Ladispoli – Vannini: i 6 dubbi sulle indagini, dal mancato sequestro della casa alle intercettazioni | VIDEO

Golia sottolinea le criticità dell’inchiesta mente l’Associazione Nazionale Magistrati difende le collega D’Amore e diserta l’incontro con il Ministro. Nella nuova riforma va tolta “la responsabilità” di chi sbaglia, “loro” sono una casta di intoccabili

CIVITAVECCHIA -Il sopralluogo e il mancato sequestro della casa di Antonio Ciontoli, le intercettazioni telefoniche e le analisi delle tracce di polvere da sparo. Giulio Golia ci parla di alcuni dei dubbi sulle indagini per l’omicidio di Marco Vannini. Dopo la replica della procura di Civitavecchia alla richiesta del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede di avviare un’azione disciplinare nei confronti della pm del processo di primo grado Alessandra D’Amore, anche noi vi raccontiamo la nostra versione in sei punti 

Non si sono fatte attendere le reazioni alla notizia che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha richiesto di avviare un’azione disciplinare nei confronti di Alessandra D’Amore, la pm che per prima ha indagato sulla morte di Marco Vannini (clicca qui per il servizio della puntata di giovedì scorso in cui vi abbiamo anticipato la notizia).

È il 17 maggio del 2015, quando il ragazzo viene ucciso da un colpo di pistola sparato da Antonio Ciontoli, il padre della sua fidanzata, Martina. Oltre a loro erano presenti in casa Ciontoli, la moglie di Antonio, Maria Pezzillo, l’altro figlio Federico con la sua ragazza Viola Giorgini. La procura di Civitavecchia ha risposto punto per punto con un comunicato a firma del procuratore della Repubblica Andrea Vardaro ad alcune questioni sollevate dal ministro Bonafede che ipotizza “l’inadeguatezza e l’incompletezza delle indagini svolte”.

Ecco tutti i punti contestati con le precisazioni della procura di Civitavecchia e le nostre risposte.

IL SOPRALLUOGO IN CASA CIONTOLI

“Dagli atti risulta che circa 30 minuti dopo il decesso, gli ufficiali di Polizia Giudiziaria dei carabinieri di Civitavecchia si sono recati presso l’abitazione della famiglia Ciontoli” dove era stato esploso il colpo di pistola che ha colpito Marco Vannini. Qui hanno effettuato “un capillare sopralluogo”, scrivono nella nota della Procura. Da quello che emerge dagli atti è confermata l’ispezione dei carabinieri che però non erano da soli. “È stato fatto insieme ad Antonio Ciontoli con il figlio Federico e forse la figlia Martina”, ha precisato il maggiore Lorenzo Ceccarelli, ex comandante della compagnia dei carabinieri di Civitavecchia. A quanto pare Viola Giorgini e Maria Pezzillo, moglie di Ciontoli, sarebbero rimaste in caserma a Ladispoli. Il sopralluogo nella villetta è stato fatto con Antonio Ciontoli che indirizzava i carabinieri?

IL SEQUESTRO DELLA CASA

“Nel corso di questo capillare sopralluogo sono stati sequestrati oggetti e indumenti nonché un bossolo esploso e due pistole”, si legge nel comunicato della Procura. Peccato che a questo sequestro mancassero dei vestiti fondamentali: quelli di Marco. “Quel giorno indossava i suoi abiti da bagnino, un pantalone bianco-celeste e una canottiera”, sostiene Massimiliano, l’ex datore di Marco. Il ragazzo invece arriva in pronto soccorso con altri vestiti, quelli di Federico Ciontoli. In quella circostanza non aveva con sé solo il costume. “Un amico si è fatto ridare lo zaino di Marco. Dentro c’erano i jeans, una felpa e la cintura”, racconta Marina Conte, la mamma del ragazzo ucciso. Costume e maglietta da bagnino non sono stati sequestrati, ma si vedono nelle foto scattate dai carabinieri. Sono piegati e riposti sulla scrivania di Martina. Perché nessuno ha pensato di analizzarli? Verranno riconsegnati solo dopo due mesi, il 13 luglio 2015 come si legge nel verbale di perquisizione. Ma secondo la procura “subito dopo il decesso sono stati effettuati i rilievi necessari per l’accertamento dello stato dei luoghi”.

LE ANALISI PER LE PARTICELLE DI POLVERE DA SPARO

“Si è proceduto al prelievo dei residui di polvere da sparo sulle persone di Antonio, Martina e Federico Ciontoli e sui loro indumenti”, dice la Procura. Queste analisi sono state importante per la difesa per dimostrare che solo Antonio era presente al momento dello sparo. Dai risultati è emerso che il figlio Federico aveva addosso 40 particelle mentre il papà Antonio ne aveva 42 tra maglietta e pantaloni. Invece  sul top e i pantaloni di Martina c’erano 18 tracce. Ma soprattutto 12 particelle nelle narici di Antonio Ciontoli e una in quella di Martina mentre nessuna in quelle di Federico. Peccato che lo stesso laboratorio che ha eseguito le analisi abbia precisato “che sono stati eseguiti 9 e 10 ore dopo il fatto. Ed è dimostrato che i prelievi eseguiti su persone fisiche oltre le 6 ore non hanno alcun valore probatorio”. Se questi rilievi fossero stati effettuati prima, avrebbero dato risultati diversi?

LE INTERCETTAZIONI AMBIENTALI

Secondo la Procura il giorno dopo la tragedia “è stato emesso un decreto urgente per intercettare le conversazioni di Antonio Ciontoli, dei figli e della fidanzata del figlio, mentre attendevano il loro turno per essere sentiti dal pm”. Stiamo parlando delle registrazioni in caserma, dove i Ciontoli sembrano accordarsi tra loro sulla versione da dare.

I TELEFONI E I TABULATI TELEFONICI

Nel comunicato la Procura prosegue spiegando “che è stata disposta l’acquisizione dei tabulati telefonici relativi a numerose utenze”. Nel decreto di acquisizione dei tabulati si nominano i telefoni della famiglia Vannini, dello stesso Marco e di tutti i Ciontoli. Ma siamo sicuri siano stati intercettati tutti i telefoni? “Ciontoli aveva due numeri di telefono ma ne risulta solo uno”, sostiene Valerio Vannini, il papà di Marco. La questione dei telefoni non è proprio chiara come emerge dalle deposizioni. “Abbiamo verificato tutti i cellulari di cui era in possesso”, ha detto durante la deposizione il maggiore Ceccarelli. “Per l’incarico di Ciontoli non sono previsti cellulari di servizio”. E questo non significa che non esistono altri telefoni.

I TESTIMONI

“Sono state sentite numerose persone informate sui fatti, anche due che occupavano l’abitazione confinante con quella della famiglia Ciontoli”, scrive la Procura. È curiosa questa precisazione perché a quanto ci risulta è uno dei motivi per cui ha spinto il ministro Bonafede ad avviare la richiesta di azione disciplinare verso la D’Amore. Infatti viene contestato che gli unici vicini sentiti sono i Liuzzi, un solo nucleo familiare a fronte di ben 7 presenti nei dintorni che potevano essere sentiti dagli inquirenti.

LE DOMANDE SENZA RISPOSTA

Il comunicato della Procura cerca di chiarire solo che cosa sia stato fatto, non gli aspetti contestati nella richiesta di procedimento disciplinare. Quelli cioè che vengono contestati nella promozione di azione disciplinare che ci risulta. E cioè: perché non è stata sequestrata casa Ciontoli, il luogo del delitto, ma anzi è stato concesso alla famiglia di tornarci già la sera dopo? Perché non è stata fatta una perquisizione, anziché un sopralluogo accompagnato da Antonio, nelle ore successive alla morte di Marco? Perché non sono stati sentiti tutti gli altri vicini di casa?

Il secondo grande punto che viene contestato alla dottoressa D’Amore riguarda il motivo per cui a Martina non è stato contestato il reato di calunnia quando avrebbe mentito sul maresciallo Izzo e la posizione del proiettile? “Dopo che ho saputo che il ragazzo è morto non ho parlato più con nessuno”, ha detto il maresciallo Roberto Izzo. Ma nonostante ciò Martina non è mai stata indagata per calunnia.

Siamo riusciti a contattare l’ex procuratore Gianfranco Amendola, che era a capo della procura di Civitavecchia all’epoca dei fatti. “Se c’è un magistrato che ha dimostrato il massimo di professionalità, competenza e intelligenza in queste indagini è proprio la collega D’Amore. In poche ore ha deciso di intercettare tutti quelli che erano sotto interrogatorio”, dice. Invece sulla questione del mancato sequestro di casa Ciontoli ha un altro punto di vista: “Questa è una favola. Che bisogna c’era? Dopo mezz’ora dalla morte di quel povero Cristo c’erano i Carabinieri di Civitavecchia con personale specializzato. Hanno perquisito e sequestrato tutti gli indumenti. I genitori del povero Marco dovrebbero fare un monumento alla collega. Non capisco di che cosa ci si voglia lamentare”.

 

 

fonte: leiene.it