Ersilio Mattioni per “Libera stampa l’Altomilanese”
MILANO – Le accuse che la Procura di Milano muove contro l’ex senatore ed ex vicepresidente lombardo Mario Mantovani sono quattro: corruzione, concussione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio. Sulla corruzione abbiamo già avuto modo di illustrare la tesi dei magistrati, pubblicando un documento esclusivo. Ora ci occupiamo invece di un altro capo d’imputazione: la concussione. Il reato si configura quando un pubblico ufficiale, abusando delle sue funzioni, costringe o induce qualcuno a compiere atti spesso contrari alla legge o ai propri doveri d’ufficio.
Il dirigente accusato di corruzione
C’è un dirigente al Provveditorato opere pubbliche della Lombardia che si chiama Angelo Bianchi. Ed è una pedina importante dell’entourage Mantovani, perché Bianchi (che sarà arrestato assieme al politico il 13 ottobre 2015: i magistrati gli troveranno persino un conto corrente a Montecarlo) vanta un incarico di grande prestigio: è il responsabile unico di tutta la Lombardia per l’edilizia scolastica, è colui che indice le gare, assegna gli appalti e distribuisce incarichi ai professionisti. Bianchi però – siamo nel 2014 – ha un problema:viene rinviato a giudizio per corruzione dal tribunale di Sondrio e, in base alla legge, non può più restare al suo posto.
Le pressioni della politica
Mantovani non vuole farsene una ragione: per lui Bianchi è un intoccabile e deve rimanere dov’è, senza troppe discussioni. E’ in questa fase che gli inquirenti registrano le maggiori pressioni del politico, sia su Pietro Baratono (diventano il nuovo capo del Provveditorato opere pubbliche) sia su Marcello Arredi, direttore del personale del ministero delle Infrastrutture, da cui dipendono i vari provveditorati regionali.
La prima telefonata
Così Mantovani, il 22 gennaio del 2014 mentre si trova a Roma, rompe gli indugi e chiama Arredi. I due si conoscono già, perché Mantovani dal 2008 al 2011 è stato sottosegretario alle Infrastrutture nel terzo governo Berlusconi. Dopo un preambolo di convenevoli, l’ex vicepresidente lombardo va dritto al punto e dice ad Arredi che Bianchi non deve essere spostato, nonostante il rinvio a giudizio per corruzione e nonostante la legge imponga di sollevare il dirigente dai suoi incarichi. Ecco il testo integrale della telefona (clicca sul documento per ingrandirlo).
La seconda telefonata
Sul fatto che Bianchi sia un fedelissimo di Mantovani non ci sono dubbi. Lo testimonia un’altra telefonata, datata 13 marzo 2014. L’ingegnere rinviato a giudizio per corruzione non se la passa bene e Mantovani lo invita ad andare a trovarlo, senza specificare se in Regione oppure nel ‘castello’ di Arconate, dove sovente il politico ama ricevere amici e colleghi. Da notare che Bianchi, appena sente la voce di Mantovani al telefono, risponde con un imbarazzante “Sono sull’attenti!” Ecco un passaggio della telefonata (clicca sul documento per ingrandirlo).
Domanda senza risposta
I magistrati di Milano si chiedono perché Mantovani abbia così tanto a cuore il destino di Bianchi, soprattutto perché un politico che ha rivestito ruoli nel governo nazionale e che riveste ruoli apicali in Regione Lombardia debba difendere a spada tratta un dirigente accusato di corruzione. La domanda, ancora oggi, è senza risposta.