Guerra Ucraina – Stefano: “L’inferno nel Dombass ha origini lontane”

Uno dei più grandi esperti in consulenze militari è italiano e vive nella Tuscia. Il racconto di come ha insegnato al 3° Battaglione Dombass le tattiche del combattimento urbano

VITERBO – Lui si chiama Stefano, ad oggi solo la trasmissione “Non è l’Arena” ha avuto il coraggio di ascoltare la sua voce. Lui è un ex incursore paracadutista. Pilota di elicotteri, jet, esperto di esplosivi e tecniche di combattimento.

Ha lasciato la carriera militare ed è diventato uno dei più grandi consulenti ed istruttori chiamati in tutto il mondo per addestrare truppe regolari e para militari.

Le agenzie di sicurezza americane e londinesi se lo sono sempre conteso e mandato in tutte le zone calde del mondo in questi ultimi venti anni. Se l’è vista brutta più di qualche volta. Come dice lui, non ho mai combattuto contro qualcuno. Quando è capitato mi sono solamente difeso per salvarmi la vita.

La Bandiera Ucraina con le dediche degli ufficiali del 3° Battaglione Dombass che ringraziano Stefano

Africa, Iraq, Afghanistan, Kosovo e soprattutto Ucraina i luoghi dove ha messo a disposizione delle agenzie la sua grandissima esperienza didattica al combattimento.

Tra i tanti ciarlatani che girano per le televisioni a discutere di guerra è l’unico che conosce davvero le dinamiche di quella attualmente in corso tra Russia ed Ucraina.

Lui, infatti, ingaggiato da una famosissima agenzia straniera (europea) nel 2014 è stato chiamato ad insegnare le tecniche di difesa e combattimento urbano all’appena costituito e famoso 3° Battaglione Dombass.

Patch del 3° Battaglione Dombass

“Sono stato ingaggiato in veste di consulente militare e mi sono trasferito nel Dombass nel 2014. Avevo il compito di insegnare ai capi plotone le tecniche urbane per mettere in salvo prigionieri ed ostaggi. La guerriglia urbana è terribile. Se non sai come difenderti puoi morire in qualsiasi istante. Nelle grandi città come quelle in Ucraina, ogni palazzo diventa un formicaio di trappole mortali”.

Che esperienza è stata?

“Come tutte le mie esperienze di grande soddisfazione personale. Di grande dolore perché qualche ragazzo non ce l’ha fatta. Altri, ancora oggi, stanno combattendo nel Battaglione difendendo la loro Patria”.

Perché hanno chiamato te e parlaci anche del 3º Battaglione Dombass. 

“Hanno chiamato me perché mi conoscevano e mi conoscono. Sono stato in tutte le zone più aspre di guerra. Ero nella casa di Gheddafi appena due giorni dopo la sua cattura e uccisione. Sono stato accerchiato dai talebani, ho insegnato a tantissimi uomini di coraggio (perché spesso richiamati o volontari) come sopravvivere nei momenti più brutti di un conflitto.

Ho sentito dire e letto cose sulla guerra in Ucraina davvero incredibili. Parlare dei Battaglioni Dombass e Azov a sproposito.

Gente che non ha mai visto quelle zone. Non ha conosciuto la guerra. Non ha avuto amici caduti in combattimento.

L’Ucraina è una nazione di grandi patrioti. Combatteranno fino all’ultimo uomo. Ne sono certo”.

Parlaci del “tuo” Battaglione Donbass.

“Mi sono stati assegnati i capi plotone dell’appena formato Battaglione. Il mio compito era quello di insegnare loro le tecniche e le tattiche di azione militari all’interno dei centri urbani. Una volta finito l’addestramento il loro compito era quello di trasmettere ai soldati le conoscenze militari utili a difendersi e sopravvivere in caso di battaglia o di come mettere in salvo civili o liberare ostaggi.

Conservo ancora con grande orgoglio la bandiera ucraina con la firma e le dediche dei capisquadra che hanno lavorato al mio fianco per molto tempo. Qualcuno di loro non c’è più Come ad esempio Hemingway (tutti hanno un nome di battaglia). Lui era un architetto famoso e ricco che lavorava negli Stati Uniti. Ha rinunciato a tutto per combattere per il suo popolo. Oppure “Bugor”, diventato un eroe in Patria per aver fatto saltare da solo tre Tank e poi è finito su una mina antiuomo. Ha perso entrambe le gambe. Gli altri sono oggi in prima linea. Li sento tutti i giorni”.

Perché non sei lì ad addestrare i volontari che stanno arrivando da tutto il mondo?

“Perché sono stanco di questa vita. Mi dedico allo street food adesso. Giro per l’Italia facendo panini con carne di cinghiale, ovviamente cacciato all’arma bianca perché anche i cinghiali hanno diritto ad una chances di sopravvivenza. La guerra è una cosa brutta. Tutti, troppi ne parlano con estrema superficialità. Persone che vanno nei talk show e dicono delle scemenze. Esperti militari che hanno visto la guerra nei film. Il mio telefono squilla in continuazione. Ci sono le agenzie di sicurezza che mi tormentano ma ho deciso, almeno per il momento, di rimanere dove sono. Mai dire mai. Quello che mi tormenta è la superficialità con la quale i nostri politici sfidano la Russia e si fanno imbottire di armi da usare contro di loro. Chi è cacciatore sa perfettamente cosa accade quando ti trovi davanti ad un cinghiale senza via d’uscita. Attenzione a giocare alla guerra. Da quelle parti si combatte incessantemente da 8 lunghi anni. Solo adesso che Putin ha deciso di rispondere alle provocazioni ci si è accorti quanto sia stato sciocco sottovalutare questa guerra e ne pagheremo pesantemente le conseguenze.”

Un’ultima cosa, il Battaglione Azov…

“Tanto chiacchiere e poca conoscenza della storia. Sono gli eredi della  Waffen-Grenadier-Division der SS che fu una formazione militare delle SS durante la seconda guerra mondiale. Conosciuta come Waffen-Grenadier-Division der SS (ukrainische Nr. 1) dell’Esercito Nazionale Ucraino, un’altra formazione dell’Esercito tedesco. Quello che erano allora sono rimasti oggi. Nazisti. Li conosco bene, mi hanno chiesto anche di fare da loro consulente ma non l’ho fatto e non lo farò mai. Punto!”