Terni – Enrica e Serena travolte e uccise sull’A1: il conducente del tir patteggia tre anni e sei mesi per omicidio stradale

L’imputato, residente Catanese, ha patteggiato ieri in Tribunale a Siena la pena, che sconterà agli arresti domiciliari: gli è stata anche revocata la patente di giuda

TERNI – All’esito dell’udienza preliminare tenutasi quest’oggi, giovedì 6 giugno 2024, in Tribunale a Siena, avanti il Guo dott.ssa Sonia Caravelli, ha patteggiato la pena di tre anni e sei mesi di reclusione per omicidio stradale aggravato dal fatto di aver causato la morte e il ferimento di più persone.

Pena da scontare agli arresti domiciliari, Ahmed Ezzedini, 44 anni, di origini tunisine ma residente a Caltagirone, nel Catanese, il camionista accusato e ora anche condannato per aver cagionato – per distrazione, eccesso di velocità e verosimilmente anche stanchezza, dovuta al mancato rispetto dei tempi di guida e di riposo prescritti – il terribile tamponamento successo il 17 giugno 2022 lungo l’Autostrada A1, all’altezza del km 414, tra Fabbro e Chiusi nel territorio comunale di Cetona, nel Senese, e costato la vita alle incolpevoli Serena Ursillo, di soli 37 anni, e all’amica Enrica Macci, di 49, oltre al ferimento grave di altre tre persone.

All’imputato, che ha potuto beneficiare degli sconti di pena previsti dal rito alternativo scelto, è stata anche comminata la sanzione accessoria della revoca della patente di guida.

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Il tremendo incidente è stato ricostruito nei dettagli dal prof. ing. Mario Vangi, il perito a cui il Pubblico Ministero della Procura di Siena titolare del relativo procedimento penale, il dott. Niccolò Ludovici, ha affidato l’incarico di redigere una consulenza tecnica cinematica per accertarne la dinamica, le cause e tutte le responsabilità: alle operazioni peritali ha partecipato, quale consulente per una delle parti offese, anche l’ing. Nicola Bartolini messo a disposizione da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini a cui si sono affidati, per essere assistiti, i familiari di Serena Ursillo, attraverso l’Area Manager per il Lazio e l’Umbria Matteo Cesarini, e con la collaborazione dell’avvocato Lorenzo Marcovecchio, del foro di Isernia.

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L’imputato, alla guida di un autoarticolato Iveco General Trailer, come ha scritto il magistrato inquirente nella sua richiesta di rinvio a giudizio formulata al termine delle indagini preliminari, “si avvedeva tardivamente del traffico bloccato”, dovuto allo smantellamento di un cantiere, “e, nonostante la brusca frenata posta in essere all’ultimo momento, andava a travolgere tutti i veicoli che lo precedevano nella corsia di marcia”. Il mezzo pesante ha tamponato per prima una Volkswagen T-Roc “che, in conseguenza dell’urto, veniva spinta verso la corsia di sorpasso e, subendo un ribaltamento, andava a sbattere contro altri due veicoli fermi”, una Kia Niro e una Opel Karl: gli occupanti delle tre vetture si sono tutti miracolosamente salvati, ma il conducente e la passeggera della T-Roc hanno riportato politraumi gravi e svariate fratture per prognosi superiori ai quaranta giorni.

Purtroppo, dopo questo primo urto, l’autoarticolato “ha continuato la sua corsa in avanti andando a travolgere altri veicoli che lo precedevano sulla corsia di marcia” prosegue il dott. Ludovici nel suo atto, ossia la Fiat Panda condotta da Enrica Macci e su cui era trasportata Serena Ursillo e una Fiat Punto: le due amiche – la prima nativa di Tivoli (Roma) ma residente a Montefranco, in provincia di Terni, psicologa dello sport ed ex pallavolista, la seconda originaria di Sant’Angelo Romano (Roma), dove vivono tuttora i suoi genitori, ma trasferitasi da ormai diversi anni a Montecampano di Amelia, sempre in provincia di Terni, insegnante di batteria alla Musical Academy di Terni e, dopo aver giocato anche lei a lungo, allenatrice di pallavolo del settore giovanile della società Amerina – si stavano recando a Chianciano proprio per seguire un corso di qualificazione per allenatori di volley. Non ci sarebbero mai arrivate.

Infatti, “in conseguenza di questi ultimi urti – continua il Sostituto Procuratore – la Fiat Panda urtava la Punto, si ribaltava sottosopra, alzandosi, e finiva nel cassone dell’autoarticolato, mentre la Punto si ribaltava sul fianco e finiva incastrata sotto al pianale di un altro autoarticolato” che la precedeva. Una serie di impatti terribili che non hanno lasciato scampo alle due incolpevoli donne nella loro piccola utilitaria, sono decedute praticamente sul colpo, mentre il conducente della Punto è sopravvissuto, ma riportando anche lui traumi per una prognosi superiore ai quaranta giorni.

Il Pm, nello specifico, ha imputato al camionista “colpa generica e violazione di svariate norme sulla disciplina della circolazione stradale”: “superamento del limite massimo di velocità, poiché percorreva un tratto autostradale ad una velocità di 84 km/h, già apportata la relativa tolleranza di 6 km/h a favore del conducente, superando così il limite massimo consentito che in autostrada, per tale categoria di veicolo, è fissato in 80 km/h”, “perdita di controllo del veicolo in quanto non era in grado di conservarne appunto il controllo tantoché, in presenza di un rallentamento del traffico e successivo blocco, regolarmente segnalato da relativi pannelli a messaggi variabili e dal servizio Viabilità della società autostradale, non riusciva ad evitare di tamponare, violentemente, altri veicoli che lo precedevano regolarmente sulla medesima corsia di marcia incolonnati alla corrente di traffico ivi esistente”.

Non solo, dagli accertamenti e dall’analisi del cronotachigrafo del mezzo pesante è emerso anche, a carico dell’autotrasportatore, “il superamento del periodo di guida giornaliero, poiché non osservava quello prescritto dal regolamento Ce, eccedendo di 32 minuti il limite massino consentito” e “l’inosservanza del periodo di riposo giornaliero” definito dallo stesso regolamento comunitario.

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“La causazione dell’evento è da attribuirsi esclusivamente alla condotta di guida di Ezzedini. il quale, marciando a velocità superiore al limite imposto, non si accorgeva del blocco del traffico davanti a sé se non a distanza troppo ravvicinata per potere mettere in atto una manovra elusiva efficace. Le condizioni del luogo e del tempo erano ottimali, senza alcun ostacolo che avrebbe potuto impedire la vista del blocco del traffico davanti a sé, che non costituiva un evento imprevedibile, in quanto anche pre-segnalato dal personale dell’autostrada e dai cartelli a messaggio variabile. Con una normale attenzione alla guida, l’imputato avrebbe potuto arrestare la propria marcia come gli altri veicoli davanti a sé e l’evento avrebbe potuto essere evitato” ha concluso nella sua perizia l’ingegner Vangi.

Si è quindi arrivati all’udienza preliminare di oggi nella quale Ezzedini, attraverso il suo difensore, di fronte alle sue schiaccianti responsabilità, ha chiesto e ottenuto di patteggiare. I familiari di Serena Ursillo, attraverso Studio3A, sono già à stati integralmente risarciti dalla compagnia di assicurazione del camion, ma si aspettavano una risposta anche dalla giustizia penale, pur sapendo che nessuna pena sarebbe mai commisurata all’incolmabile perdita che hanno subito: risposta che è arrivata, con una condanna dall’entità non trascurabile considerata la “prassi” per il reato di omicidio stradale, dove gli imputati se la cavano in genere con pene molto “soft” e con la sospensione condizionale.