di non-retroattività del diritto penale stabilito dalle disposizioni degli articoli 15, 1° e 2° co., della Costituzione di Romania.
La norma dell’ art. 2 della novella oggetto di scrutinio della Corte costituzionale rumena prevede espressamente che: “Nel caso di decisioni rimaste definitive prima dell’entrata in vigore della presente legge, il periodo di 7 giorni previsto dall’articolo 285, 3° co., della legge n. 286/2009 del codice penale, con le modifiche e completamenti successivi, comincia dalla data dell’entrata in vigore della presente legge” con evidente violazione il principio della non-retroattività della legge previsto nell’art. 15, 1° e 2° co., della Costituzione di Romania in applicazione del quale: “… la legge prevede solo per il futuro, fatta eccezione per la legge penale più favorevole o violazione …”.
L’articolo 7 della Convenzione E.D.U. vieta in modo assoluto l’applicazione retroattiva del diritto penale quando questa avvenga a svantaggio dell’interessato ((Del Río Prada c. Spagna [GC], § 116; Kokkinakis c. Grecia, § 52). Il principio della irretroattività della legge penale si applica sia alle disposizioni che definiscono i reati (Vasiliauskas c. Lituania [GC], §§ 165-166) sia a quelle che fissano le pene (Jamil c. Francia, §§ 34-36; M. c. Germania, §§ 123 e 135-137; Gurguchiani c. Spagna, §§ 32-44). Anche dopo l’irrogazione di una pena definitiva o durante la sua esecuzione, il divieto di retroattività delle pene impedisce al legislatore, alle autorità amministrative o alle autorità giudiziarie di ridefinire retroattivamente e a svantaggio della persona condannata l’entità della pena inflitta (Del Río Prada c. Spagna [GC], §§ 89).
Corre l’obbligo di ricordare che in caso di violazione dell’articolo 7, la Corte ha talvolta ed eccezionalmente indicato misure individuali concrete: la riapertura del procedimento interno su richiesta dell’interessato (Dragotoniu e Militaru-Pidhorni c. Romania, § 55, applicando lo stesso principio che si applica quando una persona è stata condannata in violazione dell’articolo 6 della Convenzione); la liberazione della ricorrente nel più breve tempo possibile (Del Río Prada c. Spagna [GC], § 139 e punto n 3 del dispositivo, dopo aver constatato la violazione degli articoli 7 e 5 § 1 della Convenzione); oppure l’obbligo di assicurare che l’ergastolo inflitto al ricorrente sarà sostituito da una pena non superiore a trenta anni di reclusione, conformemente al principio di retroattività della legge penale più mite (Scoppola c. Italia (n. 2) [GC], § 154 e punto n 6 a) del dispositivo).