Viterbo – Lotta ai disturbi alimentari, Notaristefano: “Presto sportello d’ascolto in città”

Annunciato durante la Giornata nazionale per la lotta ai disturbi alimentari. La toccante testimonianza della consigliera De Alexandris, 18 anni passati a contrastare l’anoressia: “Ero inadatta, volevo scomparire”

VITERBO – Giovani e disturbi alimentari. Sono circa tre milioni quelli che ogni anno vengono colpiti da  disturbi della nutrizione e alimentazione (Dna). Se ne è parlato anche a Viterbo durante la Giornata nazionale per la lotta ai disturbi alimentari in una sala comunale piena di studenti, per l’appuntamento fortemente voluto dall’assessora alle Politiche sociali Patrizia Notaristefano: “Un momento di profonda condivisione che ha visto attorno a un tavolo professionisti determinati a fare la differenza nella battaglia contro queste malattie insidiose”. Presenti  la direttrice del Dipartimento di salute mentale Asl di Viterbo Cristiana Morera, la neuropsichiatra UOC Tsmree Asl di Viterbo Morena Tafuro, la direttrice UOC Psicologia Asl Viterbo Barbara Longo, il presidente dell’ordine dei farmacisti della provincia di Viterbo Salvatore Menditto, la psicoterapeuta Elisabetta Rosetto e il biologo nutrizionista Danilo Bacciani dell’Istituto San Giorgio di Soriano al Cimino.

Dopo i saluti della sindaca Frontini è stato quello della consigliera De Alexandris l’intervento più toccante:

“Sono qui non solo come consigliera comunale, ma come persona che si è ammalata di anoressia. All’epoca avevo 27 anni ed ero già mamma di un bambino piccolo, non rientravo tra gli standard della patologia.

Quando ho avuto i primi sintomi non mi rendevo conto di cosa mi stesse succedendo, visto che non avevo la psicosi della forma fisica, né volevo fare la modella. Dentro di me avevo solo una grande fragilità che mi faceva sentire sbagliata, inopportuna, inadatta.

Ad un certo punto volevo scomparire, ogni volta che mi guardavo allo specchio non mi riconoscevo, non ero io. Non mi sentivo all’altezza di niente e per questo non volevo più esistere. Oggi ho imparato ad amarmi e dentro di me c’è uno spazio immenso da recuperare, 18 anni di vita, quelli passati a combattere questa patologia. Ci sono stati momenti in cui ho toccato il fondo. E’ stata la mia famiglia a prendermi per mano, non mi lasciavano sola neanche per strada. Poi in questo percorso si è inserito mio figlio, non ero una mamma “adatta” quando mi sono ammalata, ero impegnativa, particolare e a volte cattiva. La colpa più grande che ancora mi porto dentro è quella di non essere stata una mamma all’altezza. Fino a quando ho deciso di curarmi dagli specialisti adatti, dove mi portavano. Lo specchio ha cominciato così a farmi vedere una nuova Maria Rita. Non ero inadatta, ma una malata che doveva curarsi, con questa consapevolezza sono uscita fuori dal tunnel“.

Durante l’incontro è stata sottolineata l’importanza della tempestività: “è importante per i genitori accorgersi subito. Tra i campanelli d’allarme, oltre al cibo che viene sminuzzato e “analizzato”  c’è il cambiamento d’umore, prevale la rabbia e si comincia ad isolarsi ed evitare situazioni di socialità dove c’è di mezzo il cibo. Per i docenti è difficile accorgersene perché spesso sono ragazze studiose e sportive a volte perfezioniste”.

Fondamentale l’implementazione della rete di collaborazioni voluta dall’assessore alle politiche sociali Notaristefano che ha già annunciato il suo impegno affinché possa essere attivato un punto di ascolto per coloro che combattono contro tali malattie, dopo aver conosciuto nuove realtà come la Fondazione Cotarella che da febbraio ha attivato il Centro di Ascolto di Fondazione Cotarella a Orvieto (via G. Michelangeli, 2a) in attesa del completamento di Dimora Verdeluce, struttura di accoglienza  che ospiterà ragazzi che soffrono di Dna in fase post acuzie, in affiancamento sanitario, per favorire un più graduale reinserimento nella vita quotidiana dopo il percorso di cura (LEGGI TUTTO).

B.F.