Lazio, il potere che non cambia mai (quando si tratta di monnezza). Il “regalo” di Natale della D’Ercole è arrivato puntuale

Il Piano rifiuti che promette la transizione, ma consolida un sistema deciso dai dirigenti zingarettiani. Alle province del Sud un’accollata da 1,2 milioni di tonnellate di pattume da smaltire

di Paolo Gianlorenzo

ROMA – C’è una Regione in cui le elezioni contano meno delle determine. Una Regione dove i presidenti passano, le maggioranze cambiano, ma il potere vero resta inchiodato negli uffici dirigenziali.

È il Lazio, laboratorio permanente di un’anomalia tutta italiana: la supremazia dell’amministrazione sulla politica, soprattutto quando si parla di rifiuti.

Il nuovo Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti 2026–2031 (in fase di ultimazione) viene presentato come il documento della svolta green, della transizione ecologica, dell’allineamento agli obiettivi europei. Un testo monumentale, oltre 700 pagine tra piano e VAS, che cita direttive UE, Agenda 2030, gerarchia dei rifiuti, neutralità climatica.

Ma basta uscire dalla retorica e seguire il filo degli atti per scoprire una verità più semplice e più inquietante: il Piano non cambia il modello, lo certifica.

E soprattutto, non è il Piano a decidere il futuro del ciclo dei rifiuti nel Lazio. Quel futuro è stato scritto prima, con atti amministrativi, nel silenzio della vigilia di Natale.

Il 23 e 24 dicembre 2025, mentre il Consiglio regionale è fermo e l’opinione pubblica distratta, la Direzione Ambiente della Regione Lazio firma e notifica due determinazioni che rimodulano i flussi dei rifiuti per il 2026, saturano l’unico inceneritore regionale e blindano il ruolo degli impianti di Trattamento Meccanico (TM).

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Un colpo di mano tecnico solo in apparenza. In realtà, un atto politico di enorme portata, assunto fuori da ogni dibattito democratico.

A guidare questo processo è una struttura dirigenziale che viene da lontano: quella costruita negli anni di governo di Nicola Zingaretti, rimasta sostanzialmente intatta anche dopo il cambio di maggioranza e oggi pienamente operativa sotto la presidenza di Francesco Rocca.

Il risultato è un paradosso istituzionale: la Regione è governata dal centrodestra, ma il sistema dei rifiuti continua a essere diretto da un apparato tecnico cresciuto e consolidato sotto il centrosinistra, che oggi detta l’agenda, i tempi e le scelte, relegando la politica a un ruolo notarile.

Questa inchiesta ricostruisce come e perché il Piano rifiuti del Lazio non rappresenti una svolta, ma l’atto finale di una lunga continuità di potere.

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La vigilia di Natale: quando le decisioni arrivano prima del Piano

Il fatto chiave ha una data precisa: 23 dicembre 2025.

Con la Determinazione n. G17725, la Direzione regionale Ambiente ridefinisce i flussi minimi di rifiuti per il 2026, destinandoli agli impianti cosiddetti “minimi”.

Tradotto:

  • vengono assegnate 295.000 tonnellate annue di CSS all’inceneritore di San Vittore del Lazio superando così, con quelle già in essere, le oltre 400.000 tonnellate da bruciare;
  • la capacità dell’impianto viene di fatto saturata;
  • gli impianti intermedi vengono “certificati” come indispensabili.
02_G17725_23-12-2025

Il giorno dopo, 24 dicembre, la determina viene notificata ufficialmente agli operatori.
Il Piano rifiuti non è ancora adottato.
Il Consiglio regionale non ha discusso nulla.
Ma le scelte strutturali sono già state prese.

È un ribaltamento dell’ordine democratico:
prima decidono i dirigenti, poi – eventualmente – la politica prende atto.

REGLAZIO.REGISTRO UFFICIALE.2025.1262720

Il vero governo del ciclo dei rifiuti

Nel Lazio il ciclo dei rifiuti è governato da una continuità amministrativa raramente messa in discussione.

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Stessi uffici, stessi dirigenti, stessa impostazione.

Negli anni del governo Zingaretti, questa struttura:

  • ha costruito il modello basato su TM/TMB;
  • ha reso strutturale il ricorso all’incenerimento;
  • ha scaricato sulle province il peso dei rifiuti di Roma.

Dopo il cambio di maggioranza, nulla è cambiato. Il nuovo presidente governa formalmente, ma le scelte strategiche restano nelle mani di chi firma le determine.

Il caso dei “flussi natalizi” lo dimostra: nessuna discussione politica, nessuna indicazione pubblica, nessun confronto. Solo atti amministrativi che valgono più di una legge.

Il Piano che salva i TM

Il cuore del nuovo PRGR 2026–2031 è una scelta apparentemente tecnica ma politicamente esplosiva: i TM diventano impianti strutturali del sistema.

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Il Piano li classifica come “impianti intermedi”, ma poiché i loro scarti confluiscono negli impianti di chiusura del ciclo, li rende indispensabili.

Di fatto, intoccabili.

È una sanatoria mascherata.

Gli impianti che in Europa vengono considerati inefficienti, illegali, da chiudere e da superare diventano, nel Lazio, il pilastro del sistema.

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I numeri che smentiscono la propaganda green

I dati del Piano sono impietosi:

  • meno del 9% di recupero reale di materia dai TM;
  • circa il 40% dei flussi destinato a incenerimento;
  • oltre il 20% in discarica.

Altro che economia circolare.

È un sistema che produce combustibile e scarti, non materia prima seconda.

Eppure il Piano non corregge questo modello. Lo assume come dato di partenza.

Inceneritori, sovracapacità e lock-in tecnologico

Il Lazio si prepara ad avere quasi un milione di tonnellate annue di capacità di incenerimento:
San Vittore a pieno regime e il nuovo impianto di Roma.

Il Piano stesso ammette che questa capacità sarà superiore al fabbisogno. Ma un inceneritore, per reggere economicamente, deve essere alimentato per decenni.

Il rischio è evidente: se i rifiuti diminuiscono, vanno cercati altrove.

La transizione ecologica diventa così una minaccia per il sistema industriale che il Piano protegge.

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Roma scarica, le province pagano

Il Piano parla di autosufficienza, ma divide il Lazio in due soli bacini:

  • Roma Capitale;
  • tutto il resto.

Il secondo diventa il contenitore di:

  • scarti della Capitale;
  • fanghi;
  • surplus impiantistici.

Un meccanismo antico, mai risolto, ora istituzionalizzato. La provincia di Viterbo questa volta è salva, grazie all’operazione in corso a Frosinone con la cessione delle proprietà dell’imprenditore Valter Lozza (arrestato insieme alla Tosini) il sud del Lazio si prepara a ricevere oltre 1,2 milioni di rifiuti da smaltire.

Prevenzione: il grande assente

La prevenzione è il primo gradino della gerarchia europea. Nel Piano del Lazio è l’ultimo.

Tariffa puntuale al 15% nel 2031.

Scarti della differenziata quasi invariati.

Nessuna accelerazione vera.

Perché ridurre i rifiuti significa mettere in crisi il sistema degli impianti.

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Dopo gli scandali, la continuità

Dopo l’arresto dell’ex dirigente Flaminia Tosini, ci si sarebbe aspettati una discontinuità.
Non c’è stata.

Il modello resta lo stesso.

Il linguaggio è lo stesso.

Le scelte sono le stesse.

Cambia la firma, non la sostanza.

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Il Lazio come caso nazionale

Il Piano rifiuti del Lazio è un caso di studio nazionale. Mostra come un sistema possa sopravvivere a scandali, elezioni e cambi di governo grazie a una dirigenza forte, autonoma e politicamente trasversale.

Il messaggio è chiaro:

  • non cambiamo il modello;
  • non tocchiamo gli impianti;
  • non riduciamo i rifiuti;
  • proteggiamo il sistema.

Nel Lazio non governa chi viene eletto.

Governa chi resta.

E finché questo non cambierà, nessun Piano potrà mai essere davvero il Piano della transizione ecologica.