Dalle ceneri al futuro: la seconda vita delle centrali a carbone e non. Cosa accadrà a Civitavecchia e Montalto di Castro

Ex impianti a carbone diventano parchi, hub turistici e poli green: l’Italia ripensa il paesaggio energetico tra demolizioni spettacolari e rinascite sostenibili

Dove un tempo si produceva energia bruciando carbone o olio combustibile, oggi si immaginano sentieri nel verde, spazi per il co-working, poli turistici e impianti alimentati da fonti rinnovabili. L’Italia si prepara a voltare pagina con il phase-out dal carbone e, insieme alla transizione energetica, prende forma anche una rigenerazione urbana e industriale su larga scala. Le ex centrali termoelettriche, simbolo di un’epoca, si trasformano in laboratori di futuro.

È il caso della miniera di Santa Barbara a Cavriglia, in Toscana, la più grande a cielo aperto d’Italia, dove per mezzo secolo si è estratta lignite. Oggi, quell’area, che per decenni ha contribuito a sostenere la domanda energetica nazionale, è entrata ufficialmente in una nuova era. Percorsi ambientali, impianti forestali e turismo sostenibile prendono il posto degli escavatori. Un cambiamento radicale, che restituisce il paesaggio alla comunità e lo riconsegna alla natura.

Anche a Brindisi si immagina un futuro diverso per l’ex centrale a carbone di Cerano. Al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) sono già arrivate 50 manifestazioni di interesse per la riconversione dell’area. I progetti spaziano dall’energia rinnovabile alla logistica, passando per l’ICT, l’aeronautica, l’agroalimentare, la cantieristica navale e il turismo. Il tutto sotto il coordinamento di un comitato guidato dal Mimit, che lavora per definire un piano strategico condiviso con gli attori locali. L’obiettivo è chiaro: dare vita a un nuovo modello di sviluppo sostenibile, da concretizzare con un accordo di programma.

Una trasformazione simile riguarda l’ex centrale Enel di Tor del Sale a Piombino, attiva dal 1977 fino al 2012 e ufficialmente dismessa nel 2015. Le operazioni di demolizione sono iniziate nel 2021 e termineranno entro il 2025. Tra i momenti simbolo, la rimozione prevista per ottobre 2024 delle due ciminiere da 195 metri, che per decenni hanno dominato il paesaggio del golfo toscano. Al loro posto sorgerà un hub dedicato al turismo sostenibile, con strutture per attività all’aria aperta, nautica e svago.

La stessa visione guida il futuro delle centrali di La Spezia e Civitavecchia. Per quest’ultima è in corso una procedura pubblica per raccogliere proposte e definire un piano di riconversione dell’intera area. Anche in questo caso, il modello di riferimento è quello di Brindisi: concertazione tra istituzioni, imprese e territori, per un rilancio che guardi alla sostenibilità e all’occupazione di lungo termine.

Più complessa la situazione della centrale di Sulcis, in Sardegna: il phase-out, previsto entro il 2027, è subordinato alla realizzazione del Tyrrhenian Link, il collegamento elettrico sottomarino tra l’isola e la penisola che garantirà la sicurezza energetica della regione.

E poi c’è Montalto di Castro, nel Lazio, con la sua centrale “Alessandro Volta”. Nata per ospitare un impianto nucleare mai completato, ha visto alternarsi impianti a olio e gas. Oggi, però, guarda a un futuro alimentato dal sole. Nell’area sono già in corso le demolizioni dei vecchi gruppi a olio e si lavora alla realizzazione di un impianto fotovoltaico e sistemi di accumulo energetico. I turbogas rimasti verranno rinnovati e resi più efficienti, a supporto della stabilità della rete.

Le centrali del passato si preparano così a diventare protagoniste del futuro. Un futuro che parla di energia pulita, innovazione, lavoro e nuove opportunità per i territori. La transizione ecologica, in Italia, passa anche da qui: dalla riconversione intelligente dei luoghi simbolo dell’energia fossile in spazi a misura d’uomo, aperti all’ambiente e al domani.