Il Gin: un distillato globale con radici italiane e un legame mediterraneo

ROMA – Il Gin, oggi celebre distillato aromatico spesso associato alla tradizione olandese o inglese e al London Dry Gin, ha origini ben più antiche e meno note, che affondano le radici proprio in Italia. Un dato sorprendente e innovativo da raccontare è che la nascita di questo spirito sembra avere un legame profondo con la penisola italiana e più precisamente nei monasteri, dove la tradizione medica e alchemica, per mano dei monaci della scuola medica salernitana già nell’XI secolo distillavano cereali e vino aromatizzato con bacche di ginepro. Nasce quindi in Italia il primo “proto-gin”.

La Scuola Medica Salernitana, la più importante istituzione medica medievale europea, nata intorno al IX secolo, svolse un ruolo fondamentale nella nascita dei distillati medici nel Medioevo, che si collega direttamente alla prima realizzazione del gin.

I monaci e i medici di questa scuola, attivi nel celebre orto botanico, oggi noto come Giardino della Minerva, detto anche Giardino dei semplici, coltivavano erbe medicinali tra cui le bacche di ginepro. Nel 1055, in un compendio medico usato come testo di riferimento si descriveva la preparazione di un distillato a base di bacche di ginepro, concepito come un medicinale potente, digestivo, antisettico e antireumatico, particolarmente indicato per il trattamento della gotta, un disturbo diffuso tra i ricchi dell’epoca.

La Scuola, che riuniva medici e studiosi provenienti da tutto il mondo e favoriva l’inclusione anche delle donne definite “medichesse”, beneficiò dell’apporto degli arabi che portarono a Salerno gli alambicchi, strumenti fondamentali per la distillazione. I monaci svilupparono e perfezionarono queste tecniche per produrre un liquido concentrato, facilmente trasportabile in piccole ampolle, che rappresenta il “proto-gin” storico, un medicinale innovativo e pratico.

Questa tradizione di distillati medici della Scuola Medica Salernitana costituisce quindi una base storica importante per la nascita del gin, che solo in seguito si trasformò in bevanda alcolica ludica diffusa in Europa.

Il ginepro utilizzato in queste ricette non era solo quello comune, il Juniperus Communis, presente in tutta Europa, ma anche specie locali come il “Ginepro coccolone” del Salento, una bacca dal carattere unico.

La diffusione nel corso dei secoli successivi, la pratica della distillazione e l’uso del ginepro come ingrediente per bevande alcoliche si diffusero in Europa, nella metà dei Seicento dapprima nei Paesi Bassi, dove veniva anche consegnato ai soldati olandesi come rimedio per combattere la febbre gialla nelle indie orientali. Da qui, vista l’inevitabile e salutare propagazione, nacque il Genever, precursore del moderno gin. Dall’Olanda, la bevanda raggiunse l’Inghilterra, divenendo con il tempo il celebre London Dry Gin, ormai noto in tutto il mondo. In Inghilterra si diffuse rapidamente raggiungendo un notevole successo produttivo quando Guglielmo III d’Orange nel 1690 proibì l’importazione di distillati stranieri, soprattutto il cognac francese, nemico storico. Questa misura favorì l’impiego delle eccedenze di cereali per produrre alcol destinato alle distillerie di gin. La produzione divenne così vasta che la bevanda venne persino usata come parte dello stipendio degli operai. Questo causò serie problematiche sociali, con un aumento dell’alcolismo tra le classi meno abbienti e conseguenti problemi di ordine pubblico e sicurezza, nonostante i tentativi del governo inglese di porvi rimedio attraverso le Gin Acts.

Oggi la trasformazione del Gin è molto diffusa e molto normata soprattutto in Europa, dal punto di vista legislativo, per essere definito gin, il distillato deve obbligatoriamente contenere come elemento base il ginepro, in particolare la specie botanica Juniperus communis. La normativa europea stabilisce che il gin sia un distillato di cereali o altri fermentati, aromatizzato principalmente con bacche di ginepro e che non debba avere una quantità di zucchero invertito superiore all’1 %. Questo requisito è fondamentale per preservare l’identità organolettica del Gin come lo conosciamo oggi, distinguendolo da altri distillati alcolici.

Attualmente l’Italia non solo contribuisce con le sue materie prime come il ginepro comune al mercato globale del gin, ma assume un punto di grande rilievo per la qualità della materia prima. Il Juniperus communis delle colline dell’alto Lazio e della bassa Toscana, proprio per la vicinanza al mare e all’influenza dei venti collinari che d’estate soffiano verso l’interno e d’inverno soffiano verso il mare, può essere considerato tra i migliori al mondo: le sue particolari resine lo rendono persistente e piacevolmente aromatico, motivo per il quale i Gin prodotti in queste zone vantano oggi fiorenti produzioni artigianali. Bevande alcoliche come i Gin della Tuscia (area tosco/laziale) utilizzati in miscela con botaniche locali, assumono profili aromatici mediterranei unici, mantenendo così vivo il patrimonio storico e culturale legato a questa bevanda, che da oggi sarà riconosciuta da tutti come bevanda originaria dell’Italia.