Omicidio Angeletti – Sub dei carabinieri cercano la pistola nel tratto di mare a San Giorgio

Trovate piccole macchie di sangue sulla vettura dell’omicida Claudio Cesaris. Ancora non analizzati i telefoni cellulari sequestrati. Ancora da capire se ci fossero altre persone presenti al momento dello sparo

TARQUINIA – L’inchiesta sull’omicidio del docente universitario Dario Angeletti è tutt’altro che chiusa. Le indagini sono ancora in corso. Si cerca l’arma del delitto, il secondo bossolo e impronte digitali tutt’oggi non trovare, ma anche altre presenze nel parcheggio delle Saline a Tarquinia Lido, attraverso il video che ha incastrato Claudio Cesaris, il pensionato milanese che avrebbe esploso due colpi dietro la testa del biologo marino cagionandone la morte.

Come detto, sono tutt’ora in corso le ricerche della pistola usata per l’omicidio. Una calibro 6,35. Durante uno degli interrogatori, il pensionato milanese, ex tecnico presso l’Università di Pavia, avrebbe detto di aver gettato la pistola in mare nel tratto di costa che bagna la località San Giorgio. Non molto distante dal luogo dell’omicidio. I sommozzatori dei carabinieri la stanno cercando e prima o poi la troveranno. Così come stanno cercando gli indumenti che il pensionato indossava in quel momento.

Nel frattempo i Ris di Roma hanno rinvenuto all’interno della macchina di Cesaris due piccole macchioline di sangue. Una sotto il volante all’altezza della mano destra e l’altra, ancora più piccola, sul bracciolo dello sportello di guida.

Tracce fondamentali a sostegno dell’accusa visto che non ci sono impronte digitali, la prova dello stub ha dato esito negativo, almeno così trapela.

Claudio Cesaris, pensionato milanese accusato dell’omicidio di Dario Angeletti

Lo STUB è tecnica di uso frequente per la rilevazione dei residui da sparo è il metodo “SEM-EDX”, ossia della microscopia elettronica abbinata alla microanalisi a dispersione di raggi x. Il prelievo delle particelle si effettua premendo ripetutamente il tampone nelle zone delle mani maggiormente esposte al deposito dei residui da sparo – dette “zone elettive” – quali la superficie dorsale dell’indice e del pollice. L’analisi successiva, tendente a rilevare la presenza dei residui da sparo, comprende l’osservazione al microscopio elettronico a scansione e l’analisi con microsonda a raggi x.

La macchina di Dario Angeletti

Ora, successivamente all’esplosione di un colpo di arma da fuoco si realizza intorno all’arma stessa una nube costituita dai gas di propulsione, accompagnata sia dai residui combusti che non combusti delle cariche di lancio, nonché da altri residui di Bario, Antimonio e Piombo; sostanze comunque altamente volatili che, con ogni probabilità, sono capaci di disperdersi e scomparire già dopo il primo lavaggio, specie se eseguito con sostanze detergenti.

Purtroppo per gli inquirenti Claudio Cesaris dopo aver compiuto l’omicidio si è disfatto di tutti gli indumenti. Dunque al momento non è stata trovata nessuna traccia dei residui da sparo.

I carabinieri stanno cercando in particolare il gilet multitasca con il quale Cesaris è stato immortalato dalla telecamera posizionata nel parcheggio delle Saline, a Tarquinia Lido, dove si è consumato l’efferato delitto.

Anche sul filmato acquisito dai Ris sembrerebbero esserci delle incongruenze causate dall’instabilità della telecamera sottoposta in quel momento a forti raffiche di vento.

Secondo alcune indiscrezioni sembrerebbe che non è del tutto chiaro il numero di persone presenti sul posto.

A questo punto, nonostante la confessione, al magistrato servono obbligatoriamente prove inconfutabili e non indizi.

A questo punto diventa fondamentale la lettura dei telefoni cellulari sottoposti a sequestro e che non sono stati ancora analizzati. La decriptazione dei messaggi servirà a capire meglio se la storia raccontata da Cesaris corrisponda al vero e cioè che Angeletti non l’aveva mai conosciuto di persona. Leggere tutte le chat tra Cesaris e la donna contesa, presunto movente dell’omicidio, potrà aiutare gli inquirenti a chiudere le indagini e processarlo con giudizio immediato per “omicidio volontario” del professore di Tarquinia.