Acquapendente, Viterbo, Tarquinia e Civita Castellana, le quattro realtà riconosciute dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
A Viterbo presente l’unico esemplare di “Zaffera” che riproduce una scena di dichiarazione d’amore
VITERBO – Valorizzazione e promozione della ceramica e delle città del viterbese dove la tradizione è “antica ed affermata”. Sono Acquapendente, Viterbo, Tarquinia e Civita Castellana, le quattro realtà riconosciute dal consiglio nazionale ceramico, organo del Ministero delle Imprese e del Made in Italy presenti su portale www.cittadellaceramica.it, presentato ieri alla Camera di Commercio di Viterbo alla presenza della sindaca di Viterbo Chiara Frontini, il segretario della Camera di Commercio Francesco Monzillo, e gli amministratori dei paesi convolti.
Un vero e proprio itinerario da percorrere alla scoperta della ceramica in un originale percorso di conoscenza della storia, della cultura e della bellezza di un vasto territorio, di cui l’arte ceramica è, da secoli, un segno distintivo con il suo patrimonio di forme, decori, stili e tecniche custodito nei Musei così come le numerose testimonianze dell’intimo legame tra i luoghi e la lavorazione della ceramica. Un’esperienza unica nelle botteghe artigiane e negli studi d’arte, dove donne e uomini tramandano saperi, gesti e memoria e, al tempo stesso, contribuiscono all’evoluzione della ceramica con un appassionato lavoro di ricerca e sperimentazione.
“Per quanto riguarda Acquapendente – ha sottolineato la vicesindaca Putano Bisti – ci troviamo in un centro all’estremo nord del Lazio, situato sulla Via Francigena. Proprio grazie alla presenza di questa importante via di pellegrinaggio, la Città ha avuto una crescente importanza a partire dal Medioevo, fino a diventare sede vescovile nel XVII secolo. Dai documenti conservati nell’Archivio Storico Comunale, sappiamo che Acquapendente è stata un centro di produzione ceramica fiorente nel XVI secolo, con oltre quindici botteghe che vantavano una tradizione artistica ben più antica. Gli scavi condotti dalla Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale in collaborazione con il Gruppo Archeologico ArcheoAcquapendente hanno portato alla luce maioliche che raccontano di una produzione ricca ed elaborata già dalla metà del ‘300, fino ad almeno alla metà del ‘600. All’inizio del ‘900, la produzione ceramica, che non è mai del tutto cessata, ebbe una nuova ondata di vitalità grazie all’iniziativa di Domenico Fuschini, alla cui bottega si formarono alcuni dei più dinamici artisti aquesiani. La Cattedrale è il monumento più importante della Città e la nostra passeggiata non può che iniziare da qui”.
Viterbo e la ceramica
Viterbo è la prima città che nel 1251 mette nel proprio statuto la regolamentazione delle attività legate alla ceramica, solo i ceramisti hanno il permesso di uscire dalle mura anche dopo il coprifuoco per reperire materiali quali argilla e legna.
Tra le produzioni dell’epoca ricordiamo la “panata”, brocca originaria dell’Alto Lazio con i colori del bruno e verde dove si metteva in ammollo il pane per realizzare appunto la panata, quella che diventerà la panzanella.
Fino ad arrivare alla tecnica della Zaffera (nella foto) caratteristica di solo cinque città del centro Italia, con l’utilizzo del cobalto unito ad altri elementi minerali applicati in diversi strati e poi cotti. Scavi archeologici nei butti di Viterbo hanno dimostrato che la produzione avvenne per un periodo brevissimo di circa 20 o 30 anni, in poche officine cittadine. La lavorazione, benché di grande pregio, sarebbe stata abbandonata precocemente forse a causa dell’elevata difficoltà di esecuzione. In fase di cottura infatti, se si raggiungono temperature troppo elevate, l’ossido di cobalto diviene liquido e cola con gran facilità. E oggi ripresa da pochissimi ceramisti con riproduzioni, come quelle di una volta, di uccelli, a significare pace armonia e serenità, pesci, simbolo di prosperità e cristianità, figure antropomorfe e fantastiche. A Viterbo, una delle cinque città dove veniva utilizzata la tecnica della Zaffera, presente l’unico esemplare che riproduce una scena di dichiarazione d’amore.
B.F.