Collegio non terzo e prevenuto. Udendo le udienze, a differenza di quanto prevede la legge, Luciano Iannotta è colpevole a prescindere. Altro che tre gradi di giudizio
LATINA – Il processo Dirty Glass da oggi è un castello di sabbia in balia delle onde di un mare in tempesta. Nonostante i pubblici ministero e il collegio dei giudici le abbiano provate tutte e fatto perdere mesi di tempo alla difese, oggi, in aula, hanno dovuto, abtorto collo, prendere atto che la legge la devono rispettare anche loro.
Di cosa parliamo? Delle fantomatiche accuse di sequestro di persona mosse dagli inquirenti, nel lontano 2018, all’imprenditore di Sonnino.
Secondo la Squadra Mobile che aveva svolto le indagini, l’imprenditore Luciano Iannotta si era armato di pistola, aveva sequestrato e minacciato Fabio Zambelli e Pierpaolo Tomaino.
In 5 lunghi anni, da quel lontano 2018, le due persone che sarebbero state rapite da Iannotta non sono mai state chiamate dagli inquirenti. Non una sola domanda per sapere come stessero o se avessero bisogno di uno psicologo dopo aver vissuto un’esperienza terribile come quella di un rapimento sotto la minaccia di una pistola di cui erano state presunte vittime. 5 anni di silenzio assoluto. Le prime dichiarazione le abbiamo raccolte noi:
Poi, visto che questa Giustizia non sempre ha dimostrato di essere efficiente è intervenuta la legge Cartabia per limare qualche stortura. Se Tomaino e Zambelli fossero stati realmente rapiti per costituirsi parte civile nel processo, avrebbero dovuto presentare una denuncia scritta. Cosa che non hanno fatto né prima né dopo.
A questo punto gli investigatori difronte alle richieste inascoltate (per ben tre volte avanzate dalla difesa di Iannotta) hanno cercato di porre rimedio a questa falla facendo qualcosa di incredibile.
Dopo cinque anni di silenzio e nella speranza che uno dei due denunciasse Luciano Iannotta la Procura della Repubblica di Latina ha chiamato a sommarie informazioni Tomaino e Zambelli.
Secondo gli inquirenti, infatti, a maggio 2018, Iannotta li avrebbe sequestrati, in un capannone della Akros (una delle società della galassia dell’imprenditore), a Sonnino. L’impiegato della Corte dei Conti, Fabio Zambelli, anche lui, in un primo momento, indagato nella stessa indagine Dirty Glass per corruzione. Il 14 maggio 2018 Iannotta, Altomare, Pio Taiani e De Gregoris avrebbero rinchiuso nel capannone Zambelli e il rappresentante di materiale per ufficio ed apparecchiature elettromedicali, Pierpaolo Tomaino: ossia i due soggetti che avrebbero potuto garantirgli una via facile per un l’aggiudicazione di un appalto in Regione Lazio.
Tutto questo avveniva mentre erano in ascolto in tempo reale gli uomini della polizia che si sono però ben guardati dall’intervenire (forse erano distratti).
Niente. In aula la magistrata Luigia Spinelli quasi non riusciva a dirlo in modo chiaro: “No. I due non hanno sporto denuncia… mah… forse dovremmo produrre i verbali…”.
Non solo è stato inevitabile sentenziare il “non luogo a procedere” sul rapimento ma per arrivare a questa decisione rimasta sub judice, e per l’ennesima volta, è dovuto intervenire l’avvocato di Iannotta, Mario Antinucci, per ricordare al collegio che i reati fossero stralciati dal procedimento prima di proseguire con l’udienza.
Fosse stata presente in aula la collega del quotidiano Il Dubbio, Tiziana Maiolo, chissà cosa avrebbe scritto di questo collegio e soprattutto dei pubblici ministero che rappresentano l’accusa.
Altro che una persona, benché imputata, debba essere considerata innocente fino al terzo grado di giudizio. Altro che sperare di far valere le proprie ragioni quando dall’altra parte non c’è nessuno disposto ad ascoltarti e far vedere o far credere di essere terzo nel giudizio.
Ma andiamo avanti.
Cadendo l’accusa del duplice rapimento questo processo ha perso di peso e valore.
Bisognava inventarsi qualcosa e quindi il collegio del Tribunale di Latina Morselli-Sergio-Romano con i pubblici ministero Luigia Spinelli e Francesco Gualtieri hanno deciso di mantenere in piedi il reato di detenzione di armi che invece andava derubricato in quanto connesso al rapimento.
Nessuno ha mai visto una pistola o qualcosa che gli somigliasse. L’accusa di detenzione e uso di armi è scaturita da questa intercettazione:
La trascriviamo:
Thomas Iannotta: Oi papà?
Luciano Iannotta: Non me l’hai portata?
Thomas Iannotta: No, sò venuto ma m’hanno mandato via.
Luciano Iannotta: No no, portamela portamela.
I poliziotti stavano ascoltando in diretta. Perché non sono intervenuti se fossero stati convinti che di lì a poco sarebbe stata consegnata una pistola e udito forse due spari?
Siccome dalla telefona i toni che si percepiscono fra padre e figlio sono molto pacati, quel portamela poteva essere interpretato diversamente. Thomas Iannotta doveva portare al padre una pizza? Una cartella? Una borsa? Sicuramente non era una pistola nemmeno per quelli che in quel momento stavano ascoltando le conversazioni in diretta tant’è che nessuno ha deciso di intervenire ed arrestare tutti in flagranza di reato. Inoltre per sentire cosa avevano da dire i due presunti rapiti gli investigatori hanno impiegato ben cinque anni.
Niente, i pm si sono opposti allo stralcio del reato di porto abusivo di armi procedibile d’ufficio e il collegio ha deciso che quel capo di imputazione andava mantenuto altrimenti il processo sarebbe diventato una discussione sui tarallucci e sul vino.
A questo punto l’avvocato Mario Antinucci, che difende Iannotta, ha sollevato un’ulteriore questione legata alla distruzione ed esclusione dalla perizia trascrittiva di tutte le intercettazioni telefoniche e ambientali legate al capo di imputazione stralciato in udienza per effetto della Cartabia; con la motivazione che sarebbe stata fortemente suggestiva la residua presenza di queste fonti probatorie nel corso dell’istruttoria dibattimentale.
Sorprendentemente il presidente del collegio Laura Morselli ha deciso di rigettare l’eccezione della difesa Iannotta (alla quale si sono associate tutte le altre difese), con la motivazione che le predette intercettazioni telefoniche ed ambientali potessero essere utili in ogni caso alla ricostruzione e alla prova d’accusa a carico di Iannotta.
Difronte alla palese violazione dei principi di terzietà ed imparzialità dei giudici la difesa Iannotta si è vista costretta a ricusare il collegio in applicazione dei principi di oralità e mediatezza del processo penale. E’ la seconda volta che la difesa solleva il problema e chiede la ricusazione dell’intero collegio del Tribunale composto dai giudici Laura Morselli, Simona Sergio e Paolo Romano.
Sarà il Presidente del Tribunale di Latina a decidere. A quel punto, nonostante la ricusazione appena fatta mettere a verbale, il collegio ha deciso di continuare l’audizione in controesame di un personaggio (sul quale scriveremo molto nelle prossime settimane) come Domenico Stirpe. Il famoso commercialista della Pagliaroli Spa.
Di fatto l’udienza si è chiusa con l’uscita di scena dell’avvocato Mario Antinucci che adesso avrà tre giorni di tempo per depositare la richiesta di ricusazione dei giudici e questa volta, per il Tribunale di Latina, sarà davvero difficile dargli torto (a meno che…).